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Preoccupazione e critiche dell'opposizione per i tagli del Governo alla Difesa: rassegna stampa. PDF Stampa E-mail

I tagli del Governo al bilancio del Comparto Difesa e Sicurezza stanno suscitando grosse perplessità tra gli addetti del settore fortemente preoccupati per le prevedibili ripercussioni negative sia per il personale militare sia per la stessa efficienza delle Forze Armate e Forze dell'Ordine. Oltre alla prevedibile presa di posizione critica delle forze politiche di opposizione, segnaliamo numerosi interventi della stampa indipendente e specializzata che ha raccolto ed amplificato il grido di allarme del Comparto. Di seguito riportiamo alcuni degli interventi più significativi apparsi in questi giorni.

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SICUREZZA: DA VELTRONI APPELLO A GOVERNO, INVERTA LA MARCIA

(AGI) - Roma, 20 ott. - "Faccio un appello al governo: faccia una rapida inversione di marcia sui tagli al comparto sicurezza. E' necessario intervenire con urgenza. Spero che il governo cambi atteggiamento, altrimenti noi in Parlamento faremo tutto il possibile" per ottenere un ripensamento sul taglio di risorse.

Walter Veltroni chiude l'assemblea delle forze dell'ordine e di sicurezza e lancia un appello al governo Berlusconi, che prima "fa campagna sulla sicurezza e poi taglia risorse proprio a chi la deve garantire". Ma non e' solo questo il tasto dolente: Veltroni rimprovera l'esecutivo di non avere un progetto di riforma, mentre il Pd propone un progetto a lungo raggio: una consulta che svolga "un lavoro di lungo periodo, un lavoro serio, senza riflettori ma che miri alla ricerca di una soluzione, perche' c'e' da riformare il modello sicurezza, e bisogna farlo insieme".

Infine, il segretario del Pd mette in guardia dal pericolo che "la contraddizione tra la 'securizzazione del Paese' e la diminuzione di risorse e organico delle forze dell'ordine possa diventare esplosiva, anche per la grande attesa creata nei cittadini". Veltroni ricorda che "i dati reali sulla sicurezza sono ben diversi da quelli annunciati", si guardi al caso sbarchi di clandestini, "che sono aumentati". Insomma, conclude il leader Pd, "la difesa dell'ordine pubblico non si fa caricandola solo sulle spalle delle forze dell'ordine, ma anche attraverso politiche sociali". (AGI)

SICUREZZA: PD E SINDACATI, CON TAGLI SETTORE A RISCHIO

(AGI) - Roma, 20 ott - Tagli alla sicurezza per complessivi 100 milioni di euro circa. La denuncia arriva dal convegno "la sicurezza senza soldi" dove operatori delle forze di polizia e delle forze armate si sono confrontati con il Pd. "Sedici milioni circa in meno per gli straordinari; 16 milioni circa in meno per l'indennita' di ordine pubblico ( ad esempio il servizio allo stadio durante la partita ndr); circa un milione duecentomila euro in meno per missioni e trasferimenti; circa 4 milioni 200 mila euro in meno per la rete di trasmissione dati,; 6 milioni 200 mila euro in meno per gli armamenti e ancora: 3 milioni 470 mila euro in meno per il noleggio apparati e 7 milioni circa di euro sempre in meno per la manutenzione degli immobili, fra polizia e carabinieri, ma anche 13 milioni circa in meno per le spese telefoniche di carabinieri e polizia, cui si aggiungono altri 6 milioni 630 mila euro in meno destinati ad attrezzature varie". Tabelle della Finanziaria alla mano e' Giuseppe Tiani segretario generale del Siap, sindacato di polizia, a sciorinare le cifre e a precisare che si tratta di cifre "ancora sporche", da approfondire. Nell'incontro - a cui partecipa anche il segretario Walter Veltroni, insieme ai ministri del governo ombra Minniti, Tenaglia e Pinotti - la preoccupazione per i tagli al settore difesa e sicurezza viene ribadita a piu' voci.

L'Ugl, che ha gia' sottolineato come il 60% dei poliziotti vive con uno stipendio al di sotto dei 1200 euro, denuncia il ricorso sempre piu' frequente al credito al consumo, segnala una continuita' "perversa" negli ultimi dieci anni nella politica economica che riguarda il comparto sicurezza, esprime i suoi timori per i "tagli pesantissimi" e la mancanza di un disegno complessivo per il settore. In sala prendono la parola in diversi e c'e' chi della polizia penitenziaria non puo' non sottolineare: ci sono circa 57 mila detenuti nelle carceri italiane, ogni mese ne arrivano in media altri 1000, fra qualche tempo ci si trovera' a fronteggiare una situazione insostenibile, gli istituti esploderanno a fronte di una mancanza di personale dovuta al fatto che ogni 1000 pensionati all'anno delle fiamme azzurre ne vengono assunti circa 100.

Di "grande preoccupazione" parla anche il ministro dell'interno del governo ombra del Pd, Marco Minniti: "grande preoccupazione per un quadro che probabilmente non ha precendenti - sottolinea - Dopo 15 anni di una curca di impegno finanziario permanentemente calante, ci siamo trovati a inizio legislatura di fronte a un vero e proprio colpo di scure. C'e' bisogno di una correzione immediata perche' ci sono rischi molto seri per il settore sicurezza del Paese". Parla di sistema schizofrenico Minniti e dice: "da un lato la sicurezza viene propagandata come il primo impegno di questo governo, ma quando poi si tratta di affrontare le questioni concrete arriva un colpo senza precedenti" e il sistema rischia di collassare.

