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Finanziaria 2008, luci e ombre per la Difesa. PDF Stampa E-mail

Finanziaria 2008, luci e ombre per la Difesa


di Giovanni Martinelli da Pagine di Difesa

Come da tradizione, l’analisi sui fondi destinati alle Forze armate si presenta come un esercizio non facile in quanto allo stato di previsione del ministero della Difesa - la tabella 12 - contenuto nella Legge di bilancio, si sommano i provvedimenti contenuti all’interno della stessa Legge finanziaria. E in questo senso, quanto predisposto per il 2008 non fa eccezione. Fermo restando poi, che le cifre di seguito fornite potrebbero anche subire qualche variazione - comunque di lieve entità - prima dell’approvazione definitiva.

Procediamo con ordine; la tabella 12 destina per il prossimo anno alla funzione Difesa la somma di 15.223,9 milioni di euro, con un aumento di 775 milioni di euro rispetto al bilancio previsionale del 2007, pari a un più 5,4%. Scendendo nel dettaglio delle tre principali voci di spesa, si scopre che il personale riceve 9.080 milioni di euro (più 260 milioni e più 2,9%), l’esercizio arriva a 2.515 milioni (più 158 milioni e più 6,7%) e infine l’investimento passa a quasi 3.629 (più 356 e più 10,9%). Poco più di 15 miliardi di euro quindi, pari allo 0,948% del Pil e perciò solo marginalmente superiore al dato di 0,938% relativo al 2007.

In termini di ripartizione percentuale tra i capitoli di spesa, si ricava che il primo assorbe quasi il 60% delle risorse totali, mentre i secondi due pesano poco più del 16,5% e quasi il 24%, per un totale appena superiore al 40%. Di fronte all’obbiettivo minimo di un’eguale suddivisione tra il primo capitolo e gli altri due, per non parlare di quello ottimale indicato in un 40/60, appare evidente come la strada da percorrere sia ancora lunga. In tal senso occorre notare come i progressi rispetto al 2007 siano stati piuttosto limitati, dato che nell’anno passato il personale pesava per il 61%, con esercizio e investimento attestati al 39%.

Di più, il valore del rapporto percentuale tra funzione difesa e Pil è ancora abbondantemente inferiore non solo a quello indicato nella nota aggiuntiva come necessario per sostenere adeguatamente il modello a 190mila uomini, pari all’1,3% del Pil stesso, ma anche a quello medio di Nato ed Ue. Situazione del resto analoga a quella che si riscontra prendendo in esame altri parametri di confronto, quali la spesa per la Difesa pro-capite o il Per soldier spending (Pss), il rapporto tra le spese per la Difesa e il numero di militari in servizio; in tutti questi casi, la differenza in negativo con i valori medi che si registrano in tali ambiti si posiziona intorno al 50%. Non solo, a dimostrazione dello squilibrio fra le componenti di spesa, si consideri che per il Per soldier investment (Psi), il rapporto tra spese sostenute per esercizio e investimento rispetto al numero di militari, il differenziale negativo supera il 75%.

Una volta esaurito il tema della Legge di bilancio, si può procedere con i provvedimenti contenuti in quella finanziaria. Gli articoli di maggior interesse sono il 34, il 57 e il 148. Per quanto riguarda il primo, i commi due e tre - sull’uno torneremo più avanti - destinano rispettivamente 140 milioni di euro per l’esercizio, soldi che si aggiungono a quelli stanziati con un apposito fondo creato con la scorsa finanziaria che destinava risorse aggiuntive per quest’anno, il prossimo e il 2009 (e che peraltro è già inserito nel bilancio di previsione della Difesa, al pari dell’analogo provvedimento per l’investimento), e 20 milioni di euro per la ristrutturazione degli arsenali e degli stabilimenti militari.

L’articolo 57 si presenta più corposo; con i tre commi approvati si stanziano risorse addizionali per diversi programmi di notevole importanza. In particolare, nel primo ci sono 770 milioni di euro in 15 anni per una prima tranche di M-346, per alcuni Eh-101 per Marina e Aeronautica, per il Soldato futuro, per il Sicral 2. Con il secondo vengono messi a disposizione 3.904 milioni in cinque anni per la continuazione del programma Eurofighter e, infine, con il terzo tornano i 770 milioni in 15 anni per le Fremm e il Vbm Freccia. Viene peraltro precisato che le cifre stanziate non copriranno il costo totale di tali programmi che quindi dovranno poter disporre di ulteriori finanziamenti.

