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Interessante documento programmatico del Cocer Marina sulle principali questioni di interesse del personale militare. PDF Stampa E-mail

STATO MAGGIORE DELLA MARINA

Consiglio Centrale di Rappresentanza dei Militari

- § -

SEZIONE MARINA

<< Incontro a Palazzo Marina con i Signori Onorevoli Carlucci e Cossiga >>

mercoledì 7 novembre 2007


I delegati del Co.Ce.R. Marina sono sempre lieti di accogliere autorevoli rappresentanti del nostro Parlamento. È un piacere personale ed, insieme, una gradita opportunità per far si che il loro sentire, che è e deve essere il sentire del personale rappresentato, possa essere conosciuto in maniera semplice e diretta dalle Istituzioni e dai loro rappresentanti

A fronte della estrema molteplicità delle urgenze, delle problematiche generali e specifiche che ormai da anni agitano il nostro personale militare accavallandosi l’una con l’altra e creando un blocco sempre più ponderoso e impegnativo da frantumare con le adatte soluzioni; della situazione di incertezza sulle intenzioni e sugli obiettivi concreti che questa politica ha intenzione di perseguire nel settore, risulta oggettivamente difficile selezionare, decidere - tra le molteplici - quali meritano oggi un particolare rilievo, una risoluta urgenza.

Per questa ragione le considerazioni che seguono non vogliono logicamente creare un ordine di priorità, bensì fissare l’attenzione dei presenti su quelle questioni per le quali, oggi, un minimo di approfondimento appare doveroso; vuoi per la loro attualità, che per essere ormai compiute per una soluzione che ci auguriamo conclusiva e felice.


Amianto”

Di estrema importanza per il personale della Forza Armata Marina è la copertura finanziaria di provvedimenti legislativi non più differibili. Essi riguardano il riconoscimento anche al personale militare dei benefici connessi all’esposizione all’amianto. Invero, come affermato nell’autorevole proposta legislativa del Presidente della Commissione Difesa della Camera “Il tema della tutela della salute del personale militare esposto all'amianto è da tempo all'attenzione del Ministero della difesa, in relazione alle gravi malattie (prima fra tutte il mesotelioma pleurico: forma di tumore incurabile) contratte dal personale militare esposto a tale sostanza, altamente cancerogena, la quale ha fatto riscontrare nel nostro Paese indici di mortalità elevati specialmente nel periodo anteriore all'entrata in vigore della legge 27 marzo 1992, n. 257, che ha disposto la cessazione dell'impiego della sostanza”.

Ed ancora, il Governo, con la stipula del patto sulla sicurezza nazionale del 31 luglio 2007, assumeva l’impegno formale di “…prevedere interventi normativi finalizzati alla soluzione della problematica relativa all’esposizione agli effetti dell’amianto del personale della Marina e del personale delle altre Amministrazioni imbarcato sulle unità navali. Detti interventi devono prevedere soluzioni economiche-previdenziali per il personale esposto e risarcimenti per le vittime.

Per perseguire celermente i predetti obbiettivi, si ritiene opportuno utilizzare anche le proposte di legge già presentate in Parlamento e, nel quadro complessivo delle decisioni che verranno assunte con la legge finanziaria 2008 e delle relative compatibilità, ricercare anche iniziali risorse economiche…”.

In altri termini, è doveroso garantire a tutto il personale imbarcato sulle nostre navi la possibilità di viaggiare in sicurezza, in ambienti di lavoro decontaminati dalla presenza di amianto, con l’assoluta convinzione di essere comunque tutelati per i rischi ai quali gli equipaggi della Marina Militare sono stati sicuramente esposti nel corso negli anni.

