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Attività segrete della CIA in Europa: il Parlamento UE adottata la relazione finale PDF Stampa E-mail
Attività segrete della CIA in Europa: adottata la relazione finale

Il Parlamento ha adottato la relazione conclusiva della sua commissione temporanea sulle presunte attività illegali della CIA in Europa. Condannando con fermezza il rapimento e la detenzione di sospetti terroristi sul suolo dell'UE, deplora la mancanza di collaborazione da parte di taluni governi e del Consiglio. Per i deputati, il terrorismo va combattuto nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Riguardo all'Italia la relazione si concentra essenzialmente sul caso Abu Omar.

Con 382 voti favorevoli, 256 contrari e 74 astensioni e dopo aver esaminato ben 270 emendamenti, il Parlamento ha adottato la relazione di Claudio FAVA (PSE, IT) «sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri». Con "paesi europei" si intendono gli Stati membri, i paesi candidati e i paesi associati.

Lottare contro la minaccia terrorista nel rispetto dei diritti umani

Il Parlamento ricorda anzitutto che, nel novembre 1990, adottando una risoluzione sul caso Gladio, il Parlamento aveva già messo in evidenza «l'esistenza di attività clandestine che coinvolgevano i servizi segreti e organizzazioni militari sottratti a qualsiasi adeguato controllo democratico». Pur ribadendo che il terrorismo rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza dell'Unione europea, i deputati sottolineano che esso «deve essere combattuto con iniziative legittime e coordinate da tutti i governi europei, in stretta collaborazione con partner internazionali e segnatamente con gli Stati Uniti, seguendo le linee della strategia definita a livello delle Nazioni Unite».

La lotta contro il terrorismo, in particolare, «va condotta sulla base dei nostri valori comuni di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali e a tutela degli stessi». In proposito, il Parlamento ritiene che dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, la cosiddetta “guerra al terrore”, «con i suoi eccessi», abbia prodotto «una grave e pericolosa erosione dei diritti umani e delle libertà fondamentali». E' pertanto necessario che, nel contemperare l'esigenza di sicurezza con i diritti dei singoli individui, «siano sempre pienamente rispettati i diritti umani, garantendo quindi che i sospetti terroristi siano sottoposti a processo e condannati nel rispetto delle regole di diritto».

Nel prendere atto della dichiarazione del Presidente Bush e di altre testimonianze che hanno confermato le attività della CIA al di fuori degli USA, il Parlamento chiede al Consiglio e agli Stati membri di mettere a punto una dichiarazione per sollecitare il governo degli USA «in modo chiaro ed energico» a porre fine alla prassi delle detenzioni e consegne straordinarie. I deputati chiedono inoltre al Consiglio di esercitare pressioni su tutti i governi interessati affinché forniscano informazioni complete e esaurienti nonché di aprire senza indugio, ove necessario, un'indagine indipendente.

Poca collaborazione da Stati membri e Consiglio. Ringraziamenti a Frattini.

Il Parlamento denuncia la mancanza di cooperazione da parte di molti Stati membri, nonché del Consiglio UE, nei confronti della commissione temporanea, sottolineando che tale atteggiamento «si è dimostrato di gran lunga inferiore alle legittime aspettative del Parlamento». D'altra parte, sottolinea la serietà e il rigore del lavoro svolto dalle autorità giudiziarie di Italia, Germania, Spagna e Portogallo e incoraggia i parlamenti nazionali dei paesi europei a proseguire o ad avviare approfondite indagini, «anche attraverso l'istituzione di commissioni parlamentari d'inchiesta».

Più in particolare, i deputati deplorano che il Consiglio e la sua Presidenza siano venuti meno al loro obbligo di tenere il Parlamento pienamente informato sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sui lavori svolti nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. In tale contesto, inoltre, ritengono «totalmente inaccettabile» che il Consiglio abbia inizialmente nascosto e in seguito fornito soltanto informazioni frammentarie sulle discussioni svolte con alti funzionari del governo americano. Si dicono poi «indignati» per la proposta che sarebbe stata avanzata dall’allora Presidenza del Consiglio di istituire un “quadro” comune con gli USA sulle norme relative alla consegna di sospetti terroristi.

