Storica sentenza che riconosce il risarcimento dei danni per uranio impoverito Stampa

L'Ufficio Legale di AMID ha reperito la sentenza del tribunale di Roma, datata 01/12/2009, relativa al risarcimento dei danni causati dall'esposizione agli effetti dell'uranio impoverito.

La sentenza è molto interessante anche perché è corredata del rapporto del Laboratorio dell'Università di Modena e Reggio Emilia e dalla relazione del Comitato Scienziate e Scienziati contro la Guerra.

Considerate le difficoltà di reperimento della sentenza, riteniamo di fare cosa gradita la sua pubblicazione.

Il Responsabile Legale di AMID

Avv. Antonio Vecchi

Studio Legale

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Genzano di Roma

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Tribunale di Roma, Sez. XII, 01 dicembre 2009, n. 10413

(Est. Cartoni)

Fatto

Con atto di citazione ritualmente notificato D. R. P., R. C., D. R. S. e D. F. L. convenivano in giudizio il Ministero della Difesa, lo Stato Maggiore della Difesa, lo Stato Maggiore dell'Esercito ed il Ministero della Economia e delle Finanze per sentirli condannare al risarcimento dei danni, oltre interessi e rivalutazione.

Gli attori esponevano di essere, rispettivamente, padre, madre, sorella e moglie del Caporal Maggiore dell'Esercito Italiano A. D. R., il quale nel (...) era inviato in missione in Kosovo, che nello svolgimento dell'incarico conviveva con una situazione di grave inquinamento, dovuta in particolare all'esplosione delle munizioni all'uranio impoverito, che al militare, rientrato in patria, era diagnosticato il "Linfoma di Hodgkin classico con varietà istologica non precisabile" e che, per tale male, decedeva in data (...).

Si costituivano il Ministero della Difesa, lo Stato Maggiore della Difesa e lo Stato Maggiore dell'Esercito, eccependo il difetto di legittimazione passiva dei due Stati Maggiori, l'assenza di responsabilità e la mancata prova del nesso causale e dei danni, mentre il Ministero della Economia e delle Finanze restava contumace.

All'udienza dell'11.5.2009 gli attori concludevano per la condanna al risarcimento dei danni, oltre interessi e rivalutazione, i convenuti per il rigetto della domanda di risarcimento ed il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all'art. 190, primo comma, c.p.c. per il deposito di comparse e memorie.

Diritto

Preliminarmente è accolta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva avanzata dallo Stato Maggiore della Difesa e dallo Stato Maggiore dell'Esercito, trattandosi di organi dello stesso Ministero della Difesa e non di enti dotati di una propria ed autonoma soggettività giuridica. Ciò precisato, la circostanza della morte del D. R. per il c.d. "Linfoma di Hodgkin" è pacifica e documentata.

In ordine al nesso causale tra questa patologia e la missione in Kosovo, il rapporto del "Laboratorio dei Biomateriali, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Modena e Reggio Emilia", a firma della Dr.ssa Antonietta M. G., ha evidenziato che per altri casi analoghi a quello in esame "I reperti esaminati con la metodica di microscopia elettronica a scansione hanno messo in luce che all'interno delle biopsie o campioni chirurgici vi erano particelle inorganiche di origine esogena, cioè provenienti dall'esterno, in quanto alcuni elementi chimici non sono presenti nel corpo umano come il Bismuto, il Titanio, lo Zirconio, il Ferro, lo Zinco o il Cromo", che "La maggioranza delle particelle trovate erano classificabili come composti metallici, inoltre si è riscontrato che molte di esse erano perfettamente sferiche. Questa morfologia fa supporre che queste siano state ottenute per fusione ad elevate temperature, in quanto in natura non si trovano reperti del genere", che "Dal momento che tutti i casi esaminati hanno vissuto per un certo periodo in un ambiente bellico, sicuramente inquinato da esplosioni di bombe metalliche contro obiettivi metallici (carri armati) o ceramici (case, suolo) con un conseguente rilascio di detriti, si intravede la possibilità di una correlazione", che "Si è a conoscenza che studi sull'inquinamento bellico eseguiti nel 1978 da militari americani dell'Air Force Armament Laboratory, Armament Development and Test Center, della base militare di Eglin Air Force Base (Florida)... hanno messo in evidenza che lo scoppio di armi impieganti depleted uranium come l'Air Force GAU-8, Army XM 774, M735E1 e Phalanx producono detriti principalmente sferici di dimensioni molto ridotte", che tali inquinanti "possono essere stati respirati oppure ingeriti qualora siano stati mangiati ortaggi e frutta non debitamente detersi, su cui tale polvere si era depositata. È anche possibile che tale polvere sia stata ingerita mangiando carne di animali che avevano mangiato erba inquinata" e che è noto dal Progetto Europeo "Ruolo di micro e nanoparticelle nell'indurre patologie da biomateriale" come "particelle non tossiche, ma non biodegradabili al di sotto dei 20 micron possono passare la barriera intestinale ed entrare nel torrente ematico. I linfonodi possono poi sequestrare tali detriti e sviluppare una patologia".

