Sentenza della Corte Costituzionale n. 449/99 |
SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, primo
comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla
disciplina militare), promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1998
dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Pallotta Ernesto e altri
contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 837 del registro
ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di costituzione di Pallotta Ernesto e altri, nonché
l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 novembre 1999 il Giudice relatore
Francesco Guizzi;
uditi l’avvocato Carlo Rienzi per Pallotta Ernesto e altri e l’avvocato
dello Stato Giovanni Pietro de Figueiredo per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto 1. — Il Consiglio di Stato, IV sezione, investito
dell’appello presentato da alcuni militari avverso la sentenza 29
luglio 1994, n. 1217, del Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 52, terzo comma, e 39
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art.
8, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio
sulla disciplina militare), nella parte in cui vieta agli appartenenti
alle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere
sindacale e, comunque, di aderire ad altri sindacati esistenti. Vi
sarebbe lesione degli artt. 39 e 52, terzo comma, della Costituzione,
perché non sussistono motivi plausibili per vulnerare, nell’ambito
dell’ordinamento militare, un diritto costituzionalmente garantito. Né
sarebbe ragionevole la disparità di disciplina rispetto alle forze di
polizia a ordinamento civile, le quali godono della libertà sindacale.
In base alla legge n. 382 del 1978, prosegue il Collegio rimettente, la
libertà di associazione è consentita fra soli militari, con il consenso
del Ministro, e risulta confinata in un "limbo funzionale"; vi è
infatti il divieto di assumere iniziative che possano avere carattere
sindacale, e sono altresì previsti controlli dell’autorità militare. Al
tempo stesso, gli organi rappresentativi hanno compiti propositivi e di
tutela nelle materie che attengono al rapporto di servizio, ivi
compresa la partecipazione alla concertazione interministeriale in
ordine al suo contenuto.
La legge n. 382 del 1978, pur negando ai militari la libertà sindacale,
riconosce loro facoltà tipiche di essa, devolvendole a specifici organi
che si pongono in "posizione collaborativa", e non antagonista,
rispetto all’autorità militare. Tuttavia gli organi di rappresentanza
non coprono l’arco delle possibili istanze collettive, come accade ad
esempio in materia di contenzioso; e soprattutto gli strumenti
predisposti sacrificano i principi della libertà di organizzazione e
del pluralismo sindacale, ammettendo la mera partecipazione dei
rappresentanti alla concertazione interministeriale, volta a
determinare il contenuto del rapporto di impiego, mentre per le forze
di polizia a ordinamento civile vale il più incisivo strumento
dell’accordo sindacale (a questo proposito l’ordinanza pone a confronto
le lettere A) e B) dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 195). Né potrebbe fondarsi l’esclusione della libertÃ
sindacale sull’esigenza di non indebolire la disciplina militare, le
cui norme regolatrici non subirebbero alcuna modifica; per cui si
richiama la sentenza n. 126 del 1985 al fine di sottolineare come non
vadano certo obliterate le esigenze di coesione dei corpi militari che
si esprimono nei valori della disciplina e della gerarchia, senza per
questo giustificare un eccesso di tutela a danno delle libertÃ
fondamentali e del carattere democratico dell’ordinamento militare.
2. — E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, che ha concluso per
l’infondatezza.
Considerando la specificità dell’istituzione militare, l’Avvocatura
osserva preliminarmente che il principio della libertÃ
sindacale non si può applicare integralmente al rapporto di lavoro dei
militari, perché in questo ambito rilevano altri principi
costituzionali, di pari rango. La legge n. 382 del 1978 istituisce
organi elettivi di rappresentanza articolati a vari livelli, ai quali
sono conferiti numerosi poteri di natura consultiva e promozionale; il
legislatore ha invero individuato, e assunto, un’accettabile soluzione
intermedia, tant’è che nel giudizio a quo - prosegue l’Avvocatura - non
si muovono specifiche doglianze, ma si prospetta la questione in
termini di astratto principio. Né si potrebbe richiamare l’art. 3 della
Costituzione con riguardo alla disparità tra Forze armate e Polizia,
giacché pure per quest’ultima il legislatore ha previsto una libertÃ
sindacale "controllata", che è seguita alla smilitarizzazione del
Corpo, operata dalla legge n. 121 del 1981. In ogni caso - così
conclude la difesa del Governo - non si può ipotizzare un’integrale
applicazione ai militari dello stesso quantum di libertà sindacale
riconosciuto alla Polizia di Stato. 3. — Si sono costituite in giudizio
le parti private, sostenendo la fondatezza della questione. In memoria,
esse sottolineano che le conclusioni cui giunge oggi il Consiglio di
Stato dimostrano come sia ormai superata la decisione 4 febbraio 1966,
n. 5, che affermò, ai sensi dell’art. 98, terzo comma, della
Costituzione, il divieto di iscrizione dei militari ai partiti
politici, estendendolo alle organizzazioni sindacali. L’attuale
ordinanza di rimessione prende dunque atto della diversità dei ruoli, e
rileva che nessuna delle organizzazioni maggiormente rappresentative a
livello nazionale trova proiezione in un singolo partito politico. Il
divieto di iscrizione ai partiti di alcune categorie di dipendenti
pubblici, sancito dalla norma costituzionale, deve perciò essere
applicato alla lettera, e l’istituzione di modelli alternativi (per
vero inadeguati) non soddisfa il diritto dei militari a godere della
libertà sindacale.