Prendendo nota del fatto che Javier Solana ha riaffermato che gli Stati membri devono garantire il rispetto del diritto internazionale nella lotta al terrorismo, i deputati si dichiarano preoccupati per le omissioni contenute nelle sue dichiarazioni e in quelle del Consiglio rese alla commissione temporanea in merito alle discussioni del Consiglio e alla consapevolezza dei metodi utilizzati dagli Stati Uniti nella lotta al terrorismo. Gli chiedono quindi di rendere noti tutti i fatti e le discussioni tenute su temi che rientrano fra le competenze della commissione temporanea e di promuovere una PESC e una strategia internazionale contro il terrorismo che rispetti i diritti umani e le libertà fondamentali.

Il Parlamento, peraltro, mette in dubbio «la concretezza effettiva» del posto di Coordinatore UE per la lotta al terrorismo, visto che «non è stato in grado di dare risposte soddisfacenti alle domande della commissione temporanea». Auspica quindi una revisione e un rafforzamento delle sue competenze e del suo mandato, nonché una maggiore trasparenza e controllo delle sue attività da parte del Parlamento. Inoltre, i deputati deplorano il rifiuto del Direttore dell'Ufficio europeo di polizia (Europol) di comparire di fronte alla commissione temporanea ed esprimono «profonda preoccupazione» per l'analogo rifiuto del precedente e dall'attuale Segretario generale della NATO.

D'altra parte, i deputati ringraziano il Vicepresidente della Commissione, Franco Frattini, per la cooperazione prestata ai lavori della commissione temporanea, apprezzando in modo particolare «l'impegno manifestato ... per rilanciare un quadro di cooperazione euro-atlantica nella lotta contro il terrorismo internazionale, con regole armonizzate sul piano della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali». Incoraggiano quindi la Commissione a intensificare la sua azione nel contesto del proseguimento della ricerca delle verità e dei mezzi miranti ad «impedire che si riproducano i fatti analizzati». La relazione ringrazia poi Eurocontrol per la sua eccellente cooperazione e si compiace della stretta collaborazione con il Consiglio d'Europa.

Consegne straordinarie: i governi sapevano

Il programma di consegne straordinarie, ricorda il Parlamento, è una prassi extragiudiziale che contrasta con le norme internazionali vigenti in materia di diritti umani, e secondo la quale un individuo sospetto di coinvolgimento in attività terroristiche viene illegalmente rapito, arrestato e/o posto sotto la custodia di funzionari statunitensi e/o trasportato in un altro paese per essere sottoposto a interrogatori, il che, nella maggior parte dei casi, comporta torture e detenzione in "incommunicado". Tra la fine del 2001 e la fine del 2005, i voli effettuati dalla CIA nello spazio aereo europeo o che hanno fatto scalo in aeroporti europei sono stati almeno 1.245. Ad essi va aggiunto un imprecisato numero di voli militari utilizzati per lo stesso scopo.

I deputati condannano le consegne straordinarie quale «strumento illegale» utilizzato dagli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, così come il fatto che, in diverse occasioni, «questa prassi sia stata accettata e tenuta nascosta dai servizi segreti e dalle autorità governative di taluni paesi europei». Nel condannare anche «chiunque abbia partecipato all'interrogatorio di individui che sono vittime di consegne straordinarie», il Parlamento ritiene che tale prassi abbia inoltre dimostrato «di esser controproducente nella lotta al terrorismo», visto che danneggia e indebolisce le normali procedure giudiziarie e di polizia contro i sospetti terroristi.

Condanna inoltre il fatto che paesi europei «abbiano rinunciato al controllo sul proprio spazio aereo e sui propri aeroporti chiudendo gli occhi nei confronti dei voli operati dalla CIA o autorizzando detti voli, che in talune occasioni sono stati usati per consegne straordinarie o per il trasporto illegale di detenuti». Nel sottolineare poi che la CIA ha utilizzato norme dell'aviazione civile per aggirare gli obblighi giuridici degli aeroplani di Stato, i deputati confermano che «non sembra possibile che taluni governi europei non fossero a conoscenza delle attività connesse con le consegne straordinarie che hanno avuto luogo sul loro territorio».