La stessa Dr.ssa G. ha, poi, svolto una indagine "nanodiagnostica di microscopia elettronica a scansione e microanalisi a raggi X" relativamente a D. R. A., rivelando, con le stesse considerazioni di cui sopra, la presenza di "particelle nano e micrometriche principalmente di composti a base di Ferro (Ferro, Ferro-Cromo, Ferro-Silicio), di Silicio e di Titanio" e che "I corpi estranei rilevati non sono biodegrabili né biocompatibili e, dunque, possono aver dato innesco a manifestazioni patologiche. Alcune particelle di forma sferica sono tipiche di una formazione ad alta temperatura".

La relazione del "Comitato Scienziate e Scienziati contro la Guerra" del Gennaio 2001, poi, ha evidenziato come l'uranio impoverito (DU) sia "dannoso e pericoloso, non solo come agente tossico chimicamente, ma anche dal punto di vista radiologico, qualora ingerito o inalato" che il DU "è un radionuclide che diviene pericoloso qualora sia inalato o digerito, irraggiando, dall'interno, il corpo umano. Fattori secondari ma non trascurabili di contaminazione sono le mucose (bocca, cavità nasali, ecc) e le eventuali ferite", che "il DU di cui parliamo avrebbe un effetto biologico lieve o nullo se il contatto fosse esterno e poco durevole: infatti la radioattività alfa emessa dal DU non riesce a penetrare nella materia dall'esterno e basta un foglio di carta o lo strato morto della pelle ad attenuarla notevolmente; nel nostro caso, il problema è relativo all'inalazione o gestione di DU, che, contaminando le varie matrici ambientali o biologiche (aria, acqua, terreno, piante, animali, alimenti ecc), può essere incorporato dall'uomo. In seguito a bombardamenti con armi DU, infatti, questo prende fuoco, brucia ad alta temperatura (5000°) si nebulizza e passa nell'ambiente e di qui all'uomo. Una volta inalato o ingerito, il DU provoca morte cellulare e danni cromosomici; inalato, è soggetto a complesse reazioni chimico-biologiche nel corpo umano. La radiazione alfa che esso emette viene arrestata da uno o due millimetri di pelle morta, il che ne motiva la trascurabilità come sorgente esterna. È invece sorgente di elevata morte cellulare e danno cromosomico se emessa all'interno del corpo".

Queste conclusioni sono sostanzialmente confermate dal Prof. Dr. Francesco B., specialista in oncologia, il quale ha sottolineato come l'uranio impoverito sia "dannoso e pericoloso, non solo come agente tossico chimico, ma anche dal punto di vista radiologico, qualora ingerito o inalato" e come "le evidenze di pericolosità dei DU sono scientificamente inequivocabili".

Dunque, è evidente il nesso eziologico tra lo svolgimento della missione militare da parte del D. R. in zona nella quale è presente l'uranio impoverito e le patologie, gravi, che possono insorgere, tra le quali proprio il "Linfoma di Hodgkin".

Del resto il C.T.U. medico-legale nominato conclude nel senso che "il sig. D. R. contrasse nel periodo di permanenza nel Kosovo la patologia denominata "Linfoma di Hodgkin" e la stessa Commissione Medica del Ministero della Difesa, riscontrata questa patologia, nel verbale n. 2412 del 2.12.2005 non esclude la sua dipendenza da causa di servizio.

In ordine all'utilizzo di armi all'uranio impoverito nella zona di guerra, occorre precisare, in primo luogo, che i convenuti non contestano tale circostanza, incentrando la difesa sull'assenza del nesso causale e sulla circostanza che il D. R. si recava volontariamente in Kosovo.

Peraltro, le "Regole d'Oro", vale a dire le norme di protezione USA per la Somalia, del 1990, evidenziano l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito, circostanze confermate dal "memorandum" del "Department of the Army - Office of the Surgeon General" del 16.8.1993, dalla Conferenza di Bagnoli del Luglio 1995, dalla nota informativa del 26.11.1999 e dalla relazione della Commissione di Inchiesta del Senato approvata in data 1.3.2006, in atti.

