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25 aprile Festa della Liberazione. Considerazioni di AMID ed un appello in difesa della Costituzione. PDF Stampa E-mail

Secondo gli ordini ricevuti già da prima dell’8 settembre 1943, le Forze Armate italiane contrastarono i nazisti rifiutando la resa e l’adesione alla RSI combattendo sia in campo aperto sia in azioni di guerriglia.

Scelte coraggiose che, secondo l’Ufficio Storico dell’Esercito, costarono la vita ad almeno 80 mila soldati italiani e molti altri ancora furono gli internati nei terribili campi di concentramento.

Essi si sacrificarono per assicurare alla Patria, cioè agli italiani di oggi, un futuro di libertà e prosperità, senza sposare alcuna ideologia né aderire ad alcuna fazione politica.

In occasione delle celebrazioni per la Festa della Liberazione è opportuno ricordare che il più incisivo fattore italiano di lotta al nazismo furono le nostre Forze Armate regolari.

A loro vada la gratitudine di tutti gli italiani.

Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

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In occasione del 25 aprile, Festa della Liberazione, alcune personalità di rilievo promuovono un invito alla mobilitazione in difesa della nostra Costituzione

Coronando un’azione sistematicamente volta a cancellare le conquiste civili e sociali maturate in sessant’anni di vita democratica, una maggioranza estranea alla storia, ai valori e alla cultura della Resistenza ha sancito lo smantellamento definitivo dei beni pubblici repubblicani generati dalla lotta di liberazione.

Il governo Berlusconi ha imposto, a colpi di maggioranza, una riscrittura eversiva della Seconda parte della Carta che compromette l’equilibrio tra i poteri costituzionali posto dai Padri costituenti a salvaguardia della vita democratica della Repubblica.

Nessuno aveva mai osato tanto. Le conquiste della democrazia nel nostro Paese non sono mai state completamente attuate. Spesso sono state insidiate. Ma mai, sino ad ora, ne era stata propugnata l’abrogazione.

Questa “riforma†mette a repentaglio l’unità sociale e politica del Paese e sconvolge le basi della democrazia parlamentare, determinando le premesse per un perenne caos istituzionale, politicizzando la Corte costituzionale e conferendo al capo dell’esecutivo un cumulo di poteri tale da ridurre il Parlamento e il Presidente della Repubblica al ruolo di comparse.

Ove il disegno delle destre si realizzasse, la Repubblica italiana non sarebbe più un ordinamento democratico-parlamentare, fondato sulla divisione e il bilanciamento dei poteri: diventerebbe un ordinamento fondato sul governo personale di un capo politico.

Si tratterebbe di una sorta di premierato assoluto.

La stessa unità nazionale verrebbe messa a rischio, sacrificata alle pulsioni dissolutrici di un nuovo fascismo padano.

Di fronte a un tornante di tale gravità, tacere o minimizzare sarebbe una imperdonabile colpa.

È indispensabile un forte sussulto di tutte le culture democratiche del nostro Paese, al di là di ogni particolare appartenenza.

Occorre impedire che entri in vigore un provvedimento esiziale per la democrazia repubblicana.

Perciò – in vista del referendum che dovrà cancellare questa “riforma†– esortiamo tutti gli Italiani che hanno a cuore le sorti della Repubblica, già in passato minacciate da oscure trame, a mobilitarsi in occasione del prossimo 25 aprile, e poi ogni 25 aprile una volta sventata questa minaccia, trasformando la celebrazione dell’anniversario della Liberazione in una manifestazione nazionale in difesa dei valori e dei principi inscritti nell’unica vera Costituzione della Repubblica: quella del 1948, nata dalla Resistenza antifascista.