Dall’analisi di questi dati emerge che se da un lato il capitolo degli investimenti gode di un livello di risorse che, ancorché non ottimale, può essere visto con relativa tranquillità, non altrettanto si può dire per quello dell’esercizio. Non per niente il ministro della Difesa, in più di un’occasione, si è lamentato pubblicamente di una situazione prossima alla soglia di un’irreversibile inefficienza. E ciò per diversi motivi: per i tagli operati nella scorsa legislatura, si pensi che nel 2006 si era arrivati a disporre di appena 1.837 milioni di euro per l’esercizio (e appena 1.511 per l’investimento), per il taglio di circa 700 milioni di euro rispetto alla richiesta iniziale del ministero della Difesa, per la manifesta inadeguatezza del fondo per le missioni all’estero che, coprendo solo le spese vive, non concede alcun margine per ulteriori interventi utili a rimediare all’usura imposta da tali missioni.

Ma succede anche per il paradossale effetto di quanto previsto sia dalla finanziaria per il 2007 che da quella per il 2008; sulla base di una serie di tagli che colpiscono i consumi intermedi dei ministeri - oltre all’effetto di misure che non prevedono una certezza delle entrate e che riguardano, sia pure in misura inferiore, anche l’investimento - accade che proprio le risorse destinate all’esercizio siano intaccate in maniera pesante. In totale, quasi 650 milioni di euro in meno, quasi a tutti a carico di questo capitolo di spesa. Se a ciò aggiungiamo una pesante posizione debitoria nei confronti di soggetti che forniscono servizi essenziali alle Forze armate, circa 375 milioni di euro, il quadro si può dire completo.

Con l’esame dell’articolo 34, comma uno, e dell’articolo 148 si giunge al tema del personale. Con il primo si registra la diminuzione del taglio imposto per il 2007 ai fondi destinati alla professionalizzazione delle Forze armate; in sintesi si tratta di quelle risorse che, stanziate con il varo delle Legge 331/2000, erano state tagliate del 15% con la finanziaria dello scorso anno. Il taglio si riduce così a poco più dell’11%; una misura peraltro non sufficiente e che non fa altro che continuare a sortire l’effetto di una diminuzione proprio di quei volontari di truppa di cui ci sarebbe più bisogno in servizio. Una sorta di revisione, surrettizia, del modello a 190mila.

L’articolo 184, invece, sembra andare nella direzione da più parti auspicata, e cioè un riequilibrio tra le categorie di personale delle Forze armate; è infatti prevista la possibilità di disporre trasferimenti di contingenti di Marescialli in esubero presso altri settori dello Stato, più nello specifico alle Forze di polizia. Resta da vedere se, da un punto di vista pratico, tale facoltà verrà effettivamente esercitata e in che misura.

Ma sul tutto continua ad aleggiare lo spettro della revisione del modello di difesa a 190mila uomini, con una possibile riduzione del numero di militari in servizio a 160mila. Se ne parla - poco e male - da oramai un anno, senza che sia stato possibile giungere a una decisione - in un senso o nell’altro - definitiva. I termini della questione sono noti; il modello varato nel 2000 dovrebbe andare a regime, con l’esatta ripartizione tra le categorie di personale, addirittura nel 2021. In presenza di un vistoso eccesso di quelle economicamente più costose sarebbe opportuno procedere a un rapido riequilibrio con quelle in difetto e liberare così risorse per l’esercizio e l’investimento.

Ora si sostiene che sarà comunque possibile passare a 160mila uomini senza alcun decadimento delle capacità operative, incidendo solo su quelle di supporto. Con un taglio di queste dimensioni, con una realtà operativa costituita da lunghe missioni di stabilizzazione e ricostruzione (che assorbono grandi quantità di personale) e con le numerose promesse fatte pressoché in ogni ambito (Nato, Ue e Onu), le nostre Forze armate saranno davvero in grado di continuare a esprimere uguali capacità operative e un livello di impegno paragonabile a quello di altri Paesi?

Perché proprio questo è il punto; l’esame delle Leggi di bilancio e finanziaria, combinato con la vicenda della revisione del modello di difesa, ci dicono che non è stata ancora raggiunta quella necessaria coerenza tra il peso di quello che è pur sempre uno dei quattro grandi Paesi europei, l’impegno sul piano internazionale che da esso discende e il livello di risorse da destinare alle Forze armate. E fino a quando questo obbiettivo non sarà raggiunto, fino a quando non si potrà contare su di una visione di lungo periodo sufficientemente condivisa alla quale sia associato un flusso di risorse adeguato, le Forze armate italiane sono inevitabilmente destinate a continuare a confrontarsi con situazioni poco chiare e ambigue; una sorta di limbo dal quale, invece, si dovrebbe uscire al più presto.

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