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Il complicato rapporto tra il Centrosinistra e le Forze armate. PDF Stampa E-mail

Il complicato rapporto tra il Centrosinistra e le Forze armate



Nel più ampio contesto delle relazioni tra Forze armate e Paese, l'orientamento dell'attuale maggioranza di governo nei confronti dei temi della Difesa fornisce un interessante spunto di riflessione. Il cambio della guardia a Palazzo Chigi in seguito alle elezioni politiche dello scorso aprile ha prodotto infatti due discontinuità significative. La prima (il ritiro delle truppe dall'Iraq) era stata preannunicata in campagna elettorale come simbolo della svolta multilateralista nella politica estera italiana. Tale scelta, unitamente alla decisione di avviare la missione Leonte nel sud del Libano, costituisce una questione politica su cui ciascuno è libero di formulare il proprio giudizio in base alle convinzioni personali.

La seconda novità, invece, ha riguardato lo stanziamento di fondi straordinari per la Difesa nella legge finanziaria 2007, al fine di dare copertura ai più urgenti programmi di investimento. Non si può dire che non sia stata una sorpresa: il centrosinistra che ha in mano oggi le sorti del Paese è, in alcune sue frange, politicamente contiguo alla piazza che urla slogan irripetibili sui caduti in Iraq; il pacifismo sbandierato, inoltre, è uno dei pochi elementi che riescono a mettere d'accordo l'ala progressista con il centro cattolico. Questo retroterra culturale non ha mai ingannato tuttavia i più smaliziati osservatori, secondo i quali l'ideologia sarebbe stata sacrificata per dimostrare una continuità con l'ortodossia istituzionale. Manifestando attenzione per le Forze armate, si sarebbe voluto lanciare un segnale del tipo: non solo non siamo comunisti e non mangiamo bambini, ma aumentiamo anche gli stanziamenti per i militari.

Questa spiegazione non è del tutto convincente. Anzi, non regge alla luce di una finanziaria così dura come quella di quest'anno, disegnata dal ministro Tommaso Padoa Schioppa per riportare il bilancio dell'azienda Italia in regola con i requisiti di Maastricht. Se il governo avesse poi voluto lanciare un segnale di modernizzazione e di cambiamento di rotta, avrebbe potuto dirottare i soldi poi finiti in via XX Settembre su un altro settore strategico, simbolico, bistrattato e inattaccabile come la ricerca scientifica. E invece è successo che i blindati Oto-Iveco e le fregate della Marina saranno finanziati nell'ambito della stessa manovra che ha introdotto un ticket per il pronto soccorso.

L'interesse - in apparenza sorprendente - del centrosinistra verso i temi della Difesa potrebbe trovare diverse spiegazioni di varia natura. Innanzitutto, il programma elettorale con cui l'Unione si è presentata davanti ai suoi elettori. Si tratta, com’è noto, di un ponderoso documento di 281 pagine, criticabilissimo agli occhi del cittadino medio ma da interpretare quasi come un capitolato di contratto tra le variegate forze della coalizione: più si entra nei dettagli prima, meno margini per i litigi ci saranno poi.

Ebbene, contrariamente a quanto ritenuto da molti, il programma non prevede affatto l'automatica diminuzione dei fondi della Difesa. Al contrario, subordina questo atto alla creazione delle condizioni per poterlo fare. Un po' come l'annuncio di Badoglio dell'armistizio, dice e non dice; non entra nei dettagli ma si affida al "chi vuol capire capisca": "L'Unione si impegna, nell'ambito della cooperazione europea, a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti." Traduzione: niente drastici tagli alla Difesa fino a quando non esisteranno le forze armate europee (se mai esisteranno).

Secondo punto: a leggere la lista di ciò che verrà finanziato con le risorse aggiuntive, viene il sospetto che la manovra sia stata cucita su misura per Finmeccanica (e Fincantieri, beninteso). Non è un aspetto di poco conto, né si tratta di una semplice operazione per rimpinguare il portafoglio ordini di una azienda. In fondo, la società retta da Pier Francesco Guarguaglini raccoglie tutto ciò che in Italia - oltre al Gruppo Fiat e a pochissime altre realtà - fa manufacturing ad alto valore aggiunto e su vasta scala, con in più una bella spruzzata di hi-tech derivante da quel mondo di frontiera che è la Difesa.

Finmeccanica va dunque vista come un assetto strategico del Paese che, non avendo per sua natura clienti-consumatori tradizionali che ne assicurino la sopravvivenza secondo le normali regole del mercato, può crescere e mantenersi solo con un certo tipo di attenzione da parte dello Stato. Guardando il curriculum del presidente del Consiglio Romano Prodi, già timoniere dell'Iri negli anni Ottanta, viene da pensare che la sua sensibilità per un certo tipo di industria esista e abbia solide basi.

Come tassello importante di questo mosaico si potrebbe aggiungere infine la figura del sottosegretario alla Difesa, onorevole Lorenzo Forcieri. Appartenente ai Democratici di sinistra, la sua storia e la sua attenzione per le problematiche della Marina si spiegano con la sua origine - anagrafica e di collegio - tutta spezzina. Già nella scorsa legislatura Forcieri si era battuto apertamente per il finanziamento delle Fremm, le nuove fregate italo-francesi che Fincantieri sarà chiamata a realizzare nel prossimo futuro. Dato il bacino elettorale del suo partito, è probabile che l'interessamento di Forcieri verso l'industria della Difesa parta dal basso, cioè dalle maestranze che grazie alle Fremm avranno lo stipendio garantito per anni.

Quale che ne sia l'origine, il legame creatosi tra il sottosegretario e la Difesa è tale per cui il Notiziario della Marina, nel pubblicare come di consueto le biografie dei nuovi membri del governo, si è sbilanciato in una calorosa dichiarazione di stima e riconoscenza all'indirizzo dell'onorevole Forcieri: "La Marina lo accoglie ricordando in particolare i personali positivi interventi in favore dell'avvio del programma Fremm".

Ovviamente il complicato rapporto tra il centrosinistra e le Forze armate va oltre questa sommaria analisi, che andrebbe invece allargata ad altri dossier di stretta attualità come l'ampliamento della base americana di Vicenza o il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Un altro tema spinoso (l'assemblaggio del F-35 nell'aeroporto militare di Cameri) sta suscitando in Piemonte vaste polemiche che per il momento non hanno varcato ancora il Ticino, ma che non è da escludere possano scalare le agende politiche fino ad arrivare a Roma.

In ogni caso, è pacifico che l'aumento degli stanziamenti per la Difesa comporta decisioni difficili e impopolari. Vale in Paesi che vantano tradizioni militari condivise. Vale nell'Italia in perenne deficit di autostima. Vale a maggior ragione con l'elettorato di centrosinistra. Ciononostante, a giudicare da quello che un consumatore di telegiornali può aver percepito, non vi è stata particolare battaglia in seno al governo per il trattamento di favore riservato al ministro della Difesa Arturo Parisi.

Le poche schermaglie hanno visto protagonisti l'incorreggibile senatrice Lidia Menapace e l'agguerrito Sergio De Gregorio, presidente della Commissione Difesa al Senato. Su una simile decisione era lecito aspettarsi polemiche furibonde, barricate e crisi di governo che invece non sono mai esplose. Evidentemente, al celeberrimo e classico invito a "dire qualcosa di sinistra" questo governo ha risposto in maniera tutta sua.

di Saverio Zuccotti da Pagine di Difesa

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