Per quanto attiene al rapporto d’impiego, la legge n. 382 prevede non
un confronto fra le parti, ma la semplice consultazione, sì che alla
carenza del diritto di sciopero si aggiunge l’impossibilità di
contrastare le determinazioni della parte pubblica. E mentre le
organizzazioni sindacali del personale della Polizia, seppur private
del diritto di sciopero, possono comunque respingere le proposte
negoziali della parte pubblica, medesima opportunità non è data alle
rappresentanze militari. Il sistema di tutela degli interessi
introdotto dalla legge del 1978 non garantisce, secondo le parti
private, alcuna libertà di organizzazione, né di proselitismo, perché
la rappresentanza militare resta vicenda interna all’apparato: i membri
di essa fanno parte delle istituzioni militari e percepiscono, in
occasione di ogni riunione, i compensi previsti dal d.P.R. n. 5 del
1956, essendo espletate nell’esercizio di funzioni istituzionali.
L’applicazione di tale modello organizzativo a qualsiasi altro settore
rievocherebbe i "sindacati gialli" artificialmente sostenuti dalle
classi imprenditoriali; la commistione di interessi fra datore di
lavoro e sindacati vietata dall’art. 17 dello Statuto dei lavoratori -
prosegue la memoria delle parti private - costituisce per il personale
militare la regola.
Il sistema di selezione dei rappresentanti militari esclude, poi, la
contrapposizione fra liste. Secondo l’art. 18 della legge n. 382, essi
sono eletti presso le unità di base mediante voto diretto, nominativo e
segreto. Gli eletti designano quindi i componenti degli organi
intermedi (COIR) e centrali (COCER): sistema, questo, che impedisce il
collegamento fra i candidati sulla base di un programma comune noto
agli elettori. I vari organi di rappresentanza, inoltre, non sono fra
loro coordinati in senso gerarchico, sì che il COCER, quale organo
centrale, non può esercitare alcun potere di indirizzo verso il COIR o
i COBAR. Ad avviso delle parti private, tale sistema non riflette il
principio di pluralismo sindacale, onde i membri dei singoli organismi
appaiono come monadi incapaci
di assicurare agli elettori che il loro voto sia coerentemente speso.
4. — In una memoria presentata nell’imminenza dell’udienza,
l’Avvocatura dello Stato ricorda che il "dovere militare" ha precisa
tutela costituzionale, come questa Corte ha sottolineato nella sentenza
n. 16 del 1973; e osserva che la legge n. 382 del 1978 è lo strumento
con cui il legislatore ha salvaguardato le ragioni funzionali delle
Forze armate e, al tempo stesso, ha dato attuazione al precetto
costituzionale secondo cui l’ordinamento militare "si informa allo
spirito democratico della Repubblica".
Le facoltà tipiche della libertà sindacale sarebbero, ad avviso
dell’Avvocatura, inconciliabili con i principi dell’ordinamento
militare, giacché il potere di autorganizzazione, ove riconosciuto,
darebbe vita ad accordi fra gli associati che non sembrano compatibili
con il rapporto gerarchico. Né varrebbe osservare che l’attivitÃ
sindacale si svolgerebbe al di fuori delle condizioni in cui, ai sensi
dell’art. 5 della legge n. 382, è applicabile il regolamento di
disciplina: i militari, ricorda l’Avvocatura, sono comunque tenuti
all’osservanza delle norme che concernono il giuramento prestato e il
grado. Verrebbe così intaccato il prestigio della figura del superiore
che partecipi a un’associazione presieduta da un subordinato; nel corso
delle attività sindacali i rapporti gerarchici si invertirebbero; e
anche se qui rilevano competenze diverse da quelle attinenti al
servizio, si determinerebbe comunque una confusione di ruoli.