Rischi che, al personale militare non sono riconosciuti in quanto tale personale è stato sostanzialmente «dimenticato» dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto.
E’ imperativo cassare, da subito, tale discriminazione che ha, inoltre, un altro tragico aspetto: quello del personale in quiescenza che, anche a distanza di anni dalla cessazione del servizio, si ammala di cancro polmonare e si trova ad essere escluso dal riconoscimento di un idoneo indennizzo, in quanto non viene considerato il fatto, peraltro dimostrato, che le fibre di amianto, presenti nei polmoni, si possono «attivare» in un arco temporale di venticinque-trentacinque anni dalla loro inalazione.
Si vuole fornire, cioè, adeguata copertura finanziaria ad una serie di necessarie modifiche alla normativa vigente:

  • all'articolo 5 della legge 27 marzo 1992, n. 257,

  • al regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461

  • al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,

al fine di garantire in maniera compiuta, sia tutto il personale militare che è esposto o è stato esposto all'amianto, sia le loro famiglie, in primo luogo estendendo a questi soggetti i benefici e le agevolazioni di natura previdenziale riconosciute soltanto ai lavoratori del settore privato (supervalutazione dei periodi di servizio prestato e anticipazione dell'accesso alla pensione - articolo 13, comma 8).

E’, altresì, necessario esplicitare in modo inequivocabile, in specifico provvedimento legislativo, l'applicabilità della normativa sopra richiamata a categorie disciplinate da regimi speciali, quali le Forze Armate, non trascurando le concrete difficoltà per l'acquisizione della necessaria documentazione probatoria ai fini del riconoscimento delle provvidenze in parola (documentazione che la normativa citata prevede sia rilasciata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).

Proprio in ragione delle peculiari condizioni in cui ha operato il personale militare (esposto a bordo 24 ore su 24) si ritiene doveroso ridurre ad un terzo il periodo di esposizione alla sostanza - attualmente fissato in dieci anni - per ottenere i detti benefici previdenziali; benefici che, in considerazione della specifica ratio, si è ritenuto possano essere cumulati con altri, eventuali, connessi al servizio militare prestato; propri della tanto decantata specificità del nostro comparto.

Inoltre, in relazione alle accennate difficoltà probatorie connesse alla peculiare condizione militare - che impone agli interessati frequenti spostamenti di sede - occorre stabilire di rimettere agli organi tecnici e della sanità militare l'accertamento e la certificazione relativi alla sussistenza e alla durata dell'esposizione all'amianto.

Infine, si ritiene indispensabile assimilare anche il citato personale militare esposto all'amianto alla categoria delle così dette «vittime dell'uranio impoverito» - destinataria dei benefici di cui all'articolo 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - tra i destinatari di tale disposizione, mediante una modifica all'articolo 1, comma 564, della medesima (progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo).

Per quanto concerne la copertura finanziaria dell’esigenza, l'onere è da distinguersi in relazione ai diversi benefici spettanti, prevedendo l'utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale, per un importo complessivo di 35 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.


Mobilità del personale in esubero”

L’annunciato passaggio ad un nuovo Modello di Difesa, prevedendo l’ennesimo riordino organico delle Forze Armate, è destinato a creare un ulteriore esubero nei ruoli, in particolare in quello marescialli. Questo ripropone in tutta la sua evidenza la problematica del riordino delle carriere che già da diverse legislature attende un’organico e finanziato provvedimento che ristrutturi armonizzandola la nostra organizzazione, gratificando, fra altro, di rinnovati stimoli il personale militare.

Sul punto la legge finanziaria per 2008, attualmente in discussione, con il terzo comma dell’art.94 - concernente “Misure straordinarie in tema di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni” - prevede “il ricollocamento dei marescialli delle tre Forze Armate , in esubero, nei corpi di Polizia, andando a costituire un ruolo speciale ad esaurimento. E’ evidente che questo articolo sia stato proposto dalle amministrazioni interessate di comune accordo, per far fronte da un lato alla questione esuberi e dall’altro per soddisfare la necessità di ulteriore personale.

Ciò crea, però, grande preoccupazione nel personale militare interessato perché nulla è detto circa le modalità con le quali questo transito dovrebbe avvenire. Non è dato sapere se il personale in esubero potrà fornire la propria disponibilità a tale passaggio o questo sarà forzato, non è dato sapere quali compiti andrà a svolgere, e si corre il rischio che questo personale venga ulteriormente discriminato non possedendo la formazione ne l’esperienza propria di quei corpi. Ed ancora, nulla è detto circa il profilo economico e previdenziale.

Le uniche certezze che il personale interessato ha al momento sono due: una è quella di non essere più ritenuto utile per il raggiungimento dei fini delle propria Forza Armata e l’altra che non sarà mai accettato come uno di loro dal Corpo al quale sarà destinato.

