Riforma
della Rappresentanza Militare:
riportiamo l’importante documento unitario presentato al
Comitato Ristretto
della Commissione Difesa del Senato dalle Sezioni Cocer della Guardia
di
Finanza, della Marina ed Aeronautica a cui hanno aderito anche i
delegati del
Cocer Carabinieri Longobardi e Rumore. Un
documento particolarmente puntuale e significativo nei contenuti con il
quale
si chiede che la riforma del sistema di tutele del personale militare
sia
improntata ad una soluzione di tipo sindacale o, comunque, basata su
associazioni
professionali completamente autonome dall’influenza della
gerarchia e che,
pertanto, non si possa configurare in un forma di“sindacato
giallo” che giustamente
è vietato dalla legge per tutte le categorie di lavoratori. Il
documento, inoltre, rappresenta anche un atto di particolare rilevanza
politica
perché si contrappone autorevolmente, con
l’opportuna analisi e le doverose argomentazioni,
all’altro documento, approvato il 30 maggio u.s. dal Gruppo
di Lavoro del Cocer
Interforze da soli 22 delegati su 63 aventi diritto, con cui si
esprimeva il
parere contrario ad una riforma della Rappresentanza Militare
improntata verso
le libertĂ sindacali. ************************************** La legge di principio sulla
disciplina militare ha
introdotto nell’Ordinamento militare l’istituto
della Rappresentanza Militare
allo scopo di creare uno strumento di proposizione di istanze
collettive o
comunque di consultazione dell’Autorità militare
in tutte quelle materie che
afferiscono il benessere e la condizione del militare, fatta eccezione
il
settore delle operazioni, logistico/ operativo, addestrativo, il
rapporto
gerarchico e l’impiego del personale. Tale strumento, democraticamente
eletto e strutturato
su tre livelli rappresentativi, dopo circa un trentennio ha cercato di
adattarsi alle mutate esigenze sociali e normative, cercando di
riempire la carenza
del ruolo di “parte sociale”,
che nei rimanenti settori del
pubblico impiego viene interpretato a
pieno titolo dalle
rappresentanze sindacali dei lavoratori. Proprio tale infruttuoso
tentativo
“adattarsi a surrogato di parte sociale dei
lavoratori” ha
dimostrato in maniera inequivocabile come l’impronta
normativa di uno strumento
nato per finalitĂ di mera consultazione e di proposizione di
istanze di
carattere collettivo lo rende del tutto inadeguato a svolgere ed
attendere alle
funzioni di tutela e di dialogo, anche in contrapposizione, che
è proprio delle
rappresentanze sindacali dei lavoratori. Tuttavia, la palese
assenza di
rappresentativitĂ in senso sindacale nel mondo di lavoro
militare
ha portato piĂą parti ad insistere su istanze di
rivisitazione dell’attuale
strumento di rappresentanza, onde adeguarlo al mutato ruolo
che la
societĂ impropriamente gli riconosce (il sindacato dei
militari) e
che il mutato assetto normativo in tema di contrattazione collettiva e
tutela
della condizione e della dignitĂ dei lavoratori impone,
ormai affidando quasi
esclusivamente tali prerogative alle organizzazioni sindacali, prima
che al
singolo. Infatti, non deve essere sottaciuta
la palese
confusione nascente da un ruolo improprio che il contesto sociale
riconosce
all’attuale istituto della Rappresentanza Militare, al quale
viene comunemente
ed erroneamente attribuito lo pseudonimo
di sindacato dei militari,
nonostante Tuttavia, proprio la
palese confusione
sociale dei ruoli comporta per il mondo
militare un duplice
pregiudizio: da un lato attenua
l’attenzione
sociale e normativa sulla problematica della carenza
istituzionalizzata
del ruolo di parte sociale per i lavoratori militari,
dall’altro
aumenta il pericolo di una
“finzione”(strumentale) di
rappresentativitĂ
di parte sociale del mondo militare che
il Legislatore ha giĂ
altrimenti stigmatizzato con il divieto di creazione dei “sindacati
gialli” o più propriamente
detti sindacati di comodo (art. 17 Statuto
dei Lavoratori). L’esigenza di riempire
vuoti istituzionali di
rappresentativitĂ dei lavoratori militari induce ad
ipotizzare la necessitĂ di
intraprendere un percorso di progressiva sindacalizzazione di uno
strumento
militare sempre piĂą professionale, mentre la salvaguardia di
un principio di
“specificità militare” unitamente alle
esigenze di apoliticitĂ ed apartiticitĂ
delle organizzazioni di rappresentanza dei militari, possono indurre ad
ipotizzare particolari cautele normative nella genesi di tali forme
rappresentative. Infatti si deve procedere
ad interventi
normativi miranti a riprodurre quanto giĂ previsto agli art.
82 e segg. della
legge 121/81 per le Forze di Polizia ad Ordinamento Civile
trasferendo i contenuti e le prerogative delle rappresentanze sindacali
dei
lavoratori in capo ad una rivisitata forma di
rappresentativitĂ militare che
potrebbe, in tal modo, assurgere al quel ruolo di parte sociale che un
mutato
assetto normativo impone e di cui il mondo militare è
inequivocabilmente
carente. In questa prospettiva si
rende necessario un
intervento normativo che vada nel senso giĂ delineato per le
Forze di Polizia,
e che si concretizzi quindi in una capacitĂ associativa di
natura professionale
o sindacale fra i militari. E’ quindi necessaria l’abrogazione
dell’art.