Inoltre, il dr. Armando B., esperto qualificato in radioprotezione del Centro Interforze studi per le applicazioni militari (CISAM), ha dichiarato alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta del Senato, come da documento in atti, di essere a conoscenza del fatto che in Kosovo "erano partiti aerei con quella tipologia di proiettile", vale a dire all'uranio impoverito, che la NATO aveva trasmesso alle nostre forze armate comunicati sull'utilizzo del DU e che la "CISAM ha riscontrato la presenza di uranio impoverito nella catena alimentare".

Da questi stessi elementi, poi, si evince logicamente che il Ministero della Difesa era a conoscenza dell'esistenza del DU in Kosovo, o come minimo, del serio rischio di un suo utilizzo in quell'area.

Del resto con la legge 24.12.2007, n. 244, artt. 2, 78 e 79, (Finanziaria 2008) sono stati previsti adeguati indennizzi in favore al personale impiegato in missioni italiane in zone di conflitto che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all'esposizione e all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e con D.p.r. n. 37 del 3.3.2009 sono state fissate le procedure e le modalità di indennizzo.

In definitiva sussistono tutti i requisiti per configurare una responsabilità del Ministero della Difesa ex art. 2043 c.c. per aver colposamente omesso di adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri soldati dalle conseguenze dell'utilizzo dell'uranio impoverito.

Sul punto non esclude la configurabilità dell'illecito aquiliano la circostanza che il D. R., recandosi in zona di guerra, fosse a conoscenza dei rischi per la propria incolumità fisica, trattandosi, ovviamente, di missione comunque pericolosa.

Infatti, il discorso avrebbe in linea di massima una sua valenza se, ma anche in questa ipotesi occorrerebbe una valutazione caso per caso, le lesioni personali subite dal militare fossero connaturate al rischio tipico della missione, vale a dire il ferimento o la morte in combattimento o per attentato di guerra, o comunque, connesse a fatti ed eventi noti al militare e di cui lo stesso, volontario, assume consapevolmente il rischio.

Nella fattispecie, invece, il fatto è pacifico, il D. R. non era stato adeguatamente messo al corrente ed informato di tutti i rischi della missione, in particolare del fatto di dover operare in zona caratterizzata dalla presenza di uranio impoverito e, peraltro, questa specifica violazione dell'obbligo di informazione aggrava ulteriormente la posizione dei ministeri convenuti.

In punto di "quantum", per quanto concerne il danno non patrimoniale, non può essere riconosciuto il danno biologico "jure proprio", inteso come lesione dell'integrità psico-fisica conseguente alla perdita della persona deceduta.

Ed invero, gli attori lamentano una sofferenza ed una depressione conseguente alla morte del congiunto e tale aggravamento delle condizioni di vita è risarcito, come vedremo, sempre come danno non patrimoniale, ma sotto il diverso profilo della sofferenza psichica transitoria, vale a dire come danno morale, inteso non come categoria autonoma, ma, al pari del danno biologico, come figura meramente descrittiva di un aspetto del danno non patrimoniale (Cass. Civ. Sezioni Unite, n. 26972 del 24.6/11.11.2008).

Infatti, come è noto, perchè il danno biologico "jure proprio" possa essere risarcito deve trattarsi di danno permanente, mentre, nella fattispecie, al di là di una inevitabile e naturale sofferenza conseguente al grave lutto, non vi sono elementi concreti che facciano ritenere che tale sofferenza permanga, con la stessa intensità e con le medesime conseguenze, per tutta la vita.

Occorre, invece, risarcire il danno biologico e morale "jure hereditario", essendosi verificato uno "spatium vivendi" del defunto di circa diciassette mesi.

Questo è un danno nel quale i fattori della personalizzazione debbono valere in un grado assai elevato e, per questa ragione, non può essere liquidato attraverso l'applicazione automatica dei criteri contenuti nelle tabelle utilizzate dai Tribunali, ma deve essere compiutamente adeguato al caso concreto (Cass. civ., Sez. III, 16/05/2003, n. 7632; Trib. Milano, 07/10/2005; Cass. civ., Sez. III, 23/02/2004, n. 3549; Cass. civ., Sez. III, 14/07/2003, n. 11003), tenendo conto, poi, della durata effettiva della vita (Cass. civ., Sez. III, 24/10/2007, n. 22338; Cass. civ., Sez. III, 30/01/2008, n. 2106).