Quanto all’attività negoziale, si nota che la posizione
dell’organizzazione sindacale è di contrapposizione a quella del
vertice dell’amministrazione: l’assunzione di un ruolo antagonista non
si concilierebbe con i doveri che derivano dal rapporto gerarchico e
dall’obbedienza, presupposti essenziali dell’efficienza militare. E
richiamata la decisione n. 5 del 1966, resa dal Consiglio di Stato in
adunanza plenaria, l’Avvocatura fa presente che la disciplina militare,
intesa quale regola fondamentale per i cittadini alle armi, come
fattore di coesione e di efficienza (art. 2 del d.P.R. 18 luglio 1986,
n. 545),verrebbe irrimediabilmente incisa dall’accoglimento della
questione. Si aggiunge, poi, che la natura di organismo interno del
COCER (l’organo centrale a carattere nazionale e interforze) e degli
organi intermedi e di base, è la più idonea a conciliare le istanze
rappresentative con la necessaria coesione delle Forze armate. D’altra
parte, anche i sindacati delle forze di polizia a ordinamento civile
incontrano significative limitazioni (artt. 82 e 83 della legge 1°
aprile 1981, n. 121), e non possono esercitare il diritto di sciopero
(art. 84 della legge citata). In ogni caso, il diverso status del
personale giustifica l’esistenza di due differenti sistemi.
Nella memoria si ricorda, infine, la disciplina presente negli
ordinamenti stranieri, e si rileva come in molti di essi siano previste
significative limitazioni (o addirittura l’esclusione) della libertÃ
sindacale per i militari.
Considerato in diritto 1. — La questione di legittimità costituzionale
sollevata dal Consiglio di Stato ha ad oggetto quella parte dell’art.
8, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio
sulla disciplina militare), che vieta agli appartenenti alle Forze
armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale
e, comunque, di aderire ad altre associazioni sindacali. Vi sarebbe
lesione degli artt. 39 e 52, terzo comma, della Costituzione, nonché
del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, dal momento che nella
Polizia di Stato - la quale svolge anch’essa un servizio essenziale -
sono ammessi i sindacati, sebbene in forme circoscritte dal
legislatore.
Il dubbio di legittimità costituzionale verte quindi sul mancato
riconoscimento della libertà sindacale in seno alle Forze armate:
questione che il Consiglio di Stato ritiene prioritaria, e preliminare,
rispetto a ulteriori specifici profili concernenti la composizione e il
funzionamento degli organi di rappresentanza istituiti dalla legge del 1978.
Secondo l’ordinanza di rimessione, l’art. 39 della Costituzione si
imporrebbe anche per gli appartenenti alle Forze armate, attesa la sua
valenza generale. Perché non sarebbe sufficiente la garanzia di alcune
singole facoltà , tipiche di detta libertà , non coprendo gli organi di
rappresentanza l’intero arco delle istanze collettive; e in ogni caso -
sottolinea il Consiglio di Stato - la legge del 1978 sacrifica la
libertà di organizzazione e il pluralismo sindacale.
Appare dunque chiaro che l’accoglimento della questione, come
prospettata, porterebbe alla cancellazione del divieto posto dalla
legge n. 382 del 1978: è questo il fine perseguito dal Collegio
rimettente, il quale invoca la piena estensione della libertÃ
sindacale, concepita sia come potere di costituire autonome
associazioni professionali - legittimate a farsi portatrici degli
interessi collettivi dei militari - sia come facoltà di adesione ad
associazioni già esistenti, sia come principio pluralistico di
concorrenza fra le associazioni stesse, fermo restando il divieto di
sciopero.
2. — La questione non è fondata.
L’ordinanza di rimessione fa leva sull’art. 39, letto in sistema con
l’art. 52, terzo comma, della Costituzione. E qui va innanzitutto
rilevato che manca nella prospettazione del Consiglio di Stato una
considerazione - pur limitata - delle esigenze di organizzazione,
coesione interna e massima operatività che distinguono le Forze armate
dalle altre strutture statali. Significativamente l’art. 52, terzo
comma, della Costituzione parla di "ordinamento delle Forze armate",
non per indicare una sua (inammissibile) estraneità all’ordinamento
generale dello Stato, ma per riassumere in tale formula l’assoluta
specialità della funzione. Coerentemente, questa Corte ha messo in luce
le esigenze funzionali e la peculiarità dell’ordinamento militare
(sentenze nn. 113 del 1997, 197 del 1994, 17 del 1991, ordinanza n. 396
del 1996), pur ribadendo più volte che la normativa non è avulsa dal
sistema generale delle garanzie costituzionali: nella sentenza n. 278
del 1987, in cui vi è l’eco dei risultati cui è pervenuta la dottrina,
la Corte ha infatti osservato che la Costituzione repubblicana supera
radicalmente la logica istituzionalistica dell’ordinamento militare,
giacché quest’ultimo deve essere ricondotto nell’ambito del generale
ordinamento statale "rispettoso e garante dei diritti sostanziali e
processuali di tutti i cittadini" (in senso analogo, v. altresì la
successiva sentenza n. 78 del 1989).