8 della legge 11 luglio 1978, n. 382, e
si ritiene che il dettato
normativo valevole per le Forze di Polizia ad Ordinamento Civile, se
riprodotto, possa essere pienamente satisfattivo delle esigenze
prospettate. Infatti, deve evidenziarsi come
l’apertura verso forme
di associazioni professionali fra militari sia un esperimento di
democraticitĂ
reso possibile oltre che dall’esempio normativo di altri
Paesi Europei, proprio
da recenti e ripetute Raccomandazioni Comunitarie che non hanno
ravvisato
particolari cause ostative al riconoscimento dei diritti sindacali in
capo ai
militari. In ogni caso, sebbene
si ritenga che la
professionalizzazione dello strumento militare renda matura ed in
eludibile una
riforma sindacale del mondo militare nel senso giĂ delineato
per le Forze di
Polizia ad Ordinamento Civile,
è opportuno sottolineare come un
proposito normativo che voglia attribuire il ruolo di parte sociale ad
un
riformato istituto della Rappresentanza dei Militari non
potrĂ
prescindere dall’enunciazione di quelle garanzie minime di
autonomia, efficacia
ed effettivitĂ che dovranno caratterizzare il mutato ruolo
dell’istituto
rappresentativo dei militari. Si deve sottolineare come
l’attuale assetto normativo
non riconosce all’istituto della rappresentanza militare la
valenza “di
surrogato sindacale” o comunque di parte sociale dei
lavoratori militari. Tale limite è stato
chiaramente evidenziato dalla
Corte Costituzionale con sentenza n. 449/99, la quale anche
nell’intento di
dirimere ogni dubbio interpretativo, ha rimesso al Legislatore
l’onere di
adeguare le competenze della Rappresentanza Militare allo scopo di
renderle
compatibili con le procedure di confronto sulle tematiche afferenti il
rapporto
d’impiego già introdotte nei rimanenti comparti
della Pubblica Amministrazione. Tuttavia non deve sottacersi, come
nella stessa sede, Per tale motivo, ogni
proposito di riforma
in tema di rappresentativitĂ dei lavoratori militari che
intenda implementare
le competenze dell’attuale istituto rappresentativo senza
avere preventivamente
eliminato possibilitĂ di commistione e confusione fra
interessi del lavoratore
militare e quelli del datore di lavoro, deve ritenersi una grave
lesione dei
precetti di civiltĂ della vita democratica del Paese,
alla quale
il mondo militare vi partecipa a pieno titolo e a cui anche
l’Ordinamento
militare deve informarsi. Non può quindi
accettarsi alcuna soluzione di
compromesso in tema di rappresentanza delle istanza del mondo
lavorativo
militare. Bisogna avere il coraggio di
mettere a nudo e
giustificare all’opinione pubblica l’esistenza di
un retaggio storico che fa
sopravvivere costruzioni e mostruositĂ giuridiche che
vogliono giustificare
l’avocazione del diritto dell’individuo militare in
capo all’Ordinamento. Parallelamente bisogna evidenziare
come a tutt’oggi
anche il diritto di querela
è estraneo al personale militare e la
stessa condizione di procedibilità è
rimessa alla valutazione meramente
discrezionale dell’Autorità militare,
a nulla rilevando la lesione del
diritto dell’individuo leso, attualmente
privo di ogni autonoma tutela. Allo stesso modo non
può più condividersi
l’impostazione di un istituto della
Rappresentanza Militare che, come
giustamente osserva in sede di giudizio A tal fine un intento di riforma
deve ricercare un
modello di rappresentativitĂ non fittizio
ma effettivo,
in analogia ai comparti pubblici similari, ad
esempio i Magistrati, che
hanno delineato nelle loro peculiari associazioni tutte le garanzie ed
i
compromessi fra la nozione di parte sociale e tutela ed
integritĂ
dell’Ordinamento. Oggi si confrontano due visioni
della vita, una conservatrice,
l’altra progressista.
Esse non si identificano
schematicamente in una coalizione, ma devono trovare realizzazione
attraverso
fatti compiuti. Si potrebbero citare tanti esempi
che dimostrano i
passi avanti in questo o quel settore, da questo o quel Governo a
prescindere
dallo schematismo ideologico. Nell'attuale assetto normativo, il
militare non ha
diritto ad essere rappresentato in virtĂą di un diritto
proprio ma la sua
rappresentanza è rimessa al Vertice e del quale la stessa ne
è solo lo
strumento. Solo se si eleva e si riconosce il
diritto ad essere
rappresentato all'esterno quale diritto proprio del singolo e non
dell'istituzione militare, qualsiasi forma di
rappresentativitĂ potrĂ svolgere
il ruolo di parte sociale. La vera rivoluzione copernicana
sarebbe far
comprendere al Legislatore che la rappresentativitĂ militare
deve essere espressione
di un diritto del singolo e non dell'istituzione militare. RiuscirĂ questo
Parlamento a fare un passo avanti. Noi abbiamo fiducia, il resto
mettetelo Voi. IL COCER DELL’AERONAUTICA
MILITARE IL COCER DELLA GUARDIA DI FINANZA I DELEGATI DEL COCER CARABINIERI Castrese LONGOBARDI e Alessandro
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