"Dicono tutti le stesse cose a proprosito delle promesse fatte dal Governo e dei risultati ottenuti", sottolinea la responsabile difesa del governo ombra del Pd, Roberta Pinotti, a proposito delle preoccupazioni espresse dai rappresentati delle forze di polizia esottolinea l'importanza per il Pd di lavorare insieme a tutti i lavoratori, a prescindere dalle appartenenze.(AGI)

SICUREZZA: VELTRONI, GOVERNO ASCOLTI E NON SIA AUTORITARIO

LEADER PD INCONTRA OPERATORI FORZE POLIZIA E FORZE ARMATE

(ANSA) - ROMA, 20 ott - Walter Veltroni lancia un ''appello'' al governo affinche' ''inverta'' la rotta in materia di risorse  per le forze dell'ordine, evitando tagli ad un settore gia' fortemente penalizzato, e ascoltando i rappresentanti di polizia e carabinieri perche' chi ''decide senza ascoltare nessuno, non e' decisionista, ma rischia solo di essere autoritario''.

''Faccio un appello al governo - ha detto il leader del Pd nel corso dell'assemblea degli operatori delle forze di polizia e delle forze armate organizzato dal partito democratico a palazzo Marini - perche' serve una inversione di tendenza. Spero che si cambi subito atteggiamento''.

''Mi auguro - ha aggiunto - che il riconoscimento della specificita' sia concreto e che ad esso corrispondano delle risorse'' e non solo ''chiacchiere''.

''Chi sta, non a chiacchiere, ad occuparsi della sicurezza dei cittadini - ha aggiunto il leader dell'opposizione - sa che il suo lavoro potrebbe essere molto minore se oltre alle politiche fatte con le manette, ci fossero anche delle politiche sociali volte a ridurre la dimensione delle cause della violenza e della delinquenza contro le quali occorre essere molto duri nel giudizio e nello scontare le pene. Bisogna garantire ai cittadini che chi sbaglia paga, ma occorre un respiro piu' ampio. Il cuore di questo respiro piu' ampio e' il fatto che voi, Forze armate e Forze dell'ordine, possiate lavorare come i vostri colleghi europei in condizioni tali da non renderlo un inferno''.

Veltroni ha definito la politica del governo in materia di sicurezza ''demagogia'': un ''paradosso'', ha aggiunto, che rischia di essere ''pericoloso''. Questa ''ondata di manette e di arresti'', ha sottolineato, ''puo' diventare esplosiva'' soprattutto per l'effetto che avra' sulle carceri. E cio', senza che vi sia un adeguamento delle risorse per le forze dell'ordine e per le guardie carcerarie. Per Veltroni, inoltre, oltre a piu' mezzi per la polizia e le forze armate, servono anche ''politiche sociali''.

Il leader del Pd ha criticato in particolare il fatto che il governo non abbia ascoltato i rappresentanti delle forze dell'ordine prima di procedere ad una riforma ''che non e' una riforma, ma una serie di tagli'' in Finanziaria: ''chi decide senza ascoltare nessuno, non e' decisionista, rischia solo di essere autoritario'', ha detto Veltroni.(ANSA).

Apc-Sicurezza/ Veltroni: Appello al governo, no tagli a forze ordine

Non bastano belle parole, servono risorse per specificità

Roma, 20 ott. (Apcom) - Walter Veltroni rivolge un "appello al governo" affinchè faccia "una rapida inversione di tendenza" e aumenti le risorse per le forze dell'ordine. Concludendo la
conferenza del Pd 'Sicurezza senza soldi', organizzata dall'Assemblea degli organismi delle Forze di polizia, delle forze armate, dei corpi di prevenzione e sicurezza, il segretario dei Democratici ha sottolineato che è ora di "dare un riconoscimento che non sia solo a parole alla 'specificità' di chi lavora in questo settore" e ha assicurato che il partito "farà tutto il necessario in Parlamento perchè il governo cambi atteggiamento e non faccia solo affermazioni di buoni sentimenti".

Durante l'incontro i rappresentanti delle Forze dell'ordine hanno accolto la proposta lanciata da Marco Minniti di istituire una Consulta nazionale. "E' in corso una grande securizzazione della società - ha detto Veltroni - si annunciano arresti per chiunque ma qualcuno deve fare questi arresti e qualcuno deve lavorare nelle carceri, ma a questa gigantesca ondata di manette corrisponde una riduzione delle risorse per Polizia, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, una contraddizione che può diventare esplosiva".

Il leader del Pd ha quindi criticato l'atteggiamento del governo che non ha proposto alle categorie una riforma ma soltanto introdotto tagli, come sulla scuola. "Bisogna smetterla di applicare la categoria dei fannulloni anche a voi" ha aggiunto rivolgendosi ai rappresentanti delle forze dell'ordine ai quali ha raccontato di aver "presentato alla Camera lo scorso luglio un ordine del giorno che impegna il governo ad incrementare le risorse per i rappresentanti della sicurezza, odg che è stato accolto dal governo ma poi non ha avuto alcun seguito nei successivi provvedimenti economici".

Infine Veltroni ha sottolineato come "la difesa dell'ordine pubblico non si fa solo caricandola sulle spalle di Polizia e Carabinieri ma anche con le politiche sociali per ridurre le cause di violenze e delinquenza".

SICUREZZA. VELTRONI: GOVERNO DEMAGOGICO, NON SI FA A CHIACCHIERE

(DIRE) Roma, 20 ott. - Il governo ha usato fino ad ora un "atteggiamento demagogico" sulla sicurezza, chiamando ad una "ondata di manette" senza assicurare risorse agli operatori. "Ora
faccia una rapida inversione di tendenza e dia risorse alle forze armate e alle forze dell'ordine". E' l'appello che il segretario del Pd Walter Veltroni rivolge all'esecutivo nel corso di un'iniziativa del partito con i rappresentanti dei lavoratori del comparto sicurezza.

Il governo ha "regalato 1 miliardo e mezzo di euro caricando i debiti di Alitalia sulle spalle degli italiani", ha investito "molti soldi sull'Ici", ma non "ha pensato di assicurare alla nostra polizia, ai nostri carabinieri, ai nostri soldati le risorse necessarie al funzionamento del comparto". In questo modo, aggiunge Veltroni, "si e' fatto come sul federalismo: dove a tante parole non sono seguiti impegni concreti".