La sensibilità che viene chiesta su questo argomento e quella di sollecitare i nostri parlamentari affinché al fine di sostenere quegli emendamenti che prevedono la modifica dell’ art.94, comma 3, prevedendo il transito a domanda; lasciando alla volontarietà degli interessati una scelta tanto importante ed implicando che le Forze di Polizia debbano dare comunicazione al Ministero Difesa delle esigenze quantitative e delle destinazioni d’impiego. Siffatta previsione rappresenterebbe sicuramente una seria risposta al malessere dei militari in potenza interessati al transito ed un incentivo per i molti che potrebbero optare di rientrare, con le proprie famiglie, nei luoghi d’origine facilitando l’operazione.


Previdenza”

La “modifica del sistema previdenziale” è stato in generale uno dei problemi più dibattuti negli ultimi anni e l’attuale sistema bipolare di netta contrapposizione politica in Italia, lo ha reso ancora ”più difficile da risolvere”. Allo stesso tempo, però, tale problema è stato tendenzialmente sottaciuto, se non sottovalutato, nel mondo militare.

Le riforme strutturali fatte dal 1993 al 1998, com'è noto, sono ben quattro, avendo i maggiori sistemi previdenziali, quello “pubblico” (Enti Locali e Stato), facente capo all’INPDAP, e quello dei “privati”, facente capo all’INPS, regole alquanto diverse. Ne si poteva immaginare un coinvolgimento delle rappresentanze militari, dopo le modificazioni già avvenute negli anni novanta, che potessero intervenire con nuovi progetti a “tutela dei diritti dei rappresentati”.

D’altra parte è giusto evidenziare che l’allungamento della permanenza in servizio costituisce un “obbligo”, sottoscritto dall’Italia con la Comunità Europea a Lisbona nel 2000 ed a Stoccolma nel marzo del 2001, al fine di uniformare la normativa italiana a quella europea, ove nessuno può andare in pensione prima dei 60 anni.

Quest’ultima riorganizzazione, comunque, non riguarda il personale delle forze armate e di polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

La preoccupazione del Co.Ce.R. Marina Militare è attualmente rivolta al proprio personale, dove il livello di retribuzione rimane sostanzialmente lineare per tutto il periodo della attività lavorativa, contribuendo così ad un calcolo pensionistico particolarmente sfavorevole.

Difatti, con l’art. 1, comma 1, della L 195/335 (pensione contributiva), viene introdotto un nuovo sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici - destinato al personale più giovane che al 31 dicembre 1995 non aveva i requisiti stabiliti per restare nel sistema retributivo - in modo che ogni lavoratore “autofinanzi” attraverso la propria contribuzione la futura pensione.

Tale personale è inglobato nei dipendenti dello Stato non contrattualizzati per il quale attualmente non è prevista nessuna forma di previdenza complementare. Pertanto, è necessario, attraverso l’art. 26, comma 20, della legge 448/98, sollecitare le procedure di negoziazione e concertazione previste dal d.lgs. 195/95 al fine di definire le indispensabili procedure e consentire l’istituzione di forme pensionistiche complementari.

È solo il caso di ricordare che la più volte riconosciuta “specificità” del personale militare dovrebbe far concludere per la urgenza di essere inscritti nella tabella “A” per le attività usuranti prevista dal d.lgs. n.374/93, riconoscendo anche ai militari la “ratio” che ha determinato tale beneficio per specifiche categorie di personale (addetti al pronto soccorso rianimazione e chirurgia delle AA.SS.LL.).


Precariato”

La problematica relativa al precariato del personale militare in generale è stata oggetto di ampio e, purtroppo, discriminatorio interessamento parlamentare in quanto ha permesso di modificare la normativa vigente consentendo il passaggio nel servizio permanente effettivo ai soli Ufficiali ausiliari dei Carabinieri che, essendo appartenenti a corpo di polizia, partecipano alla ripartizione del fondo di cui all’art. 1, comma 96, della legge finanziaria 2005.

