TAGLI ALLA DIFESA, PARLA il Gen. BIAGIO ABRATE: «Già rinunciato a dieci Maserati, Venderemo caserme a Comuni e privati». Previsti tagli al personale e passaggi ad altre amministrazioni Stampa
«Tempi duri anche per noi militari. Perciò stiamo rivedendo i nostri piani», annuncia il generale Biagio Abrate, capo di stato maggiore della Difesa.
Dovete fare i conti con un budget di 2,3 miliardi di euro in meno nei prossimi 3 anni.
«Il nuovo ministro della Difesa Giampaolo Di Paola conosce i problemi, è l'uomo giusto per far fronte a situazioni di crisi. Con il suo aiuto dovremo adeguare il modello di Difesa alle esigenze che gli sconvolgimenti finanziari ci impongono. Oggi gli uomini in divisa sono 190 mila. Dovremo ridurre gli effettivi in misura consistente».
Una bella cura dimagrante.
«Non coinvolge solo noi, ma tutti i Paesi europei. Gli stessi Stati Uniti stanno preparando tagli vistosi. In ambito Nato parliamo di smart defence , un modello nuovo più snello ma efficiente».
Quali categorie subiranno tagli importanti?
«Oggi la voce "personale" assorbe circa il 62 per cento delle spese. Rimane troppo poco per l'esercizio e poco per l'ammodernamento dei mezzi. Una gestione equilibrata dello strumento militare si raggiunge con una suddivisione diversa, e cioè il 50 per cento per il personale e 25 per cento ciascuna le altre due voci».
Di conseguenza i tagli riguarderanno il personale.
«Certo. Ma salvaguarderemo tutta la componente operativa, composta da circa 80 mila volontari di varie categorie, professionisti ben addestrati che ci consentono di mantenere gli impegni internazionali e di onorare quello che noi chiamiamo il livello di ambizione. Ci teniamo a rimanere nella Nato, e intendiamo restarci con la dignità che abbiamo mantenuto finora; siamo i quarti contributori dell'Alleanza, come forze messe a disposizione e interventi sul campo».
Quindi sacrifici a carico di personale non operativo.
«Riguarderanno soprattutto le strutture di comando e di supporto nelle categorie dirigenziali, direttive e non direttive (Ufficiali e Marescialli). Già il reclutamento per queste categorie ha subìto una notevole diminuzione. Si potrebbero attivare procedure di prepensionamento, ma costerebbe troppo. Allora si sta studiando la possibilità di far transitare personale verso altre amministrazioni, per non dover aspettare la scadenza naturale per la pensione».
Il numero dei generali sembra molto elevato.
«In tutte le Forze armate sono 425 che indossano la divisa di generale. Saranno certamente ridotti. Tuttavia va sottolineato che già oggi le Accademie preparano un numero ridotto di ufficiali. Per esempio per l'Esercito, siamo passati da circa 300 a 100 allievi ogni anno. Ma vorrei aggiungere che sarà necessario arrivare a un numero più contenuto anche di civili che lavorano per noi. Oggi ammontano a 33 mila. Abbiamo allo studio un'ipotesi per ridurli significativamente».
E gli sprechi? Molto criticato l'acquisto di 19 Maserati.
«Il contratto risaliva ad alcuni anni fa. Ma siamo riusciti a non acquisire 10 vetture, l'acquisto si limita a 9 Maserati».
Ognuna delle tre Armi dispone di strutture proprie creando doppioni che si potrebbero evitare.
«Stiamo studiando come unificare tutto ciò che sarà possibile. Ci sono settori in cui la collaborazione interforze è già reale. Nel campo legislativo abbiamo realizzato l'unificazione, così come nel settore medico. Il Celio è diventato un ospedale interforze. Ma anche nelle operazioni internazionali agiscono insieme reparti delle tre Armi».
Lei ha seguito gli attacchi sul territorio libico.
«Ho fornito le forze alla Nato per fronteggiare la crisi libica. Siamo stati impegnati con Marina e Aeronautica, riscuotendo il plauso di tutti. L'Onu ha molto apprezzato, così come la Nato. E anche i libici ci hanno ringraziato».
Una fonte di risorse doveva essere la vendita delle caserme vuote. Ma il progetto è rimasto sulla carta.
«Finalmente sono state varate le norme che dovrebbero permettere la dismissione delle caserme. Non vogliamo svendere, ma ricavarne una giusta quota. Potrebbero acquistarle i Comuni ma anche i privati».

di Marco Nese dal Corriere della Sera

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