E' necessario, invece, "che il governo riconosca davvero la specificita' del comparto sicurezza e questo non si fa a chiacchiere- conclude Veltroni- ma solo stanziando le risorse necessarie".

SICUREZZA. VELTRONI: GOVERNO DEMAGOGICO, NON SI FA A CHIACCHIERE

(DIRE) Roma, 20 ott. - Il governo ha usato fino ad ora un "atteggiamento demagogico" sulla sicurezza, chiamando ad una "ondata di manette" senza assicurare risorse agli operatori. "Ora
faccia una rapida inversione di tendenza e dia risorse alle forze armate e alle forze dell'ordine". E' l'appello che il segretario del Pd Walter Veltroni rivolge all'esecutivo nel corso di un'iniziativa del partito con i rappresentanti dei lavoratori del comparto sicurezza.

Il governo ha "regalato 1 miliardo e mezzo di euro caricando i debiti di Alitalia sulle spalle degli italiani", ha investito "molti soldi sull'Ici", ma non "ha pensato di assicurare alla nostra polizia, ai nostri carabinieri, ai nostri soldati le risorse necessarie al funzionamento del comparto". In questo modo, aggiunge Veltroni, "si e' fatto come sul federalismo: dove a tante parole non sono seguiti impegni concreti".

E' necessario, invece, "che il governo riconosca davvero la specificita' del comparto sicurezza e questo non si fa a chiacchiere- conclude Veltroni- ma solo stanziando le risorse necessarie".

SICUREZZA: VELTRONI, NON BASTA POLITICA DELLE MANETTE

DA GOVERNO SERVE INVERSIONE DI TENDENZA

Roma, 20 ott. - (Adnkronos) - ''Faccio un appello al governo: serve una inversione di tendenza. Spero che si cambi subito atteggiamento''. Walter Veltroni parla all'assemblea degli operatori delle forze di polizia e delle forze armate in corso a palazzo Marini questa sera. Il leader del Pd chiede all'esecutivo meno tagli e' piu' risorse per il comparto sicurezza. ''Mi auguro che il riconoscimento della specificita' -sottolinea- sia concreto e ad esso corrispondano ellde risorse'', altrimenti tutti rischia di essere solo ''chiacchiere''.

''Noi non vogliamo fare propaganda, ma badiamo alla sostanza -avverte il segretario dei Democratici- Chi sta, non a chiacchiere, adoccuparsi della sicurezza dei cittadini sa che il suo lavoro potrebbe essere molto minore se oltre alle politiche fatte con le manette, ci fossero anche delle politiche sociali volte a ridurre la dimensione delle cause della violenza e della delinquenza contro le quali occorreessere molto duri nel giudizio e nello scontare le pene. Bisogna garantire ai cittadini che chi sbaglia paga, ma occorre un respiro piu' ampio. Il cuore di questo respiro piu' ampio e' il fatto che voi,Forze armate e Forze dell'ordine, possiate lavorare come i vostri colleghi europei in condizioni tali da non renderlo un inferno''.

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Forze armate, non è ristrutturazione, è un terremoto
di Marco Ludovico da Il Sole 24 ore

Per le Forze Armate è una rivoluzione senza precedenti. Un riassetto pesante, con la chiusura di arsenali e caserme; la riduzione in quattro anni da 182mila a 141mila dei militari in totale tra Esercito, Marina e Aeronautica; il ridimensionamento di Stati maggiori e comandi; l'accentramento in una struttura unica della gestione amministrativa e logistica, ora ripartita per ogni forza armata.
Il piano di riordino è stato già tracciato alcuni giorni fa in un documento del Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Alla presenza del premier e dei ministri della Difesa, dell'Interno, dell'Economia e dello Sviluppo Economico, il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, ha ribadito le tesi sostenute in Parlamento il 23 luglio: con le misure previste a luglio dall'Economia, le Forze Armate si ridurranno a un mero erogatore di stipendi (si veda IlSole-24Ore del 22 agosto) e la diminuzione di capacità operativa sarà così forte da renderle in tre anni «sostanzialmente inutili». Poi, però, al Consiglio supremo il capo di Smd ha rilanciato: la situazione di crisi «va trasformata in un'opportunità da afferrare per una trasformazione radicale».
Un obiettivo che richiede «il tempo di una legislatura» tanto che, aggiunge l'alto ufficiale, «occorrerà una scelta oculata del mio successore» visto che il suo incarico ha durata biennale (ma è rinnovabile). Nel comunicato successivo alla riunione, il Consiglio ha sancito la necessità di un «piano per la profonda revisione delle strutture territoriali, amministrative e di supporto dell'area Difesa e per una coerente riqualificazione della spesa nei settori del personale, dell'esercizio e degli investimenti». Poi, il documento interno predisposto - verosimilmente con il contributo del consigliere militare del Colle, generale Rolando Mosca Moschini - in tre cartelle progetta una robusta ristrutturazione dell'attuale modello di Difesa.
Un'autentica rifondazione delle Forze armate. Si prevede una concentrazione di mezzi e sistemi in due-tre grandi strutture interforze. Una riduzione delle strutture permanenti all'estero. Una «effettiva e rapida alienazione» degli immobili. Per il personale, si parla di estensione dell'orario di servizio, di flessibilità d'impiego, addirittura di eliminazione dell'indennità di lavoro straordinario e dei recuperi. Ma anche di un ricorso massiccio all'obbligo di prepensionamento, così come previsto dalla manovra estiva, per favorire i nuovi reclutamenti. Si profilano anche soluzioni di stampo aziendale: come il ricorso alle sponsorizzazioni, la vendita di materiale mediatico e di reperti operativi; la trasformazione dei soggiorni militari in strutture in grado di produrre lucro o, come minimo, senza pesare sui bilanci.
Sul fronte degli investimenti, l'ipotesi in campo è di fare una parziale riconfigurazione del programma, in modo da limitarli ai progetti essenziali. In uno scenario finanziario particolarmente drastico, però, la soluzione potrebbe essere più severa: finalizzare cioè il programma - immagina il documento - soltanto alle operazioni correnti e ai futuri impegni concretamente prevedibili. E commisurare gli investimenti di più lungo periodo all'effettiva disponibilità di fondi specifici.
Un terremoto, insomma. Il documento precisa che quelli indicati vanno considerati come spunti per la qualificazione dello strumento militare in un quadro di ridotte disponibilità finanziarie. Di sicuro, la metà di quelle indicazioni basta da sola a sconvolgere gli equilibri attuali nelle Forze armate. Il processo può essere virtuoso - il ministero dell'Economia chiede da tempo la riduzione degli sprechi nel settore - ma anche traumatico.
Di certo, per ora, c'è l'annuncio del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, di un disegno di legge delega per il riordino del modello militare. Il processo di riordino, insomma, è già avviato. La bozza del Ddl già circola tra gli Stati maggiori, così come qualche malumore trattenuto a stento. La vera rivoluzione, però, avverrà con i decreti attuativi: i contenuti saranno, con ogni probabilità, definiti anche in base al documento del Consiglio supremo. L'allarme dei militari sugli effetti dei tagli, contenuto perfino nello stato di previsione della Difesa allegato al bilancio dello Stato, ora in discussione in Parlamento, sembra già svanito.

