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Diritti e tutele dei militari: quale riforma? Rappresentanza Militare o Sindacato nelle Forze Armate? PDF Stampa E-mail

Cari amici, cari lettori,

Il percorso per il riconoscimento dei diritti nelle Forze Armate ha avuto sempre un cammino molto travagliato, forse perché era considerato un mondo a se stante.

Ricordo già nel 1975 quando ero un giovane sergente e prestavo servizio presso un Aeroporto del Nord Italia, era alla fine della primavera quando iniziarono in clandestinità le prime riunioni attraverso il passa parola.

Successivamente vi furono le prime astensioni dalle mense da parte del personale militare per chiedere più diritti, oltre che un trattamento economico più dignitoso, gli anziani non condividevano quella scelta, anzi, la osteggiavano, forse perché provenivano da una generazione che avendo partecipato alla seconda guerra mondiale vedevano in questa richiesta di diritti forse un allentamento di quella disciplina alla quale loro da sempre erano soggetti.

Questo percorso come dicevo non fu facile e neanche indolore, molti colleghi furono denunciati altri congedati ed altri ancora trasferiti.

Qualche anno dopo, anche io venni trasferito in Sardegna, era all’inizio del 1978 quando a Cagliari venne organizzato un convegno per presentare “Il libro bianco della Difesa“.

Grande la partecipazione e la presenza di giornalisti, avvocati, magistrati, oltre tantissimi colleghi, alcuni di essi vennero denunciati per il solo fatto di aver partecipato ad un convegno pubblico dove si parlava di diritti, tra l’altro in abiti borghesi e comunque semplicemente come spettatori.

Io per un caso fortuito non partecipai in quanto comandato di servizio.

Alcuni colleghi vennero denunciati alla magistratura Militare per reati inesistenti con processi che si trascinarono per anni, naturalmente furono tutti assolti definitivamente, perché il fatto non costituiva reato.

Altri tempi, potrebbe obbiettare qualcuno, invece sono trascorsi meno di trenta anni.

Questi movimenti non furono inutili, perché ad essi ne seguirono altri, finché un bel giorno, il Parlamento finalmente approva la Legge 382 nel luglio del 1978, la cosiddetta “legge dei principi”.

Da quel momento si riconoscono, anche ai militari, alcuni basilari diritti costituzionali fino a quell’attimo negati.

Allo stesso tempo si istituisce un organismo di Rappresentanza elettivo, anche se interno all’amministrazione.

Altro argomento che credo merita una precisazione è la possibilità dei militari di iscriversi ai Partiti politici.

I vertici Militari hanno sempre osteggiato tale diritto, soprattutto se il partito prescelto non è di loro gradimento, eppure l’articolo 98 della costituzione e chiaro al riguardo e recita: ”..Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”.

Finora nessuna legge ordinaria ha mai limitato tale diritto, nonostante tutto, spesso, i vertici militari, con direttive del tutto arbitrarie, hanno tentato di limitare questo diritto.

Tornando alla Legge 382, dopo la sua approvazione, si aprono grandi speranze.

Si intuiscono subito i limiti e le incongruenze in quanto il mandato dura solo due anni e i delegati non possono essere rieletti, precludendo cosi la continuità.

Sui primi mandati si ripone una grande fiducia e forse, anche per un miglioramento generale dell’economia italiana, si ottengono anche dei significativi miglioramenti economici che forse fanno passare in secondo piano quello dei diritti, questo andamento si è trascinato fiaccamente fino ai giorni nostri.

Oggi ricordiamo a mala pena, se il Delegato ha fatto il mandato pari oppure quello dispari e non per i diritti che si sono conquistati.

Proposte tante, risultati pochi.

Giusto per fare qualche esempio, oltre 10 anni fa è avvenuta la riforma delle pensioni, e ci ha visto solamente spettatori, oppure l’approvazione della L.196 nel 1995, ad oltre 10 anni da quella data, i danni che ha provocato sono sotto gli occhi di tutti, nonostante un riallineamento delle carriere che ha fatto ulteriori sperequazioni.

Inoltre, vediamo tutti i limiti di questa Rappresentanza “interna“, basterebbe il fatto che non può dialogare con l’esterno e si trova a fronteggiare il passaggio del sistema pensionistico retributivo a quello contributivo per sentirsi un “nano al cospetto dei giganti”.

Che dire della disattenzione colposa del Governo uscente che non ha assegnato neppure le risorse necessarie per il rinnovo contrattuale del 2006, inoltre negli ultimi anni il comparto difesa ha visto un taglio di risorse tale da pregiudicarne lo stesso funzionamento, eppure il modello dell’esercito professionale di 190.000 era stato varato solamente nel 2001.

Che dire dell’audizione del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica in Commissione Difesa al Senato, quando afferma che “può mantenere tranquillamente la stessa operatività anche con 10.000 uomini in meno e che molti Enti sono aperti solamente perché vi sono delle persone che vi prestano servizio“.

Questo giustifica anche l’emanazione di una circolare interna che di fatto cancella “il contratto di lavoro del personale militare in merito alle missioni”, nonostante due interrogazioni Parlamentari, una della maggioranza ed una dell’opposizione richiedono il ripristino della gerarchia delle fonti del diritto, che in ambito militare dovrebbero essere rispettate, visto che l’organizzazione militare si basa proprio sulla gerarchia.

Ora verrebbe da chiedersi, visto la mancanza di risorse, quante ore di straordinario sono state pagate in Aeronautica nel precedente esercizio finanziario e a chi?

Visto che ci sono 10.000 esuberi, e quanti giorni e C.F.I., quanti giorni di C.F.G.?