Il Parlamento peraltro invita gli Stati membri a adottare adeguate misure per garantire che le autorizzazioni di sorvolo siano concesse ad aerei militari e/o della polizia «soltanto a condizione che siano accompagnate da garanzie in materia di rispetto e di controllo dei diritti umani». Nel prendere atto che, nella sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti in cui si chiede la chiusura della prigione di Guantanamo, si afferma che la maggioranza dei detenuti nella base cubana è proveniente dall'Afghanistan ed è pertanto certamente transitata negli spazi aerei europei, i deputati ritengono dunque «probabile» che «molti dei voli della CIA provenienti dall'Afghanistan che hanno fatto scalo in aeroporti europei avessero prigionieri a bordo».

Le consegne straordinarie in Italia: il caso Abu Omar e il ruolo del SISMI

In merito alle consegne straordinarie e ai voli segreti, il Parlamento commenta dettagliatamente i vari casi esaminati che riguardano ben 14 paesi: Italia, Regno Unito, Germania, Svezia, Austria, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Danimarca, Belgio, Turchia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina. Sulle attività della CIA in Italia, i deputati deplorano anzitutto che i rappresentanti dell'attuale e del precedente governo italiano che sono, o sono stati, responsabili dei servizi segreti (Enrico Micheli, Enzo Bianco e Gianni Letta) abbiano declinato l'invito a comparire di fronte alla commissione temporanea. La relazione prende poi atto dei 46 scali effettuati negli aeroporti italiani da aerei della CIA ed esprime profonda preoccupazione quanto alla finalità di tali voli, che provenivano da paesi collegati con i circuiti delle consegne straordinarie e col trasferimento di prigionieri o che vi erano diretti.

In proposito, i deputati condannano la consegna straordinaria da parte della CIA del funzionario egiziano Abu Omar, rapito a Milano nel febbraio 2003 e trasportato in aereo verso l'Egitto, «dove da allora viene tenuto in "incommunicado" e torturato». Al riguardo, la relazione condanna «il ruolo attivo svolto da un maresciallo dei carabinieri e da taluni funzionari dei servizi segreti e di sicurezza militari italiani (SISMI) nel rapimento». Peraltro, i deputati ritengono «molto probabile», visto il coinvolgimento dei suoi servizi segreti, «che il governo italiano allora in carica fosse al corrente della consegna straordinaria di Abu Omar avvenuta sul suo territorio».

D'altra parte, ringraziano il Pubblico Ministero Spataro per la testimonianza resa davanti alla commissione temporanea e plaudono alle indagini «efficienti e indipendenti» svolte, sostenendo «pienamente» le sue conclusioni e «la decisione del GUP di rinviare a giudizio 26 cittadini statunitensi, agenti della CIA, 7 alti funzionari del SISMI, un carabiniere del ROS e il vicedirettore del quotidiano Libero». Invitano quindi il Ministro della giustizia italiano a procedere «quanto prima» alle richieste di estradizione dei 26 cittadini USA, «affinché possano essere processati in Italia».

Il Parlamento si rammarica poi che il rapimento di Abu Omar abbia messo in pericolo l'indagine del Pubblico Ministero Spataro sulla rete terroristica alla quale era collegato Abu Omar e ricorda che se questo non fosse stato illegalmente rapito e trasportato in un altro paese «sarebbe stato sottoposto ad un processo equo e regolare in Italia». Si rammarica inoltre profondamente del fatto che i dirigenti del SISMI abbiano «sistematicamente fuorviato» la procura di Milano «al fine di compromettere l'indagine». I deputati si dichiarano anche estremamente preoccupati per il fatto che i dirigenti del SISMI «pare perseguissero obiettivi paralleli», ma anche per la mancanza di adeguati controlli interni e governativi. Chiedono pertanto al governo italiano «di porre urgentemente rimedio alla situazione istituendo controlli parlamentari e governativi rafforzati».