Dunque, liquidando in via equitativa tale danno, considerata l'età giovane del danneggiato e la gravità della malattia, nonché valutata la sopravvivenza in vita per diciassette mesi, questo danno è quantificato in euro 80.000,00, cui sono aggiunti ulteriori euro 20.000,00 per il morale, per complessivi euro 100.000,00, da ripartirsi tra gli eredi ex artt. 571 e 582 c.c. secondo i criteri della successione legittima.

Non è, invece, configurabile il danno esistenziale, sia "jure proprio" che "jure hereditario", inteso anche questo non come categoria autonoma, ma come figura individuata ai fini meramente descrittivi di un particolare aspetto del danno non patrimoniale.

Tale danno, come è noto, consiste in un pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma permanente, oggettivamente accertabile e provocato sul fare areddittuale del soggetto, il quale altera le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (Cass. Civ. Sezioni Unite, n. 26972 del 24.6/11.11.2008; Cass. Civ. Sezioni Unite, n. 6572/2006; Cass. Civ., 4260/2007; Cass. Civ., 5221/2007; Cass. Civ., 11278/2007 e Cass. Civ., 26561/2007) e sussiste solo nei casi di reato o previsti dalla legge, ovvero in ipotesi di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente qualificati, ed in presenza di una lesione grave e di un danno serio (da ultimo sempre Cass. Civ. Sezioni Unite, n. 26972/2008).

Nella fattispecie, essendo astrattamente configurabile un reato contro l'incolumità personale, è presente la lesione di un diritto inviolabile della persona, vale a dire il diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione ed il diritto alla solidarietà familiare ex artt. 29 e 30, sempre della carta costituzionale.

Tuttavia, la prova della lesione di un diritto fondamentale dell'individuo non è sufficiente a giustificare il risarcimento, costituendo la stessa un semplice indizio di danno, il quale deve essere dimostrato.

In sostanza, è necessario fornire il concreto riscontro del carattere permanente del pregiudizio, risolvendosi, altrimenti, lo stesso in un "pati" transitorio risarcibile sotto il diverso profilo del danno morale.

Infatti, il danno morale è essenzialmente un sentire, mentre il danno esistenziale è piuttosto un non poter più fare, un dover agire altrimenti, l'uno attiene per sua natura alla sfera dell'emotività e l'altro concerne il modo di estrinsecarsi e nessuna incidenza sullo stesso è stata compiutamente provata.

Dunque, accertata in via presuntiva, come già evidenziato, una sofferenza temporanea e limitata ad un periodo di tempo, liquidata, dunque, sotto il diverso profilo del danno morale, non è stato dimostrato un pregiudizio permanente conseguente al fatto dannoso, sia in capo al "de cuius" che in capo agli eredi.

Per quanto concerne, appunto, il danno morale "jure proprio" da lesione del rapporto di parentela, è ormai consolidato il riconoscimento di tale danno in favore dei congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito, lesioni personali (per tutte Cass. Civ. Sez. Unite, 1.7.2002, n. 9556), ovvero sia deceduto (per tutte Cass. civ., Sez. III, 15/07/2005, n. 15019), e che tale danno, il quale trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso (Cass. civ., sez. III, 11/03/2004, n. 4993), può essere dimostrato in via presuntiva (Cass. civ., sez. III, 14/12/2004, n. 23291; Cass. civ., sez. III, 14/07/2003, n. 11001; Cass. civ., sez. III, 14/07/2003, n. 10996).

Orbene, nella fattispecie tali elementi presuntivi sussistono e sono da ravvisarsi nello stretto rapporto di parentela, coniuge, genitori e sorella, nella giovane età del congiunto deceduto ed, ovviamente, nel fatto della estrema gravità per il nucleo familiare dell'evento morte.

Dunque, liquidando tale danno in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., si adottano le tabelle del Tribunale di Roma per il 2009, le quali prevedono oggi per tale tipo di danno, nell'ottica di una maggiore personalizzazione, un sistema a punti basato sulla attribuzione al danno di un punteggio numerico a seconda della sua presumibile entità e nella moltiplicazione di tale punteggio per una somma di denaro, pari ad 8.477,00 euro, che costituisce il valore ideale di ogni punto.

