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Gli inevitabili pericoli della missione ISAF in Afghanistan. PDF Stampa E-mail

La cena dei segreti

di Maurizio Caprara da Corriere della Sera

NEW YORK — E' stata una serata di tensione e recitazione. A imporre la finzione, la ragion di Stato. Affinché l'incursione per liberare i due agenti del Sismi non diventasse un segreto all'italiana, materia di dibattito prima di essere compiuta, Romano Prodi e Massimo D'Alema si sono comportati in modo opposto rispetto ai giorni del rapimento Mastrogiacomo.

Allora, quando il giornalista si trovava nelle mani dei talebani, erano i membri del governo a violare per primi gli appelli alla discrezione lanciati da Palazzo Chigi e Farnesina.

Domenica scorsa, invece, il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, entrambi a New York in vista della 62a Assemblea generale dell'Onu, hanno accompagnato una delle scelte più delicate della propria vita con un atteggiamento esteriore di serafica tranquillità, di insondabile riservatezza.

Sulla 44a strada era ora di cena, in Italia mancava poco alle due del mattino. Dopo aver confermato in segreto il via libera definitivo all'operazione di Comsubin e Col Moschin, l'altro ieri Prodi e D'Alema ostentavano davanti agli inviati delle testate italiane sorrisi non molto diversi da quelli del ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio.

Soltanto che quest'ultimo, senza codazzi di cronisti al seguito, era in uscita dal 27Ëšpiano dell' Hotel Millennium nel quale c'è una cinematografica piscina sospesa tra le luci di New York. Prodi e D'Alema, nel grattacielo a fianco, avevano appena concluso un incontro dentro la Rappresentanza permanente dell' Italia presso le Nazioni Unite: oltre un'ora a parlare del piano, di prossima attuazione, per riportare a casa gli italiani catturati in Afghanistan.

A esaminare la collaborazione in atto con i militari britannici (ai tempi del sequestro Mastrogiacomo, irritatissimi per le trattative italiane), gli spagnoli, i tedeschi, gli americani. A valutare i rischi da calcolare.

Subito dopo la cattura dei due agenti del Sismi, nel fine settimana, da parte delle forze armate italiane e dagli alleati stranieri era stata quasi automatica la richiesta di un' irruzione che non lasciasse spazi a temporeggiamenti e trattative.

Nella Nato non si era ancora risolta la questione aperta in marzo dal sequestro Mastrogiacomo: la ricerca di una linea di condotta comune sui rapimenti, sollecitata da vari Paesi membri per scoraggiare l'Italia ad altri negoziati con i talebani.

Lo spazio per un cambiamento nella politica adottata dal nostro Paese, almeno per questo caso specifico dei due militari, però nei giorni scorsi c'era. E' evidente che ostaggi stranieri del genere non erano, per i gestori del sequestro, soltanto carne umana da vendere un tanto al chilo al Paese d'origine. Non erano come le volontarie italiane o come i giornalisti. Erano agenti segreti, e in quanto tali a conoscenza di informazioni segrete. Affinché le rivelassero, potevano essere sottoposti a torture.

Intenzionato anche a far vedere che l'impegno dello Stato non è maggiore per i giornalisti rapiti e minore per i militari, Prodi ha deciso rapidamente: il blitz andava compiuto appena possibile. Prima di essere portato da Roma negli Stati Uniti con un volo dell' Aeronautica militare, il Professore ha dato il via libera.

Domenica sera, tra la sua riunione con D'Alema, finita un po' prima delle otto di sera di New York, e l'incursione di Sas, Consubin e Col Moschin in Afghanistan sono passate tre ore. Tre ore prima che il ministro della Difesa Arturo Parisi, alle 11 di sera di New York, chiamasse Prodi e gli fornisse un resoconto a caldo sull'incursione.

Il presidente del Consiglio ha appreso che i due prigionieri sono stati prelevati dalle forze speciali mentre erano o stavano per essere portati nel bagagliaio di una macchina, pronti ad essere trasferiti verso Sud. Così, almeno, stando alle prime versioni.

Il trasferimento verso Sud era stato uno dei principali timori, dall'inizio. E' finita con quasi tutti i sequestratori morti, un italiano ferito male e uno libero, l'operazione segreta. "Una volta individuati come agenti, i due potevano essere uccisi al più presto. Non c'era alternativa. Bisognava agire, nella notte non si poteva.

Si è dovuto aspettare che in Afghanistan tornasse la luce", ci ha detto ieri D'Alema. "Ho saputo che l'operazione era avvenuta da un messaggino ricevuto di notte", raccontava.

E in attesa che il blitz scattasse, davanti al portone del Millennium D'Alema aveva scelto di intrattenere gli italiani presenti sul fatto che nel pomeriggio Condoleezza Rice aveva accettato di invitare la Siria al prossimo incontro internazionale sulla pace in Medio Oriente.