Più precisamente, i deputati deplorano il fatto che il generale Nicolò Pollari, già direttore del SISMI, «abbia nascosto la verità» quando è comparso di fronte alla commissione temporanea». Egli, è spiegato, aveva infatti affermato che gli agenti italiani non avevano partecipato a nessun rapimento perpetrato dalla CIA e che i servizi segreti italiani non erano a conoscenza del piano per il rapimento di Abu Omar. Notano inoltre che la testimonianza fornita dal generale Pollari «non concorda con diversi documenti trovati nei locali del SISMI e confiscati dalla procura milanese» e che dimostrano come il SISMI venisse regolarmente informato dalla CIA sulla detenzione in Egitto di Abu Omar.

Il Parlamento critica poi il governo italiano «per la lentezza con cui ha deciso di destituire il generale Pollari dalla sua carica e di sostituirlo» e si rammarica che i documenti sulla cooperazione USA-Italia nella lotta al terrorismo, «che avrebbe favorito l'indagine», siano stati secretati dal precedente governo italiano e che l'attuale governo ne abbia confermato la secretazione. Condanna inoltre «i pedinamenti illegali» dei giornalisti italiani che indagavano sulla consegna straordinaria di Abu Omar, le intercettazioni delle loro conversazioni telefoniche e il sequestro dei loro personal computer, sottolineando che le testimonianze di questi giornalisti «sono state del massimo aiuto ai lavori della commissione temporanea».

I deputati, infine, condannano la consegna straordinaria del cittadino italiano Abou Elkassim Britel, sottolineando che le indagini penali in Italia contro di lui erano state chiuse senza che egli fosse incriminato e invitano il governo italiano a prendere misure concrete per ottenere il suo immediato rilascio. Si rammaricano inoltre che l'allora Ministero degli Interni italiano «fosse in "costante cooperazione" con servizi segreti stranieri». Deplorano poi «profondamente» che il territorio italiano sia stato usato dalla CIA per uno scalo del volo utilizzato per effettuare la consegna straordinaria di Maher Arar, il quale ha testimoniato di fronte alla commissione.

Centri di detenzione segreta

Compiacendosi delle indagini svolte da Human Rights Watch, dal Washington Post e dall'ABC News sull'esistenza di centri di detenzione segreta in Europa, i deputati si dicono profondamente preoccupati per il fatto che, in alcuni casi, questi centri possano essere stati situati presso basi militari statunitensi. Al riguardo, sottolineano che, secondo la Commissione di Venezia, il regime giuridico delle basi militari straniere nel territorio degli Stati membri del Consiglio d'Europa deve consentire agli Stati di esercitare competenze sufficienti per adempiere ai propri obblighi in materia dei diritti umani. La relazione illustra poi il risultato delle indagini realizzate in Romania, Polonia e Kossovo.

Ritorno e risarcimento delle vittime e valutazione della legislazione antiterrorismo

Il Parlamento ritiene necessario che i paesi europei che hanno avviato inchieste e indagini a livello governativo, parlamentare e/o giudiziario su materie di competenza della commissione temporanea attuino i loro lavori il più celermente possibile e pubblichino i risultati di tali indagini. Nel sollecitare poi la chiusura di Guantanamo ed esortando i paesi europei ad attivarsi immediatamente per ottenere il ritorno dei rispettivi cittadini e residenti «detenuti illegalmente dalle autorità statunitensi», chiede ai paesi europei di «risarcire le proprie vittime innocenti delle consegne straordinarie e di assicurare che abbiano accesso a una compensazione effettiva e rapida».