Più precisamente sono individuati cinque fattori di influenza del risarcimento, vale a dire il rapporto parentale, l'età della vittima, l'età del danneggiato, la convivenza e la composizione del nucleo familiare, nei quali sono previste delle variabili a ciascuna delle quali è attribuito un punteggio da moltiplicarsi per il valore monetario aggiornato di euro 8.477,00, sul cui importo finale possono essere, poi, applicati dei correttivi per adeguare ulteriormente il risarcimento alla fattispecie concreta in esame.

In definitiva, in base a tale criterio ed agli elementi sulla convivenza in atti, è calcolato per la moglie D. F. L. un punteggio di 30, di cui punti 20 per la perdita del coniuge, punti 4 per l'età della vittima, punti 4 per l'età del danneggiato al momento del sinistro e punti 2 per la convivenza, per un danno morale da morte di euro 254.310,00 (8.477,00 x 30 = 254.310,00), per il padre D. R. P. e per la madre R. C. di 27, di cui punti 20 per la perdita del figlio, punti 4 per l'età della vittima e punti 3 per l'età del danneggiato al momento del sinistro, per un danno morale da morte di euro 228.879,00 per ciascuno (8.477,00 x 27 = 228.879,00), e per la sorella D. R. S. un punteggio di 15, di cui punti 7 per la perdita del fratello, punti 4 per l'età della vittima e punti 4 per l'età del danneggiato al momento del sinistro, per un danno morale da morte di euro 127.155,00 (8.477,00 x 15 = 127.155,00).

Sotto il profilo del pregiudizio patrimoniale, con la morte del D. R. A. è anche venuto il meno il sostentamento per la moglie D. F. L., e, valutando la documentazione fiscale in atti, in particolare il conguaglio IRPEF per il 2005 di cui al CUD, il quale prevede un imponibile annuo di euro 8.344,66, considerata la morte all'età di (...) anni e calcolando una aspettativa di vita media per un uomo di settantacinque anni, dunque per altri (...) anni, sono liquidati, assumendo indicativamente questi parametri ed in via equitativa, euro 408.888,34 (8.344,66 x 49 = 408.888,34), arrotondati, tenendo conto degli inevitabili futuri scatti dello stipendio, ad euro 450.000,00.

Da nessun elemento certo si evince, invece, che anche gli altri attori abbiano subito un danno patrimoniale a seguito della morte del congiunto, atteso che, a prescindere dalle, peraltro generiche, prove testimoniali sul punto, trattasi di asserito pregiudizio da documentare e documentabile.

Sugli importi dovuti, trattandosi di risarcimento del danno e, dunque, di debito di valore, sono riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione.

In particolare, poiché le somme sono liquidate ai valori monetari attuali e già rivalutate ad oggi, spettano i soli interessi legali calcolati sulle sorti capitale svalutate a tale data e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza.

Sulla somma di euro 450.000,00 riconosciuta alla D. F., trattandosi di somma corrisposta anticipatamente rispetto alla data dell'effettivo e relativo esborso, non sono invece dovuti rivalutazione ed interessi.

Le spese processuali e della C.T.U. seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando:

a) dichiara il difetto di legittimazione passiva dello Stato Maggiore della Difesa e dello Stato Maggiore dell'Esercito;

b) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore di D. R. P., R. C., D. R. S. e D. F. L. della somma di euro 100.000,00, oltre interessi legali calcolati sulla sorte capitale svalutata al 4.10.2005 e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza, somma da ripartirsi tra gli eredi secondo i criteri della successione legittima di cui agli artt. 582 e 571 c.c.;

c) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore D. R. P. della somma di euro 228.879,00, oltre interessi legali calcolati sulla sorte capitale svalutata al 4.10.2005 e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza;

d) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore di R. C. della somma di euro 228.879,00, oltre interessi legali calcolati sulla sorte capitale svalutata al 4.10.2005 e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza;

e) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore di D. R. S. della somma di euro 127.155,00, oltre interessi legali calcolati sulla sorte capitale svalutata al 4.10.2005 e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza;

f) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore di D. F. L. della somma di euro 254.310,00, oltre interessi legali calcolati sulla sorte capitale svalutata al 4.10.2005 e via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, fino alla data del deposito della presente sentenza;

g) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido in favore di D. F. L. della ulteriore somma di euro 450.000,00;

h) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido delle spese processuali che liquida in euro 15.500,00, di cui euro 1.500,00, per spese, euro 6.500,00 per diritti ed euro 7.500,00 per onorari, oltre spese generali, iva, cpa e spese successive;

i) condanna il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro-tempore, ed Ministero della Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro-tempore, al pagamento in solido delle spese della C.T.U.

Depositata in Cancelleria il 01.12.2009

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