Il ministro sosteneva di essere stato dipinto sulla stampa italiana come "estremista- terrorista" per aver avanzato la stessa proposta con venti giorni d'anticipo.

Sembrava il suo pensiero principale, invece D'Alema era ritornato un professionista del divagare come quando, da giovane membro della direzione del Pci ai tempi del "centralismo democratico", reagiva parlando di pallone alle domande dei cronisti sulla riunione a porte chiuse dalla quale veniva.

Più in là, Prodi, in pullover, si avviava in un ristorante, Smith e Wollensky, con l'aria distaccata che potrebbe avere un dirigente d'azienda nel fine settimana. A cena con Bobo Craxi, un po' più tardi il movimento sbagliato di un cameriere gli avrebbe inzuppato la tovaglia di vino. Dice adesso D'Alema: "Non che sospetti tra di voi giornalisti la presenza di agenti dei talebani, ma non potevamo annunciarvi quanto si preparava...".

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 AFGHANISTAN:ELICOTTERI E COMMANDOS,COSI' LIBERI GLI 007

SAS E COL MOSCHIN IN AZIONE, BLITZ A PRIMA E ULTIMA OCCASIONE

ROMA, 24 SET - Due dozzine di uomini per un blitz "in movimento", scattato alla prima e forse ultima occasione disponibile. Elicotteri Mangusta in volo silenzioso sopra l'obiettivo, per tenerlo costantemente sotto tiro, mentre a terra gli uomini del Saf a bordo di jeep e veicoli blindati impegnavano in uno scontro a fuoco violentissimo i rapitori dei due 007 italiani, diretti con due veicoli verso il sud dell'Afghanistan.

Nonostante fosse pianificata nei minimi dettagli, e deciso già da ieri pomeriggio, è stata un'operazione molto complessa e difficile quella che ha consentito la liberazione dei due agenti del Sismi sequestrati sabato mattina assieme a due afghani. Tanto che dei 4 ostaggi in mano ai sequestratori uno è morto e uno dei due italiani - che avrebbe un passato nel Col Moschin e sarebbe originario della Sardegna - è rimasto ferito gravemente.

"Se non fossimo intervenuti chissà come sarebbe andata a finire. Più il tempo passava e maggiori diventavano i rischi" ammette una fonte ben informata. Analisi confermata anche nelle dichiarazioni ufficiali: "non potevamo fare altrimenti, c'era il rischio imminente che fossero uccisi", ha detto D'Alema.

La decisione di intervenire con un'azione di forza, il governo italiano l'ha presa ieri nel primo pomeriggio, quando ha avuto la "certezza assoluta" di dove si trovasse la prigione degli 007. Uomini che lavorano nel gruppo del Servizio segreto militare che si è occupato, tra l'altro, del sequestro nelle Filippine di padre Bossi. La prigione è stata individuata grazie all'attività di intelligence svolta dagli uomini del Sismi - che possono contare su una fitta rete di contatti - con il contributo di americani e tedeschi. Ulteriori, preziose, informazioni sono arrivate dalle intercettazioni delle comunicazioni satellitari dei sequestratori, mentre un Predator, un aereo senza pilota, ha monitorato costantemente ogni attività nei pressi della prigione, con ogni probabilità una casa isolata tra i distretti di Shindand e Farah.

Il blitz è scattato alle prime luci dell'alba: "non era possibile al tramonto" ha detto il premier Prodi. Quando stamattina ostaggi e rapitori sono saliti a bordo di due jeep, Parisi ha dato il via libera al comandante italiano in zona di operazioni, il generale Fausto Macor. Agli italiani è stato affidato il compito di dirigere il blitz, di mettere in sicurezza l'area piu' prossima all'intervento, a bordo degli elicotteri e di garantire la copertura agli uomini a terra. Ai Sas è toccato il blitz vero e proprio: bloccare i mezzi dei sequestratori e prelevare gli ostaggi. L'operazione sarebbe durata complessivamente pochi minuti, nei quali però sono stati sparati da entrambe le parti centinaia di colpi. Da che parte provengano quelli che hanno ferito i due italiani finora non è stato chiarito.

Al termine dello scontro sul terreno, ha detto Parisi alla Camera, sono rimasti 9 dei (forse) dieci sequestratori. Ma chi erano? Il ministro non lo dice ma più di una fonte governativa sottolinea che l'obiettivo era comunque quello di far arrivare gli ostaggi in mano ad un gruppo "politico", che avrebbe tentato di aprire una lunga trattativa come avvenuto per altri sequestri. Fonti locali hanno indicato nei mullah Aktar e Khuda-I-Dad i responsabili del sequestro. Due signori della guerra locali, da sempre vicini ai taleban, che oggi avrebbero dovuto consegnare gli ostaggi proprio agli uomini del mullah Omar. L'intervento dei militari glielo ha impedito.

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