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Crisi, Tremonti e forze armate
di Claudio Buzzi da Pagine di Difesa

La devastante crisi economica che sta scatenandosi in questi ultimi mesi sta raggiungendo la fase più acuta. Gran parte degli esperti di economia appare sorpresa dalle dimensioni della crisi e dalla sua dinamica e l'impressione che se ne trae è di un drastico ridimensionamento dell'attendibilità, e quindi della capacità di fornire guida, di vasta parte dell'establishment economico e finanziario. Anche la classe politica appare colta di sorpresa ed è parsa agire con grande ritardo e senza una chiara direzione.
Questa non intende essere una introduzione all'approfondimento di questa crisi, che più che finanziaria rischia di diventare sistemica, bensì è solo lo spunto per segnalare un aspetto, forse del tutto marginale nel contesto della crisi, ma significativo da un punto di vista generale: la figura del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. In modo quasi univoco tutti i commentatori, dopo il suo intervento al Senato del 9 ottobre, gli attribuiscono un ruolo accresciuto e primario nella politica nazionale, quale unico uomo politico capace di fornire una visione complessiva della situazione e quindi candidato al ruolo di guida del Paese attraverso la tempesta economica.
Tuttavia, come non si vuole approfondire l'analisi economica della situazione, altrettanto fuori luogo sarebbe una analisi politica del ruolo del ministro Tremonti. Quello che si vuole sottolineare è, invece, l'importanza acquisita a posteriori dalle pubblicazioni e dalle posizioni teoriche che lo stesso ministro ha assunto negli anni precedenti, guadagnandosi critiche che appaiono oggi tanto più ridicole quanto più le stesse posizioni culturali e teoriche da lui proposte dimostrano la loro attualità, e attestano una capacità politica di orientamento e analisi capace di anticipare grandi temi.
Non si intende sostenere che le analisi proposte dal ministro fossero più o meno corrette e possano essere accettate acriticamente quali spiegazioni, e soluzioni, di quanto sta avvenendo. Al contrario quanto si vuole sostenere è che una chiara posizione teorica e culturale, e il coraggio di sostenerla anche davanti allo scetticismo dei più, garantisce oggi al ministro la naturale assunzione del ruolo di guida, una leadership naturale in una situazione tempestosa, un ruolo a cui ci si può innalzare quando si ha avuto la possibilità di illustrare con chiarezza il proprio retroterra culturale.
Si potrebbe parlare, riutilizzando metaforicamente concetti ampiamente utilizzati nel dibattito strategico contemporaneo, di un classico esempio di trionfo del ‘soft power' che permetterà al ministro Tremonti di assurgere a un ruolo di potere e influenza, l'hard power, mai raggiunto da alcun ministro del Tesoro in epoca repubblicana, neppure dall'allora ministro Ciampi.
Quanto esposto non va inteso quale una sorta di glorificazione ex-post di un uomo politico. Si vorrebbe invece suggerire alla classe politica, e specialmente a quei politici più direttamente legati al mondo della difesa e della politica estera in generale, l'avvio di un analogo dibattito circa il futuro della difesa italiana europea, lo scenario strategico e la sua evoluzione. Un dibattito aperto a spunti provenienti dall'ampio panorama mondiale, un dibattito che potesse volare alto e far scorrere un po' di inchiostro.
Il ministro Tremonti è prima di tutto un politico, ma ciononostante ha corso il rischio di esporre tesi controverse, all'epoca addirittura ritenute antistoriche e ora ne raccoglie il frutto. In Italia il dibattito strategico è quasi inesistente e, a livello politico, in quasi nessuna occasione riesce a salire oltre il tono della retorica più trita e scontata. Dall'omaggio alle forze dell'ordine fino alla fedeltà atlantica.
Eppure l'avvio di questa discussione, politicamente impegnativa ma altrettanto potenzialmente capace di garantire un ruolo di grande visibilità, è urgente. Perché un'altra crisi è imminente e inevitabile, per alcuni versi strettamente connessa con collasso dell'assetto finanziario: la crisi dell'assetto strategico scaturito dal crollo del muro di Berlino e la ricerca di nuove forme di interpretazione del mondo circostante, delle minacce e delle potenzialità.
Per avere un esempio del tipo di discussione a cui si fa riferimento, non bisogna fare altro che guardare a quanto sta emergendo negli Stati Uniti e al ruolo che sta ricoprendo con sempre maggior riscontro il segretario alla Difesa Robert Gates. Da quando ha assunto il suo incarico Gates, attraverso una lunga serie di discorsi pubblici e decisioni politiche significative, ha contribuito in modo sostanziale al fiorire del dibattito strategico e teorico negli Stati Uniti incoraggiando e stimolando la circolazione delle idee, la discussione anche, anzi soprattutto, all'interno delle forze armate.
Quando la crisi finanziaria in atto verrà ad abbattersi inevitabilmente sull'economia reale e sui bilanci statali, le attuali politiche della difesa ne verranno sconvolte. I costi operativi delle missioni in corso cominceranno ad apparire sempre più insostenibili, soprattutto a fronte di strategie oscure e confuse, i programmi di ammodernamento saranno sicuramente tagliati e le forze armate contratte.
L'inevitabile shock riguarderà tutto il mondo della difesa, ma senza dubbio potrebbe intaccare anche la più vasta opinione pubblica. Se fosse preceduto da un coraggioso dibattito e da qualche presa di posizione, non solo politica ma anche culturale e dottrinaria e quindi più rischiosa, si aprirebbe lo spazio per una transizione più cosciente e per una chiara leadership, capace di infondere fiducia nel futuro e dare più senso agli inevitabili sacrifici.
Chet Richards, uno dei seguaci più conosciuti di John Boyd, ha pubblicato in questi giorni un articolo richiamando l'attenzione su come il mondo economico nel suo complesso appaia completamente in balia della situazione e, utilizzando l'Ooda loop - uno dei concetti più conosciuti tra quelli teorizzati da Boyd - descrive come il conformismo culturale, frutto di 28 anni di liberismo ideologico, abbia portato ad annullare completamente il rapporto tra osservazione e orientamento nell'Ooda loop della classe dirigente.
Senza l'apertura mentale che solo il libero dibattito garantisce, anche nel mondo della difesa si rischia lo stesso risultato. Qualora si assistesse al ritiro dell'Occidente dall'Afghanistan o alla perdita di credibilità dello stato di fronte a una criminalità capace di ridicolizzare i militari dispiegati, la sensazione di disorientamento sarebbe fortissima e - come Boyd spiega - al disorientamento segue la disgregazione e il caos.
Si è volutamente provocatori ma, in assenza di confronto e rimanendo legati alle facili dichiarazioni da agenzia stampa, senza lasciare campo aperto ai tanti, soprattutto con le stellette, che hanno esperienze e preparazione tali da assicurare un contributo significativo, ci si condanna a una posizione di secondo piano, a lasciare che il mondo della difesa venga trasformato indirettamente, da chi la sua leadership politica e culturale se la è già guadagnata superando la paura di affrontare il rischio politico di un dibattito culturale: il ministro Tremonti.