Poiché è moralmente non ammissibile che una normativa di essenziale impatto sociale, come quella su riferita, possa volutamente creare trattamenti discriminatori tra lavoratori che si trovano nelle medesime condizioni sostanziali (chi ha maturato 36 mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni rientra legittimamente e a pieno titolo nella definizione di “precario” indifferentemente dalla tipologia della legge che quel “maturato” ha permesso di consolidare).

Tenuto conto del senso di responsabilità che non può e non deve mancare da parte di un’Istituzione vitale per la società, come quella militare, nei confronti del personale che in essa ha creduto e che per essa ha operato per anni, con ampia professionalità, meritevole e consapevole dell’importanza del proprio ruolo.

Considerato che il problema nasce da una decisione politica (impegno per la stabilizzazione dei precari) e che, quindi, richiede una soluzione politica (apposita previsione legislativa di salvaguardia delle giuste aspettative del personale militare) alle situazioni di particolare disagio che siffatta decisione ha contribuito a creare.

Concludendo, il Governo si impegni a varare, in tempi brevi, un idoneo provvedimento legislativo che affronti e salvaguardi, superando ogni eventuale incertezza interpretativa sorta, il futuro di questi lavoratori a similitudine, se non alla stregua, di quanto già avvenuto per i colleghi dei carabinieri.

Nelle more di tale Disegno, al fine di garantire la dignità degli stessi almeno in maniera analoga a quella che essi hanno assicurato durante gli anni del loro servizio in divisa, si impegna a trovare copertura finanziaria per un decreto urgente che operi il trattenimento/richiamo in servizio per un periodo di 12 mesi del personale che ha maturato il requisito di precario ai sensi della legge finanziaria 2007 o delle innovazioni che l’attuale sessione di bilancio vorrà realizzare in materia.

Tale provvedimento a carattere temporaneo che nulla aggiungerebbe alla situazione già maturata dagli stessi soggetti rispetto alla definizione di precariato sancita dalla suddetta legge, oltre a venire incontro a legittime esigenze, comporterebbe il non trascurabile vantaggio per le F.A. di non privarsi di personale qualificato che considerate le ristrettezze finanziarie determinate dai tagli operati dalla finanziaria ai reclutamenti in generale, non troverebbe alcuna sostituzione.


Questione alloggiativa”

Uno dei più gravi problemi che incidono sul benessere del personale militare è dato dalla disponibilità di un alloggio in proprietà o in affitto a prezzi equi, o comunque tollerabili, in relazione all’elevata mobilità cui i militari sono soggetti per motivi di servizio.

La questione in realtà sottende un duplice ordine di problemi.

Da un lato vi sono quelli legati alla disponibilità di alloggi di servizio destinati a chi, in servizio e per motivi inerenti lo stesso, è costretto insieme al proprio nucleo familiare a trascorrere anche lunghi periodi lontano dalla propria residenza.

Il secondo ordine di problemi, invece, riguarda la possibilità di agevolare il personale che – proprio per la continua mobilità cui è soggetto – non ha avuto la possibilità o la forza per provvedere all’acquisizione, nel corso della vita lavorativa, di una casa di proprietà.

Sebbene diverse e meritevoli di appropriate soluzioni, le due problematiche sono in qualche modo connesse. Basta dire che il fenomeno per cui frequentemente gli alloggi di servizio vengono occupati anche oltre le necessità derivanti dallo stesso è quasi sempre motivato dalla indisponibilità di altro alloggio in cui ricoverare se stessi ed il proprio nucleo familiare.

In particolare riteniamo che la primaria soluzione alla seconda problematica esposta debba ravvisarsi nell’agevolazione e nell’incentivazione delle cooperative edilizie costituite esclusivamente da militari o appartenenti alle forze dell’ordine. Invero, queste possono realizzare alloggi a costi molto vantaggiosi rispetto a quelli concorrenti del mercato immobiliare, qualora fruiscano di agevolazioni finanziarie e dispongano di terreni edificabili a prezzi calmeriati, ovvero sia loro concesso di disporre di suoli demaniali in dismissione con precedenza rispetto alla loro cartolarizzazione o vendita ai privati.

A tal proposito il miglior strumento normativo per favorire lo sviluppo di interventi edilizi delle cooperative così costituite, già esistente e perfezionato nel tempo, è rappresentato dalla legge nr. 492 del 16 ottobre 1975.

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