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Tangenti di guerra, aperta un'inchiesta! Riportiamo un articolo pubblicato dal Manifesto PDF Stampa E-mail

Tangenti di guerra, aperta un'inchiesta
Dopo le testimonianze pubblicate dal manifesto sul versamento di tangenti per essere assegnati alle missioni all'estero, il procuratore militare Intelisano apre un fascicolo. «Già in passato denunce anonime, tutte archiviate». Il silenzio degli stati maggiori
ALESSANDRO MANTOVANI (IL MANIFESTO)
ROMA
Si muove la procura militare di Roma sullo scandalo delle «tangenti» pagate dai militari italiani per partecipare alle missioni all'estero, che non sarebbero affatto «casi di cronaca isolati» (come dice lo stato maggiore della difesa) ma «una vera e propria prassi», almeno in alcuni settori delle forze armate. Le testimonianze pubblicate ieri da questo giornale e mandate in onda su Rainews24 hanno convinto il procuratore militare Antonino Intelisano ad aprire un fascicolo intestato «atti relativi a». Dunque, per il momento, non ci sono indagati e neppure una specifica ipotesi di reato. Ma la procura fa anche un piccolo passo in più. Fa sapere che non è una novità: denunce simili, a quanto pare sempre anonime, sono arrivate già in passato agli uffici del pm militare, che di conseguenza si è occupato dell'argomento, ma in tutti i casi sono state archiviate perché i fatti denunciati non sono stati accertati. O almeno, non c'era materia per esercitare l'azione penale, che può essere una cosa molto diversa. Secondo alcune fonti, anche altre procure militari avrebbero ricevuto esposti dello stesso genere, oltre ovviamente a quella di Padova che nel maggio scorso ha fatto condannare per truffa e peculato il generale Luciano Marinelli, ex comandante del«Cimic Group South», reparto Nato interforze (a guida italiana) specializzato nella cooperazione civile-militare nell'ambito delle missioni di pace, attualmente impegnato in Iraq: i carabinieri arrestarono Marinelli mentre un tenente gli versava cinquemila euro, nell'ambito di un complesso rapporto che prevedeva tra l'altro la promessa di una raccomandazione per andare all'estero in missione.

Al centro del nuovo scandalo, però, questa volta insieme all'esercito ci sono proprio i carabinieri, forza armata a tutto tondo, anzi la prima forza armata italiana a metter piede in Iraq dopo l'annuncio di Bush che la guerra era «finita». Un brigadiere meridionale della Benemerita, che fa servizio in un normale reparto territoriale, ha raccontato la complicata trafila alla quale fu costretto due anni fa, quando chiese di andare in Kosovo, facendo i nomi di ufficiali e sottufficiali che nella sua città e soprattutto a Roma, negli uffici del comando generale e della seconda brigata mobile, chiedevano soldi per mandare avanti le domande. A lui chiesero venti milioni e rifiutò. Secondo un altro carabiniere, che è stato in Iraq, la «tariffa» dei «tangentari» in divisa sarebbe «una mensilità», la prima mensilità di missione. Le diarie com'è noto sono alte: un appuntato o un maresciallo prendono un'indennità aggiuntiva pari a tre o anche quattro volte il normale stipendio; con certe missioni si portano a casa anche dodicimila euro al mese. E tutti sappiamo che carabinieri per nulla addestrati alla guerra nel deserto, che lavoravano nei reparti operativi o nei battaglioni mobili nelle nostre città, per quei soldi sono andati a morire nell'attentato del 12 novembre a Nassiriya, in una base che secondo molte fonti era priva delle più elementari barriere protettive. Alcuni dei carabinieri che denunciano le tangenti si sono rivolti all'Unac, l'Unione nazionale arma dei carabinieri del maresciallo Antonio Savino, che conferma: «Ci sono colleghi che parlano di prassi consolidata, in missione vanno sempre gli stessi», dice Savino. E dall'esercito le stesse segnalazioni raggiungono l'Osservatorio militare dell'ex delegato Cocer Domenico Leggiero. Entrambi nel mirino degli stati maggiori (in Italia l'associazionismo militare è vietato e variamente represso), saranno probabilmente ascoltati dal procuratore Intelisano o da qualche suo delegato.

Agli stati maggiori, ufficialmente, non risultano tangenti, oltre ovviamente al caso già definito in primo grado a Padova. Al comando dei carabinieri aggiungono anche che «nulla si può escludere». Fonti militari erano in grado di anticipare, ieri pomeriggio, la notizia che sarebbe poi arrivata dalla procura circa l'apertura del fascicolo. Formali smentite sono arrivate dal comando delle forze italiane in Iraq ma per la verità nessun generale fin qui si è speso, con nome e cognome, per affermare che nessuno nelle forze armate paga tangenti per partecipare alle missioni. Come spesso avviene per le vicende più scottanti gli stati maggiori preferiscono mobilitare alcuni Cocer, o almeno alcuni delegati, che nell'assenza di sindacati si comportano come «rappresentanze istituzionali» nel senso più deteriore del termine.

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