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Tagli alla Difesa: meno truppe e meno soldi per l'Esercito
di Andrea Gaiani da Panorama

Dopo anni di dibattiti sulle scarse risorse assegnate al Bilancio della Difesa proprio nel momento in cui i nostri militari vengono costantemente impiegati in operazioni oltremare e sul territorio nazionale, Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Capo dello Stato, Giorgio Napoletano, ha messo a punto un ampio pisano di ristrutturazione delle Forze Armate che prevede drastici tagli alle nostre forze armate.
Nei prossimi quattro anni i 190.000 militari italiani verranno ridotti a 141.000 con un taglio significativo a comandi, unità territoriali, scuole e altre strutture non operative e l'accentramento di molte competenze logistiche e amministrative, oggi presenti in ogni forza armata, in un unico sistema interforze. Per non impedire il ricambio e l'arruolamento di giovani reclute i massicci esuberi nel personale militare in servizio verranno risolti con ampi prepensionamenti. Del resto, con un bilancio per la Funzione Difesa inferiore all'1 per cento del Pil (contro una media europea dell'1,42 e una richiesta della Nato agli stati membri di stanziamenti pari al 2 per cento) non è più possibile mantenere forze militari che hanno una consistenza superiore a quelle britanniche che possono però contare sul triplo delle risorse finanziarie. Anche per questo con 190.000 militari in servizio l'Italia non è in grado di impiegarne nelle operazioni all'estero più di 10.000 e il ministro della Difesa, Ignazio La Russa , ha già annunciato che probabilmente alcune missioni oltremare verranno tagliate salvaguardando e più importanti in Libano e Afghanistan.
A subire la maggiore riduzione sarà, l'Esercito che entro il 2012 scenderà da 112mila a 71.500 soldati, poco più della stessa consistenza di Aeronautica e Marina messe assieme. Il bilancio della Difesa per il 2009, che verrà presto discusso in Parlamento, prevede lo stanziamento di 20,294 miliardi di euro, cioè 838,1 milioni in meno rispetto al 2008. Ma questa voce include anche i fondi assegnati ai carabinieri mentre le risorse assegnate effettivamente alle forze armate sono quelle della Funzione Difesa, che prevede l'anno prossimo 14,3 miliardi di euro contro i 15,4 del 2008.
Una riduzione del 6,9 per cento che comporterà forti tagli alle esercitazioni, alle ore di volo dei velivoli e di moto per le navi ma anche agli investimenti per acquisire nuovi equipaggiamenti e armi. In aumento solo la voce retribuzioni che raggiunge il 66,7 per cento del totale dei fondi assegnati alle forze armate.
Proprio per riportare equilibrio e impedire che la Difesa diventi solo un pagatore di stipendi è stata pianificata una robusta riduzione degli organici che nei prossimi anni dovrebbero consentire di aumentare le risorse per addestrare ed equipaggiare i reparti pur senza aumentare il bilancio complessivo della Difesa.