Alla Commissione è poi chiesto di effettuare una valutazione di tutta la legislazione antiterrorismo negli Stati membri nonché degli accordi, formali o informali, tra questi e i servizi segreti di paesi terzi, «nella prospettiva dei diritti dell'uomo». Per i deputati, inoltre, occorre riesaminare le eccezioni derivanti dalla nozione di "segreto di Stato", limitandole e definendole in modo restrittivo. E' anche necessario che le istituzioni UE adottino dei principi comuni per quanto riguarda il trattamento delle informazioni riservate, al fine di evitare abusi «sempre più inaccettabili nel contesto degli Stati democratici moderni».

Il Parlamento esorta poi i paesi europei, quando conducono operazioni militari in paesi terzi, a, garantire che qualunque centro detentivo istituito dalle loro forze militari sia soggetto al controllo politico e giudiziario, vietando la detenzione in incommunicado, e adottare misure positive volte ad impedire a qualunque altra autorità di gestire centri detentivi che non sono soggetti al controllo politico e giudiziario o in cui è consentita la detenzione in incommunicado.

Rafforzamento del controllo parlamentare e definizione comune di terrorismo

I deputati ritengono che i poteri della commissione temporanea di inchiesta del Parlamento debbano essere rafforzati e che il Parlamento debba essere adeguatamente associato ogni qualvolta la Comunità o l'Unione europea adottino misure vincolanti aventi un'influenza sui diritti e le libertà civili. Chiedono inoltre la creazione di un sistema di cooperazione adeguato e strutturato tra il Parlamento e gli organismi competenti delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa per le questioni attinenti alla sicurezza interna dell'UE ed esortano una cooperazione rafforzata con i parlamenti nazionali «al fine di condividere tutte le informazioni di dominio pubblico relative alla lotta contro il terrorismo internazionale». Sottolineano poi l'importanza di una definizione comune del concetto di "terrorismo" da realizzarsi a livello di Nazioni Unite e chiedono che vengano creati, nel diritto internazionale, strumenti giuridici efficienti per lottare contro di esso.

Servizi segreti più controllati e rispettosi dei diritti umani

Il Parlamento condivide pienamente le conclusioni del Segretario generale del Consiglio d'Europa sulla mancanza di meccanismi di controllo e di controllo giudiziario nei confronti dei servizi di sicurezza. Invita quindi gli Stati membri a esercitare un controllo parlamentare adeguato ed efficace (creando commissioni di controllo dotate di adeguati poteri di accesso ai documenti e a informazioni di bilancio) e di scrutinio giuridico sui rispettivi servizi segreti e di controspionaggio e le reti formali e informali di cui essi sono parte. Inoltre, tutti i paesi europei dovrebbero avere normative nazionali specifiche che disciplinino e controllino le attività dei servizi segreti di paesi terzi nel loro territorio nazionale, al fine di assicurare un miglior controllo e supervisione anche delle loro attività, nonché sanzionare gli atti o attività illegali, in particolare per quanto riguarda le violazioni di diritti dell'uomo.

E' poi auspicato un rafforzamento della cooperazione tra i servizi segreti e di sicurezza degli Stati membri, su base sia multilaterale – preferibilmente nel quadro dell'UE – sia bilaterale. A condizione, però, che sia creata a tal fine una base giuridica che garantisca il pieno controllo democratico parlamentare e giudiziario e che i diritti umani siano sempre rispettati e tutelati. Consiglio e Stati membri sono a loro volta invitati a introdurre in via prioritaria un sistema di sorveglianza e controllo democratico delle attività comuni e coordinate di intelligence a livello europeo, attribuendo «un ruolo importante» al Parlamento europeo. Il Parlamento, infine, si dice fermamente convinto che sia necessario promuovere, nel quadro delle Nazioni Unite, codici di condotta per tutti i servizi militari e di sicurezza, «che siano basati sul rispetto dei diritti umani, del diritto umanitario e del controllo politico democratico».