Promotori:
Giorgio Bocca, Alessandro Curzi, Raniero La Valle, Lidia Menapace, Giovanni Pesce (Medaglia d’Oro della Resistenza), Massimo Rendina (Presidente Anpi), Paolo Ricca, Rossana Rossanda, Paolo Sylos Labini, Carla Voltolina Pertini, Tullia Zevi

per aderire inviare una mail a: perlacostituzione@virgilio.it

oppure un fax al n.06-44183254

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L'antifascismo è valore fondante della Repubblica

La cultura dell’antifascismo e la Costituzione repubblicana sono i valori fondanti della democrazia italiana: l’Italia ha conosciuto per la prima volta la democrazia dopo un esperimento liberale, crollato anche per il suo distacco dalle masse popolari, grazie alle donne e agli uomini che hanno mantenuto ferma la loro opposizione al regime fascista e ai giovani, nati e cresciuti negli anni della dittatura, che si sono uniti agli esuli e ai detenuti usciti dalle carceri fasciste prima o dopo la caduta di Mussolini e l’arrivo della guerra sul territorio nazionale.

Le ricerche storiche di questo sessantennio sulla Resistenza hanno dimostrato, in modo incontestabile, che a quella lotta hanno partecipato, in maniera pressoché paritaria, donne e uomini che hanno lottato per vent’anni contro il regime clandestinamente, in carcere o in esilio, e giovani delle nuove generazioni educate durante la dittatura che hanno compreso a poco a poco, durante la guerra, gli errori del fascismo staccandosene fino ad andare in montagna o a combattere nelle città contro la Repubblica sociale e i suoi alleati nazisti.

Come si può dimenticare l’esempio di Giacomo Matteotti, Carlo Rosselli e Antonio Gramsci? O l’eroismo di uomini come Vittorio Foa, Riccardo Bauer, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e i tanti altri che hanno trascorso in carcere gli anni migliori della giovinezza per non tradire le proprie idee e continuare a elaborare progetti culturali e politici sull’Italia dopo il fascismo.

Ed è a loro che si deve l’idea di un rapporto nuovo tra il socialismo, la solidarietà sociale e la democrazia come base necessaria di un paese guarito dal nazionalismo e proteso verso la federazione europea. Sono le riviste dell’antifascismo cattolico, liberale, democratico, socialista e comunista che, negli anni Trenta e Quaranta, elaborano i valori fondamentali che saranno alla base della costituzione repubblicana.

E’ proprio in quelle carte che si trova anche oggi, a distanza di sessant’anni, il dibattito più fecondo sull’Italia contemporanea sulla crisi della democrazia parlamentare dopo la prima guerra mondiale, sugli esperimenti di democrazia diretta necessaria per avvicinare i cittadini allo Stato, sul legame indissolubile che deve esserci tra la politica e la cultura, tra l’etica pubblica e gli interessi privati, tra il senso dello Stato, così debole per ragioni storiche nel nostro paese, e la vicinanza alle classi subalterne, sulle idee di libertà e di eguaglianza che devono guidare l’azione di una democrazia sociale adeguata alle trasformazioni sociali e culturali dell’Europa di domani.

Come si fa a sostenere, alla luce della storia, che quelle idee sono ormai passate e fuori moda, che il denaro e il successo, comunque ottenuto, sono gli unici misuratori validi per la vita dell’individuo come dei gruppi sociali? Come si può accettare che il modello di un paese, a lungo civile e democratico, ma precipitato oggi in una drammatica involuzione politica debba essere seguito per gli aspetti peggiori e ignorato, invece, e misconosciuto per quanto attiene alla sua secolare tradizione democratica, nata dalla prima rivoluzione politica in Occidente? E, ancora, quale senso ha ignorare o mettere da parte, la grande lezione della barbarie fascista e nazista per dimenticare quel che è successo negli anni Venti, Trenta e Quaranta e adottare in maniera disinvolta comportamenti e parole d’ordine della peggiore destra fascista e qualunquista?

Dimenticare la lezione dell’antifascismo, la sua capacità di elaborare progetti e istituti dell’Italia libera e democratica è assai peggio che ignorare la storia, è un’operazione politica e culturale indegna di un paese che vuole guardare a un futuro di pace e di democrazia.

Accantonare la tradizione antifascista, considerare quella lotta come qualcosa di finito e fuori moda significare far franare le basi autentiche della democrazia repubblicana.