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Finanziaria, quando le forze armate sono un peso
di Giovanni Martinelli da Pagine di Difesa

L'appuntamento con la legge finanziaria per l'anno 2009, e di conseguenza con Stato di previsione del ministero della Difesa, era attesa con una certa impazienza - ma anche con una certa rassegnazione - dagli addetti al settore. Le ragioni sono note: a fronte di alcuni propositi iniziali di elevare le spese per il comparto, ci si era dovuti confrontare ben presto con i provvedimenti contenuti nella manovra economica (decreto legge 112) approvata nello scorso agosto.
Tali provvedimenti prevedono una serie di pesanti tagli per le forze armate, con i settori dell'esercizio e dell'investimento che si trasformano - ancora una volta - nei bersagli preferiti; l'ammontare complessivo di questi tagli, per i tre anni coperti dagli effetti della manovra stessa, è pari a oltre 2,4 miliardi di euro.
Cifre importanti dunque, confermate da quelle contenute nello Stato di previsione del ministero per l'anno 2009; per la funzione Difesa sono infatti previsti 14.339,5 milioni di euro, da suddividere a loro volta in 9.566,3 milioni per il personale, 1.887,9 milioni per l'esercizio e 2.885,3 milioni per l'investimento. Il confronto con i fondi stanziati nel 2008 è impietoso con rispettivamente, 15.408,3, 9.110,1, 2.663,2 e 3.635 milioni di euro. Ciò vuol dire che l'intera funzione Difesa subisce un taglio di poco meno del 7%, laddove il primo capitolo di spesa aumenta ancora del 5%, il secondo diminuisce di oltre il 29% e il terzo di quasi il 21%, e anche il rapporto con il Pil subisce un netto calo, passando dallo 0,97 allo 0,87%.
E senza dimenticare che il confronto avviene in termini monetari, se si adottasse quello in termini costanti - cioè depurato dell'inflazione - le differenze risulterebbero ancor più sensibili, e che sono stati tagliati anche quei fondi del ministero dello Sviluppo Economico che contribuiscono all'avvio e/o prosecuzione di importanti programmi di investimento.
Per una maggiore completezza d'informazione, si tenga poi conto che le richieste dello stato maggiore della Difesa, sempre per il prossimo anno, erano pari a circa 17,1 miliardi di euro, da suddividere in 9,7, 3,4 e 4 miliardi di euro per vari capitoli di spesa.
Non occorre certo essere particolarmente abili con la matematica per comprendere che quella a cui ci troviamo di fronte è una pesante battuta di arresto a quel tentativo - sia pur lento e incompleto ma pur sempre prezioso attuato negli ultimi due anni - di ridare un certo livello di risorse al nostro strumento militare e al tempo stesso una loro più corretta ripartizione.
Infatti, a fronte del parziale recupero verso l'obbiettivo minimo di un'equa ripartizione tra le spese per il personale da una parte e quelle per l'esercizio più l'investimento dall'altra, manifestatosi sempre nel corso degli ultimi due anni, ecco che la tendenza torna a invertirsi nuovamente. Laddove si era passati dal 72 e 28% (15 più 13%) del 2006, al 59 e 41% (17 più 24%) di quest'anno, per il 2009 si raggiungerà il 67% per il personale e appena il 23% (13 più 20%) per l'esercizio e l'investimento, accentuando quello squilibrio che costituisce uno dei mali più gravi del nostro strumento militare.
E sempre in tema di numeri, vale la pena di ricordare anche come quello 0,87% del Pil non faccia altro che aumentare il divario con gli altri Paesi, visto che le medie di tale rapporto percentuale in ambito Nato e Ue sono pari a oltre l'1,5 e l'1,4%. Differenze che contribuiscono a chiarire come il livello di spesa per le forze armate dell'Italia sia - in maniera chiara e incontrovertibile - nettamente più basso: circa il 40% in meno.
Del resto, che la situazione sia oggettivamente preoccupante lo dimostrano anche la diffusione di alcuni stralci della relazione 2008 sullo stato della spesa e dell'efficienza delle forze armate. Aggiornata ai primi mesi di quest'anno, segnala come le limitate risorse degli ultimi esercizi abbiano imposto di concentrare gli sforzi nel campo della formazione e del'addestramento ai soli reparti destinati alle missioni all'estero. Il livello addestrativo complessivo è sceso quindi, secondo quanto indicato in tale relazione, al disotto dei livelli di guardia. Il gap in termini di risorse economiche, anche in relazione alla manutenzione delle infrastrutture e dei sistemi d'arma, è stimato in quasi 4 miliardi di euro.
Situazione destinata a peggiorare ulteriormente, visto che il numero di esercitazioni per l'Esercito, le ore di moto per la Marina e quelle di volo per l'Aeronautica si ridurranno nel 2009 di una quantità variabile tra la metà e i due terzi. In assenza di interventi correttivi, a partire dal 2012, non sarà neanche più possibile garantire un'adeguata manutenzione, e quindi l'efficienza, dei sistemi d'arma, con grave pregiudizio per l'efficacia operativa dello strumento militare, l'impossibilità di assolvere i compiti assegnati e comunque diminuendo i margini di sicurezza nell'impiego dei militari stessi.
Situazione analoga a quella del settore dell'investimento, il cui deficit di disponibilità determinerà un forte rallentamento nel rinnovamento dei mezzi e dei sistemi d'arma e soprattutto il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Nato e dall'Ue.
A confermare l'illogicità delle politiche di difesa e di sicurezza dell'attuale Governo, giunge poi una norma contenuta nello stesso decreto legge 112: sulla base di quanto da essa previsto, le risorse destinate a sostenere il processo di professionalizzazione delle forze armate subiranno una riduzione del 7% nel 2009 (meno 50 milioni di euro) e addirittura del 40% (meno 304 milioni) dal 2010.
I reclutamenti saranno così destinati a diventare pressoché nulli nel 2010 e per almeno 5-6 anni si avrebbe una sospensione del sistema scolastico delle forze armate, con conseguente inattività del relativo personale. In pochi anni, inoltre, si provocherebbe un invecchiamento dello strumento militare, con l'interruzione del processo di approntamento del personale.
Tradotto in numeri, secondo l'elaborazione dello stato maggiore della Difesa, tale taglio produrrebbe alla fine del 2012 una consistenza complessiva delle forze armate di sole 141mila unità, con appena 45mila volontari di truppa. Verrebbe così a esasperarsi un altro loro grande problema: lo squilibrio fra le varie categorie di personale che, com'è noto, vede già oggi una netta eccedenza di ufficiali e marescialli rispetto a una grave carenza di sergenti e volontari di truppa.
In questo contesto, si moltiplicano i segnali di un prossimo intervento sulla struttura e sull'organizzazione delle forze armate. Preannunciato dal ministro della Difesa sotto forma di una legge-delega al Governo e avallato dal consiglio supremo di Difesa del 2 ottobre scorso, esso prevedrebbe (cfr. M.Ludovico ‘Forze armate, non è ristrutturazione, è un terremoto') una serie di interventi profondi, alcuni più che condivisibili, altri decisamente meno e altri ancora tali da rendere perfettamente l'idea di quanto difficile sia la situazione.
Tra i primi troviamo il ridimensionamento degli stati maggiori, dei comandi e delle strutture di supporto delle forze armate, con conseguente riorganizzazione dell'area logistica e tecnico-amministrativa dell'intero comparto Difesa: la concentrazione di uomini e mezzi in grandi strutture interforze con conseguente chiusura di arsenali, basi, installazioni e stabilimenti e quindi alienazione di proprietà della Difesa; una più spinta informatizzazione; l'estensione dell'orario operativo; una maggiore flessibilità d'impiego del personale; e sempre a proposito di quest'ultimo, il ricorso al prepensionamento del personale anziano, al fine di agevolare l'inserimento di quello più giovane.
Perplessità invece le desta l'ipotesi di una diminuzione, se non una cancellazione, dell'outsourcing: impiegare i militari in servizi non strettamente collegati con l'impiego operativo, finisce con il drenare personale prezioso. E infine, le proposte relative all'acquisizione di risorse finanziarie attraverso una serie di iniziative tra le più varie, per quanto utili, appaiono quasi ‘disperate'.
Nessun cenno invece sull'impatto di tale riforma sul modello a 190mila uomini, peraltro già defunto nei fatti. A questo proposito è da rilevare come, dati alla mano, la contrazione degli organici garantisca risparmi comunque largamente inferiori a quei deficit che si registrano nei settori dell'esercizio e dell'investimento.
Ora, per quanto profonda possa essere una tale ristrutturazione delle forze armate, occorre rilevare come essa, di per sé, non sia certo in grado di risolvere tutti problemi. Al centro di ogni ragionamento deve essere infatti posto il nodo del flusso di risorse che - adeguato, certo e costante nel tempo - dovrebbe garantire un'adeguata pianificazione in un altrettanto adeguato orizzonte temporale; invece, con le risorse stanziate per almeno i prossimi tre anni, il rischio connesso a una tale riforma è quello di avere delle forze armate solo più piccole, senza alcun particolare beneficio sulle loro capacità operative. Il tutto cioè al solo fine di garantire loro una forma minima di sopravvivenza.
Ma forze armate più piccole significano anche un Paese più piccolo; un Paese che dovrà diminuire il proprio impegno all'estero, che non sarà in grado rispettare taluni obblighi assunti nell'ambito delle organizzazioni internazionali (Nato, Ue e Onu) di cui facciamo parte, e che vedrà crescere le difficoltà per le forze armate stesse a integrarsi nei dispositivi multinazionali.
Un'Italia che in definitiva corre il rischio di avere un minore peso politico in tali organizzazioni, una minore libertà d'azione e una minore forza laddove ci sia da esprimere una propria opinione o da rivendicare un proprio diritto. In sintesi, se parlare di uscita dalla comunità internazionale o di limitazione della sovranità nazionale può anche sembrare eccessivo, ciò nondimeno è evidente che i rischi di una marginalizzazione sono reali e concreti. Una marginalizzazione pericolosa, soprattutto laddove si consideri che di ‘leve' efficaci a nostra disposizione per incidere sulle grandi decisioni internazionali non ve ne sono molte; anzi...