Claudio FAVA (PSE, IT)

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SEGRETO DI CHE?

di Andrea Santini da Aprile OnLine,  15 febbraio 2007

Le accuse contro i pm di Milano, il ruolo della Telecom nel sequestro di Abu Omar ed i retroscena dello scontro politico nel giorno in cui viene approvata a larga maggioranza la riforma dei servizi segreti

La notizia è un gioco di funambolismi, proprio nel giorno in cui la Camera approva, con la sola astensione dei deputati della Rosa nel pugno, la riforma bipartisan dei servizi segreti, e suona all'incirca così: nel caso del sequestro dell'imam di Milano Abu Omar, dove si ricorderà che nessuno dei due governi ha opposto segreto di Stato, come invece è stato fatto, con una serie di equilibrismi logici dall'ex capo del Sismi Nicolò Pollari, si scopre che il segreto di Stato ha subìto violenza, anche se su vicende "non direttamente afferenti al sequestro".

La machiavelleria, che trova il modo di non sbugiardare i due governi i quali hanno escluso il segreto nel sequestro, ma che riesce comunque a rinviare il problema alla Consulta, la quale dovrà per decidere come fa ad essere violato un segreto che formalmente non c'è, è stata inventata dall'Avvocatura di Stato e illustrata mercoledì alla Camera dal vice presidente del Consiglio Rutelli, in assenza del titolare Prodi in missione in India. E come risultato immediato ha  quello di piantare un chiodo nel processo milanese che vede imputati Nicolò Pollari, i suoi vice, assieme ad agenti della Cia e del Sismi, anche se con imputazioni differenziate, nel sequestro di Abu Omar, stoppandolo per almeno i prossimi sei mesi. Dell'articolazione del ricorso si sa solo quello che ha detto Rutelli. L'Avvocatura ne ha chiesto infatti la segregazione. Così la Consulta, prima di entrare nel merito, dovrà appurare se il ricorso è ammissibile, se è ammissibile la segregazione, se discuterne a porte chiuse, eccetera. Poi, ma solo alla fine, potrà entrare nel merito.

E' un merito che, tra l'altro, apre un conflitto tra due poteri dello Stato: il governo da una parte e la magistratura dall'altra. Il vice presidente Rutelli è stato chiaro: "Il governo ritiene violato dai pubblici ministeri di Milano il segreto di Stato perché hanno svelato i rapporti tra agenti del Sismi e agenti stranieri". Naturalmente, nel margine concesso dall'ipocrisia imperante, non viene neppure citata la Cia. Ma ha la grazia di spiegare almeno come: "In occasione delle indagini su Abu Omar, l'autorità giudiziaria ha acquisito informazioni sull'identità di 85 dipendenti del Servizio intercettando cellulari e notizie non direttamente afferenti al sequestro". Sempre secondo il governo il materiale sequestrato prevede che siano ritenute lese le prerogative di segregazione perché per l'acquisizione di materiale classificato da parte dell'autorità giudiziaria il governo oppose segreto di Stato".

E qui si crea un bel po' di confusione. Perché, se fosse stato opposto il segreto di Stato ai magistrati milanesi, il documento relativo sarebbe agli atti della Procura, cosa che non è, e non sarebbe comunque nata la necessità, da parte dei difensori di Pollari, di citare come testi i due presidenti del Consiglio, di ieri e di oggi, e i sottosegretari delegati ai servizi segreti, come invece è stato fatto. Nasce anche un'altra perplessità: dato che l'Avvocatura di Stato non ha gli strumenti per conoscere atti o documenti riservati da cui discende il presunto segreto di Stato, è logico desumere che sia stato lo stesso Servizio segreto a fornire la versione poi fatta propria dal governo. Vale a dire che ad accusare i magistrati è lo stesso servizio i cui vertici sono stati messi sotto accusa come responsabili di reati. E che quindi lo scontro reale di poteri è tra i servizi segreti e la magistratura.