La garanzia dei diritti fondamentali di cui sono titolari i singoli
"cittadini militari" non recede quindi di fronte alle esigenze della
struttura militare; sì che meritano tutela anche le istanze collettive
degli appartenenti alle Forze armate (v. le sentenze, richiamate pure
dal Consiglio di Stato, nn. 24 del 1989 e 126 del 1985), al fine di
assicurare la conformità dell’ordinamento militare allo spirito
democratico. 3. — Il rilievo che la struttura militare non è un
ordinamento estraneo, ma costituisce un’articolazione dello Stato che
in esso vive, e ai cui valori costituzionali si informa attraverso gli
strumenti e le norme sopra menzionati, non consente tuttavia di
ritenere illegittimo il divieto posto dal legislatore per la
costituzione delle forme associative di tipo sindacale in ambito
militare. Se è fuori discussione, infatti, il riconoscimento ai singoli
militari dei diritti fondamentali, che loro competono al pari degli
altri cittadini della Repubblica, è pur vero che in questa materia non
si deve considerare soltanto il rapporto di impiego del militare con la
sua amministrazione e, quindi, l’insieme dei diritti e dei doveri che
lo contraddistinguono e delle garanzie (anche di ordine
giurisdizionale) apprestate dall’ordinamento. Qui rileva nel suo
carattere assorbente il servizio, reso in un ambito speciale come
quello militare (art. 52, primo e secondo comma, della Costituzione).
Orbene, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8,
nella parte denunciata, aprirebbe inevitabilmente la via a
organizzazioni la cui attività potrebbe risultare non compatibile con i
caratteri di coesione interna e neutralità dell’ordinamento militare.
D’altra parte, lo stesso Consiglio di Stato ammette che la legge n.
382, pur negando ai militari la libertà sindacale, conferisce loro
facoltà tipiche di essa per salvaguardare le istanze collettive. E
invero, l’ordinamento deve assicurare forme di salvaguardia dei diritti
fondamentali spettanti ai singoli militari quali cittadini, anche per
la tutela di interessi collettivi, ma non necessariamente attraverso il
riconoscimento di organizzazioni sindacali.
A tal proposito, questa Corte non può non ricordare che il legislatore
mostra attenzione verso le istanze avanzate dagli organi di
rappresentanza delle Forze armate con riguardo a una più compiuta
definizione degli spazi di intervento e di autonomia ad essi riservati;
del che costituisce testimonianza l’esame, da parte delle Camere, di
alcuni progetti di riforma della legge n. 382. E, certo, non a caso la
legge 28 luglio 1999, n. 266, all’art. 18 delega il Governo a emanare,
entro il 31 marzo 2000, un decreto legislativo che integri e corregga
il decreto legislativo n. 195 del 1995, prima citato a proposito della
procedura di concertazione, al fine di adeguarne il contenuto ai
principi desumibili dalle disposizioni di riforma della pubblica
amministrazione, che hanno successivamente trovato ingresso
nell’ordinamento, e di valorizzare gli organismi di rappresentanza per
quanto attiene al confronto sulle questioni che concernono il rapporto
d’impiego. 4. — Il Consiglio di Stato invoca l’art. 3 della
Costituzione, denunciando la disparità di trattamento fra gli
appartenenti alle Forze armate e quelli della Polizia di Stato, ai
quali il legislatore ha invero riconosciuto, per quanto entro precisi
limiti, la libertà sindacale, escludendo non solo il diritto di
sciopero, bensì anche le azioni che, effettuate durante il servizio,
possano pregiudicare le esigenze di tutela dell’ordine e della
sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria (artt. 82, 83,
84 della legge n. 121 del 1981). Osserva conclusivamente la Corte che -
perseguendo un delicato bilanciamento tra beni di rilievo
costituzionale - il legislatore ha sì riconosciuto una circoscritta
libertà sindacale, ma ciò ha disposto contestualmente alla
smilitarizzazione del corpo di polizia, il quale ha, oggi,
caratteristiche che lo differenziano nettamente dalle Forze armate. Non
può quindi invocarsi la comparazione con la Polizia di Stato per la
diversità delle situazioni poste a confronto, sì che pure la censura
mossa con riferimento all’art. 3 deve essere disattesa, al pari di
quelle riguardanti gli artt. 39 e 52, terzo comma, della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, primo comma, della
legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina
militare), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 39 e 52, terzo
comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, IV sezione, con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 13 dicembre 1999. F.to Giuliano VASSALLI, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1999. Il Direttore della
Cancelleria
F.to: DI PAOLA Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici. |