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FORZE ARMATE: SI PREPARA LA SHOAH

Shoa (traslitterato anche Shoah o Sho'ah), che in lingua ebraica significa "distruzione" (o "desolazione", o "calamità", con il senso di una sciagura improvvisa, inaspettata, è un'altra parola utilizzata per riferirsi all'Olocausto.

Tuttavia, quello che sta capitando alle Forze Armate di questo Paese, non ha nulla di improvviso ed inaspettato, ma la catastrofe, quella, si sta materializzando in tutta la sua crudeltà.

Ci riferiamo, ovviamente, alle misure contenute in un documento tracciato alcuni giorni fa dal Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla presenza del premier e dei ministri della Difesa, dell'Interno, dell'Economia e dello Sviluppo Economico, e del capo di Stato maggiore della Difesa. Mai nulla di simile si era visto nella storia repubblicana dal dopoguerra fino ai giorni nostri, ma cominciamo con l'elencare le principali misure:

  • Concentrazione mezzi e sistemi e relative capacità manutentive in 2-3 grandi strutture interforze
  • Forte ridimensionamento di Stati maggiori, comandi e strutture di supporto amministrativo
  • Riduzione delle strutture permanenti all'estero
  • Chiusura di arsenali e stabilimenti della Difesa
  • Effettiva e rapida alienazione del parco immobili della difesa
  • Profonda riorganizzazione strutturale dell'Area tecnico-amministrativa della Difesa
  • Acquisizione diretta di entrate finanziarie diverse da quelle pubbliche da parte delle strutture organizzative: sponsorizzazioni, eventi addestrativi mediatizzati, pubblicazioni, vendita di materiale mediatico, partecipazione a convegni, studi e consulenze tecniche
  • Spinta all'informatizzazione con apertura diretta al pubblico via internet delle strutture amministrative, documentali, per il trattamento economico, la gestione e la selezione del personale
  • Estensione dell'orario di servizio, flessibilità di impiego per esercitazioni ed attività operative, eliminazione dell'indennità di lavoro straordinario e dei recuperi
  • Concorsi e prestazioni da parte della Difesa a favore di altre amministrazioni
  • Minimizzazione delle cerimonie militari e accorpamento con attività addestrative
  • Ridimensionamento ed eventuale cancellazione dell'outsourcing
  • Trasformazione dei soggiorni militari in strutture generatrici di entrate o non onerose per la Difesa
  • Piena utilizzazione dell'obbligo di prepensionamento previsto dalla recente normativa per il "deflusso" del personale anziano non più proficuamente impiegato.