La cosa non è di poco conto. Si era già visto, nei giorni scorsi, in sede di dibattito sulla riforma bipartisan dei Servizi alla Commissione affari costituzionali, presieduta dal diessino Violante, il tentativo di far passare sotto silenzio l'approvazione di una norma che Giuseppe D'Avanzo aveva definito su Repubblica, senza mezzi termini, "l'articolo salva-Pollari". In pratica, semplificando, allo 007 interrogato dai magistrati sarebbe bastato opporre di segreto di Stato per uscire dall'inchiesta. L'allarme lanciato in solitudine da D'Avanzo, il quale faceva notare come questo, in base alle norme vigenti, fosse già consentito agli agenti testimoni, ma non a quelli imputati per reati gravi come ad esempio il sequestro, era stato raccolto e, sempre in silenzio, la Commissione affari costituzionali aveva cancellato la norma che avrebbe salvato Pollari e i suoi, ma anche i futuri 007 inquisiti, rinviando alle Camere il testo purgato. Resta da capire il perché di quella mossa incauta, oggi seguita dalla nuova mossa in cui il governo ha mandato avanti l'Avvocatura di Stato. Che, se si analizza, appare ancora più sconcertante. Perché sembra accettare come normale, anzi, difendibile, un comportamento incostituzionale. Anche se, giocando su quel "non afferente al sequestro", ognuno cercherà di tirare la coperta dalla sua parte.

Quali sono le accuse che vengono mosse ai magistrati? 1. Aver svelato i rapporti tra agenti del Sismi e agenti stranieri; 2. Aver acquisito informazioni su 85 dipendenti del Servizio intercettandone i cellulari; 3. Aver sequestrato materiale classificato dopo che il governo aveva opposto segreto di Stato. Partiamo dal fondo. A parte che non risulta, fino a prova contraria, che il governo abbia opposto il segreto, quali sono i materiali classificati posti sotto sequestro? Sono in pratica due i sequestri "sensibili": il primo è l'archivio di ricatti di Pio Pompa, che raccoglieva negli uffici di via Nazionale dossier su mondo politico, giornalistico, economico, finanziario e persino sportivo, oltre che della magistratura. L'altro sequestro riguarda l'attività di dossieraggio operata dalla Security della Telecom e dalle società di investigazione privata cui si appoggiava il capo della security Tavaroli. E l'ultimo punto di porta al secondo: è stata proprio la Security di Telecom a fornire agli uomini del Sismi i cellulari che sono serviti agli uomini della Cia e agli altri coinvolti italiani a tenersi in contatto durante il sequestro di Abu Omar. E' proprio partendo da quei cellulari in mano agli agenti Cia che i pm sono riusciti a ripercorrere le tracce che portavano da una parte al Sismi e dall'altra a Telecom. Svelando questo rapporto sono stati messi in pericolo agenti italiani?

Forse chi si lascia andare a queste affermazioni farebbe meglio ad evitare il ridicolo, dato che il rapporto era con la Cia, e che il segreto da coprire è probabilmente una dipendenza incostituzionale che, tra l'altro, è da anni il segreto di Pulcinella. Lo stesso Antonio Di Pietro, ministro di questo governo, non se la sente di schierarsi con i secretori e, da Nuova Delhi, dove si trova con Prodi, appoggia i magistrati, sollecitando il ministro della Giustizia a trasmettere a Washington le richieste di estradizione degli agenti Cia coinvolti nel rapimento dell'Imam: "L'Italia - dice - non deve usare i suoi 007 per coperture, connivenze e complicità con chi compie degli illeciti".

Sarà interessante, in questo gioco delle parti, vedere come la Consulta affronterà il problema degli elementi "non afferenti al sequestro" ma coperti da segreto. E dei rapporti tra agenti italiani e stranieri. Rapporti che si incrociano continuamente, tra il sequestro e l'indagine Telecom. E che fanno intravedere una realtà inquietante alla quale il ricorso si guarda bene dall'accennare anche solo lontanamente. Une delle leve attraverso cui i magistrati sono riusciti a risalire agli agenti Cia e alla partecipazione del Sismi è il maresciallo del Ros Luciano Pironi, none in codice "Ludwig". Il maresciallo è uno degli italiani che partecipano al sequestro: vuole entrare nel Sismi, e si è rivolto al capo centro della Cia di Milano, il quale gli ha chiesta in cambio di dargli una mano nell'operazione. Naturalmente sostenendo che è tutto regolare,  che Abu Omar è un collaboratore della Cia, eccetera. Ludwig apre la prima falla, che porta al numero due del Sismi Marco Mandini, capo del controspionaggio, e al suo amico d'infanzia Giuliano Tavaroli, responsabile della sicurezza prima di Pirelli poi di Telecom. Da Tavaroli è facile risalire alla Polis d'istinto di Emanuele Cipriani e alle altre società di sicurezza privata a cui Telecom si appoggia per le operazioni clandestine, come intercettazioni e dossieraggi.