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Dalla nostra Costituzione un programma di vera alternativa al populismo berlusconiano

E’ dall’antifascismo e dalla Resistenza che nasce e si sviluppa il nucleo centrale della Costituzione repubblicana del 1947 che vede collaborare per quasi due anni intensamente la classe politica cattolico-democratica, quella liberal - democratica e azionista, quella socialista e comunista.

L’Assemblea costituzionale, votata il 2 giugno 1946, ha consegnato agli italiani una Carta costituzionale che nei primi cinquantaquattro articoli enuncia i valori di una democrazia moderna e aperta al futuro. E nella seconda parte, dedicata all’ordinamento della Repubblica, disegna i tratti peculiari del funzionamento degli organi costituzionali, degli enti locali, della Corte costituzionale.

La Costituzione del 1947 è il documento fondante da cui partire per tracciare i punti programmatici essenziali del programma di un Governo rispettoso degli interessi di tutti i cittadini.

E’ sufficiente leggerla con attenzione la per identificare i punti essenziali di un progetto complessivo in grado di disegnare un’alternativa radicale alle idee e alla politica seguita dai Governi in questi ultimi anni.

Già nei primi due articoli emerge il fondamento della nostra convivenza civile costituita dal lavoro e dalla garanzia dei “diritti inviolabili†dell’uomo e dei gruppi sociali, esercizio dei diritti che richiede l’adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".

Ma è nell’articolo 3 del dettato costituzionale che appare quel principio di eguaglianza che non tollera distinzioni di sesso, di razza, di lingua e di religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ed è in quell’articolo che si indica a chi decide la politica repubblicana un compito essenziale: quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Subito dopo, la Costituzione repubblicana affronta uno per uno i diritti fondamentali: l’art. 4 “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo dirittoâ€; l’articolo 8 afferma che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla leggeâ€, vietando perciò che una confessione prevalga sulle altre e abbia diritti o privilegi previsti soltanto per sé stessa. E’ qui che si rende evidente il concetto di laicità dello Stato e di separazione tra Stato e Chiesa che la politica di questi anni ha messo da parte troppo spesso.

L’articolo 9 detta un principio fondamentale ripreso più volte: â€La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazioneâ€. E l’articolo 10, in modo aperto e lungimirante, detta una norma assai importante per il diritto di asilo a tutti gli stranieri che non possono godere nel loro paese delle libertà democratiche previste per tutti gli italiani dalla Costituzione repubblicana.

E più avanti, all’articolo 33, detta una norma fondamentale, anch’essa violata e in grave pericolo nella situazione attuale, quando, accanto alla libertà di insegnamento e di ricerca, stabilisce il carattere pubblico dell’istruzione.

L’articolo 11 mette in causa dalle sue radici l’attuale politica estera in quanto segna il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. E promuove e favorisce le organizzazioni internazionali necessarie per costruire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.

Qui le contraddizioni con la politica attuale del Governo sono particolarmente forti ed evidenti: l’Italia è stata coinvolta in una partecipazione alla guerra in Iraq e all’occupazione militare guidata dagli Stati Uniti grazie a una delibera parlamentare che parlava di una missione di pace, condividendo in tutto e per tutto la politica unilaterale americana e la teoria della "guerra preventiva".

E arriviamo all’articolo 21 che può dirsi ormai abrogato nella costituzione materiale dell’Italia di oggi. Chi può sostenere ancora oggi in buonafede, che c’è ancora la libertà di stampa nel nostro paese quando sette canali televisivi sono direttamente o indirettamente controllati dall'attuale Presidente Consiglio.

Grazie alle norme esistenti, al ricatto costante esercitato sui giornalisti, al dominio pressoché completo del mercato pubblicitario? Persino la maggioranza di centrodestra, legata al Partito popolare europeo, ha votato nel Parlamento dell’Unione europea l’anno scorso una risoluzione fortemente critica sull’assetto dei mezzi di comunicazione.

Ma né i telegiornali, né i quotidiani più diffusi hanno illustrato quel documento alla nostra opinione pubblica.

 
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