La prima domanda che sorge dalla lettura dei provvedimenti allo studio è: perché?

Perché questo accanimento contro le Forze Armate, che pure stanno dando un contributo decisivo per la risoluzione di diverse problematiche del nostro disastrato Paese? Perché colpire proprio quegli uomini e quelle donne che rischiano la vita - e qualche volta la perdono - nei teatri internazionali?

Azzardiamo una ipotesi: tutti sono al corrente del recente disastro che ha coinvolto la nostra compagnia di bandiera, l'Alitalia, e molti sapranno che il premier Berlusconi e gli attuali esponenti della maggioranza ne hanno fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale, esattamente come per la questione sicurezza, quest'ultima risolta (sic!) dal governo attualmente in carica con una raffica di tagli senza precedenti che hanno fatto dichiarare al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Camporini, che di questo passo le FF.AA. si ridurranno ad un semplice ente erogatore di stipendi.

Ma torniamo all'Alitalia.

Da uno studio fatto dall'Istituto Bruno Leoni riportato dall'Economist , il prezzo del patriottismo berlusconiano costerà ai contribuenti italiani qualcosa come 5 miliardi di euro. Dove reperire questa colossale somma di danaro senza suscitare l'ira del cittadino-elettore già alle prese con una congiuntura finanziara che sta decimando i risparmi?

Ecco la brillante soluzione! Tagliamo i fondi alle Forze Armate!

Ma certo, come non averci pensato prima. Nessun sindacato che tutela i cittadini in uniforme, nessun rischio di sciopero generale, dirigenti con le tasche gonfie che con pugno di ferro tengono salda la disciplina......e il gioco è fatto. E pazienza se i militari si ritroveranno a lavorare 12-14-16-20  ore al giorno (come fanno anche adesso) senza straordinario o recuperi compensativi. E pazienza se la cancellazione dell'outsourcing comporterà nuove incombenze agli uomini in uniforme (pulizie, vigilanza ecc.), ma tanto senza lo straordinario e senza i recuperi e, soprattutto, senza nessuno che tuteli i loro interessi, posso fare questo ed altro. In fondo il loro contratto parla chiaro, che diamine:

Doveri attinenti al giuramento

1.     Con il giuramento il militare di ogni grado s'impegna solennemente ad operare per l'assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina ed onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione, senza risparmio di energie fisiche, morali ed intellettuali affrontando, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita.

A pensarci bene, quando si prevede il "Concorso e prestazioni da parte della Difesa a favore di altre amministrazioni", potremo destinare i militari a fare tutto quello che il governo ordinerà: magari anche per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina.

Il piano è geniale: mandiamo a casa senza uno straccio di benefit chi ha già maturato i 40 anni contributivi, reclutiamo nuove leve - tanto al sud la domanda è inesauribile - a cui elemosiniamo uno stipendio da fame, senza straordinario (magari diminuendo il periodo delle ferie, per aumentare ulteriormente la produttività), e tutti i cittadini-elettori saranno contenti. Alitalia vola, il governo Berlusconi ci fa un figurone e... i militari pagano.

Siamo quindi in presenza di misure che vanno a ledere i diritti più elementari dei lavoratori, senza che peraltro venga riconosciuta all'intero comparto, già fortemente penalizzato nei confronti degli altri pubblici dipendenti, quella che in gergo viene chiamata specificità. E' notizia risaputa infatti, che il ministro Tremonti ha pronunciato il suo nein sull'emendamento approvato in commissione Lavoro.

Quindi ricapitoliamo:

nessuna specificità: forse al Cocer Carabinieri che ha esultato pubblicamente è bastato un invito a cena a palazzo Grazioli e qualche pacca sulla spalla del premier per autoconvincersi della bontà dell'azione governativa

estensione dell'orario di servizio: senza ovviamente prevedere alcun tipo di riconoscimento economico-normativo, ma quelle sono cose che si concedono a cittadini "normali", normalmente tutelati.

cancellazione dello straordinario e persino dei recuperi compensativi: dopo tanta indignazione verso i cinesi che copiano i nostri prodotti, finalmente una rivalsa. I nostri militari copieranno lo stile lavorativo dei cinesi!

Concorsi e prestazioni da parte della Difesa a favore di altre amministrazioni: prepariamoci a vedere i militari impiegati come i condannati ai lavori forzati. Come ha intenzione di impiegare il governo questa massa di lavoratori che si ridurranno all'ozio per mancanza di fondi? Forse vedremo militari dediti alla costruzione di infrastrutture faraoniche per la gloria del cavaliere? O magari sparpagliati a pioggia sulle altre amministrazioni dello Stato sotto la voce "personale di fatica"?

Gli scenari sono molteplici e la creatività degli esponenti del governo, lo sappiamo, non ha limiti.

I militari insomma, dopo decenni di mortificazioni perché esclusi in ragione del loro "speciale status" da ogni forma di salvaguardia sociale prevista per i normali cittadini, si ritroveranno al limite della condizione umana, quasi al livello delle bestie da soma, che lavorano finché il padrone non dice basta, e magari dovranno ringraziare per i magri compensi ricevuti in cambio, necessari per sopravvivere.

Qualcuno parlava di "dittatura dolce". Io tutta questa dolcezza proprio non la vedo......

di Giuseppe PARADISO da GrNet

 
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