Tra queste c'è la Global  Security Service  americana e la sua filiale italiana, la prima diretta da un italo-americano, John Paul Spinelli, la seconda da Marco Bernardini. Già quest'ultimo figura interessante: ex collaboratore a contratto del Sisde fin dall'epoca dell'università, utilizzato per missioni in mezzo mondo, poi, di colpo, fatto fuori dal servizio del ministero degli interni, e "salvato" da Spinelli. Il quale è un personaggio più che interessante, una spia a tutto tondo. Nato a Cuneo, emigrato con padre e zio negli Stati Uniti, entrato a 18 anni nella polizia di New York, quindi finito nella Cia. Vent'anni di missioni tra Italia, Spagna e Somalia. Nel 1986 è ufficiale di collegamento in Italia fra la Cia e l'intelligence italiana. Ed è qui che, secondo i magistrati, ha i primi rapporti con Tavaroli e Mancini, allora nella squadra antiterrorismo dei carabinieri a Milano. In Somalia, nel 1993, era lui l'uomo della Cia ferito nelle battaglie che culminarono con l'abbattimento dell'elicottero Usa e del massacro dei marines, immortalato nel film "Black Hawk Down". Brutta operazione, ma non scalfisce il suo curriculum, tanto che successivamente viene rimandato a Roma sotto copertura. Lascia la Cia nel 1998, sembra con il grado di generale, e mette su una società privata di investigazioni. Che lavora, guarda caso, soprattutto per Pirelli, e poi per Telecom. "Alla Pirelli - racconta Marco Bernardini - ci chiamavano lo zio e il nipotino". Ma era zio di molti, John Paul Spinelli. Anche di Luciano Pironi Ludwig. Il quale viene chiamato a Langley dove gli viene consegnata una medaglia per la sua partecipazione all'operazione Abu Omar, e che si trova poi a ricevere una proposta di lavoro dallo stesso Spinelli. Non solo: anche, a quanto sembra, dallo stesso Tavaroli. Il cerchio, come si vede, si chiude.

 Anzi, si apre su uno scenario ancora tutto da chiarire. Spinelli è un "fornitore" di notizie riservate per Pirelli e Telecom, oppure, attraverso Tavaroli e gli altri, è un "committente"?  Difficile credere che lo fosse per conto proprio, e che i suoi legami con la Cia siano completamente tagliati. Il suo ruolo, in realtà, lo metteva in grado di avere un occhio e un orecchio non solo sulle comunicazioni "sensibili" in Italia , sulle intercettazioni e addirittura, sempre attraverso Telecom, alle e.mail e alle comunicazioni nella Rete. E' questo il segreto di Stato che si vuole coprire? Molti anni fa, poco prima della riunificazione delle due Germanie,  la Corte Costituzionale della Repubblica Federale scoprì che, in caso di guerra o di aggressione comunista, il governo legittimo sarebbe stato sostituito dai militari americani. Ne nacque un contenzioso fortissimo, e alla fine i tedeschi costrinsero gli americano a riscrivere i patti riservati, cancellando le norme anticostituzionali.

Oggi noi, che come i tedeschi abbiamo formalmente perso la guerra, scopriamo che le nostre norme costituzionali sono violate in continuazione dai patti su cui i governi si ostinano a mantenere il segreto. E' chiaro che neppure la privatizzazione delle aziende come la Telecom ci salva da questi interventi incostituzionali, che continuano in maniera clandestina. Se il governo preferisce tapparsi gli occhi, è sperabile che, come è accaduto in Germania, la Corte Costituzionale sia più avvertita. E meno pavida.

 
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