Soldati italiani in Libia, il balletto delle cifre continua Stampa

In Libia si sta combattendo porta a porta una delle più cruente guerre civili della storia recente. Sui campi di battaglia si stanno fronteggiando i lealisti filo Gheddafi (rinforzati da mercenari nigeriani, ciadiani, serbi e, si dice, anche da qualche contractor italiano) e i ribelli di Bengasi, addestrati da personale francese, inglese e italiano e rinvigoriti da reparti delle forze speciali francesi e inglesi. Solo l'Italia avrebbe rinunciato a inviare truppe di terra in quell'area. E' davvero così? Il balletto delle cifre messo in atto dal governo Berlusconi non aiuta capire.

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E' certo però che attorno all'argomento esistono almeno tre versioni, una del ministro della Difesa Ignazio La Russa, un'altra del ministro degli Esteri Franco Frattini, e infine, ma non meno importante, quella del sottosegretario alla difesa Guido Crosetto. Il primo ha detto in Parlamento che in Libia ci sono solo dieci addestratori italiani, il secondo - la notizia è stata divulgata da una nota diffusa dall'agenzia Adnkronos del 25 agosto scorso - ha affermato da due mesi a Bengasi sta operando un team di 15-20 militari, inviato per l`addestramento di combattenti anti rais.
I numeri, come si può notare, sono discordanti. Di certo c'è che la risoluzione sulla Libia approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 17 marzo 2011, autorizza gli "Stati Membri" a proteggere i civili e le aree a popolazione civile minacciate di attacco nella Jamahiriya Araba di Libia, compresa Bengasi, "escludendo una forza di occupazione straniera di qualsiasi forma e su qualsiasi parte del territorio libico". In sostanza: la risoluzione dell'Onu ammette i raid di aerei solo per difendere i libici da Gheddafi, ma non l'intervento di forze militari di terra. L'ordine, però, può essere aggirato, come hanno dimostrato Francia e Inghilterra mandando in Africa del nord alcuni reparti scelti (per l'onorevole Crosetto non è vero ndr).
Ufficialmente, quindi, il nostro Paese oltre agli addestratori non dovrebbe avere altri operativi in campo. Il condizionale è, in queste situazioni, d'obbligo. La recente dichiarazione del Ministro degli esteri è in contraddizione con quanto affermato La Russa che, peraltro, "non ha mai chiarito quali fossero i reali compiti e l'armamento dei militari italiani inviati in Libia ne, tantomeno, quale fosse la loro zona di operazioni", ha scritto in un' interrogazione, cogliendo la contraddizione, Maurizio Turco. Il parlamentare radicale è andato oltre: qual è, ha chiesto, "il reale numero dei militari inviati sul territorio libico? L'invio di soldati ha violato la risoluzione Onu? Quali sono le immediate azioni per evitare che si protragga ulteriormente la situazione d'incertezza e d'illegalità conseguente all'invio di truppe armate sul territorio di uno Stato sovrano che ufficialmente non ha mai formulato nei confronti dell'Italia alcuna dichiarazione di guerra?".
Secondo Andrea Margelletti, però "la notizia non c'è: l'Italia ha rispettato la direttiva Onu. Solo gli inglesi e i francesi hanno inviato le loro truppe a titolo nazionale, ma i soldati non combattono sotto l'egida Nato", rassicura il presidente del Ce.S.I. D'altra parte, da un punto di vista tattico, "l'eventuale mancato invio" di truppe italiane in Tripolitania e Cirenaica, secondo il generale Fabio Mini, sarebbe un errore: "Le risposte del Governo su quest'argomento mi sono sempre apparse un po' confuse: se l'Italia non ha inviato personale del Col Moschin, dei Comsubin o dei Rao in Libia, ha commesso un grave errore". La sintesi dell'ex capo si Stato maggiore, è chiara: "Se non ora quando? In situazioni come questo è più che opportuno avere osservatori in suolo nemico". Come stanno veramente le cose? La risposta può giungere solo dal Governo.
Il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto dice, d'altro canto, che un contingente militare della Nato potrebbe essere inviato in territorio libico per un mese, prima che l'Onu possa organizzare una forza internazionale di pace che impieghi forze armate di Paesi arabi o africani. "Non è detto - ha dichiarato il sottosegretario - che nelle prossime riunioni internazionali Ban Ki Moon non debba chiedere alla Nato un supporto di un mese anche sul terreno". Insomma, i soldati italiani in Libia ci sono o ci devono ancora andare? Crosetto glissa sulla prima domanda ("non mi sembra rilevante"), si sofferma sulla seconda ("Se l'Onu ce lo chiederà, ci andremo"). E, soprattutto, dice che i francesi e gli inglesi "in Libia non hanno mandato truppe speciali". Qual è la verità, probabilmente si saprà solo alla fine della guerra. Le contraddizioni, comunque, restano.