Ora io mi chiedo, se un amministratore delegato di una qualsiasi Azienda, chiede di licenziare 10.000 dipendenti, perché sotto utilizzati ed in esubero e che risponde ad una proprietà, come può pensare di continuare a pagare degli straordinari ed altre indennità?

Non si può, da un lato lamentarsi della scarsità delle risorse a disposizione, e dall’altro annunciare esuberi di personale.

Al limite in costanza di esuberi l’efficienza dovrebbe essere due volte superiore e le spese di straordinari ed accessori ridotte al minimo se non annullate.

Sempre nel privato, come si può pensare che i sindacati possano rimanere esclusi dai tali processi strutturali, la soppressione delle proprie filiali e la messa in mobilità di 10.000 dipendenti, senza una reale trattativa?

Credo che in un qualsiasi paese civile tutto questo non sia consentito.

Per queste ragioni credo che ora parlare di Sindacato nelle forze Armate non sia solo necessario ma è indispensabile.

di Paolo Erasmo da Diritti e Rovesci

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Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

UN SINDACATO ANCHE PER I MILITARI

(GrNews.it) Un sindacato anche per i militari? In Italia se ne discute da molto tempo, fin dai primi anni novanta, quando nelle caserme si cominciarono a criticare le norme a tutela del personale con le stellette contenute nella legge 382/78. Erano le prime e isolate proteste di chi considerava la Rappresentanza Militare uno strumento poco efficace per il miglioramento dello status degli uomini in divisa, uno strumento che permette solo di “concertare e non contrattare”.

Seguirono proposte di legge, delibere dei diversi gradi della rappresentanza, ma la questione non fu mai seriamente affrontata a livello politico. Troppo forti le resistenze dei vertici delle amministrazioni, dei comandi generali, degli alti ufficiali di turno, quelli in grado di stroncare un dibattito, e una carriera di un servo dello Stato, con una telefonata.

Ma nonostante tutto questo, il “movimento” quasi sotterraneo della sindacalizzazione non è mai morto. Il prossimo 18 Aprile infatti si terrà a Loreto l'Assise dei delegati di ogni livello della Rappresentanza dell'Aeronautica Militare, chiamati ad esprimersi “in via definitiva” sull'argomento dopo “aver evidenziato ancora una volta, l’inefficacia dell’attuale strumento di rappresentatività e tutela del personale militare della forza armata”.

Tutto questo mentre sul tavolo del Cocer dell'Arma dei Carabinieri giace, secondo qualcuno “dimenticata”, una delibera datata 20 Febbraio 2007 del Coir “Palidoro” e dei delegati dei 17 Cobar confluenti avente come oggetto la sindacalizzazione dell'Arma.

Per la prima volta i rappresentanti di 10mila carabinieri hanno chiesto “a gran voce la sindacalizzazione” della quarta forza armata. Una delibera passata nel silenzio generale e che ora rischia di non essere presa in considerazione a livello centrale per le solite paure dettate, secondo molti, dalla solenne presa di posizione del Comandante dell'Arma Siazzu del 17 Gennaio scorso, quando nel corso di un'audizione alla Commissione Difesa del Senato, più che una dichiarazione lanciò un avvertimento ai suoi dicendo che “i carabinieri non vogliono il sindacato!”

Solo il fatto di dover affrontare un dibattito come questo temendo delle ripercussioni da parte dei propri superiori la dice lunga sulla libertà di pensiero e di azione di chi dovrebbe garantire i diritti dei colleghi. Si tratta di un tabù che resiste solo in Italia ed in altre realtà come il Portogallo e la Grecia, le uniche in Europa a non aver aperto le porte di sindacati e associazioni a chi rischia la pelle per la Patria, che nonostante tutto continueremo a scrivere con la P maiuscola.

Francesco PALESE

francesco.palese@grnews.it

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Militari in missione senza diritti. Come si può esportare la democrazia?

Nonostante in questi giorni si continui a parlare dei militari italiani impiegati in missioni di pace all’estero, non si comprende come mai, nelle varie discussioni poste dai parlamentari alle commissioni di pertinenza della Camera e del Senato, non si è mai trattata la criticità del “militare educatore”.

I nostri militari con estremo sacrificio e con piena dedizione ai compiti loro assegnati, vengono mandati in missioni fuori area per portare pace e serenità ai popoli colpiti da devastazioni varie. Ma gli stessi sono anche chiamati a portare il seme della democrazia in zone dove la libertà di pensiero e di parola sono delle inibizioni storicizzate.

Le difficoltà dei nostri militari risiedono nel fatto che loro stessi in Italia non godono di quei diritti dettati dalla carta costituzionale ponendoli in una categoria speciale ed astrusa dalla società democratica.

Al di là delle ragioni filosofiche e politiche che sostengono l’impiego delle nostre Forze Armate nelle missioni estere, vi è una profonda contraddizione sulla figura del “soldato educatore”, chiamato a ricostruire le società danneggiate da eventi bellici, istituendo quei principi fondamentali di democrazia, mentre nel suo paese si nega allo stesso educatore il godimento dei più fondamentali diritti costituzionali attraverso normative arcaiche che disconoscono la sua evoluzione sociale.

Si invia pertanto un militare all’estero per insegnare dei valori e dei principi che di fatto non pratica nemmeno nel suo paese di origine. Oggi più di ieri si rende necessario un intervento legislativo che tuteli il militare anche nelle zone fuori area affinché egli stesso possa esporre ai propri rappresentanti le difficoltà che si pongono in tali missioni, come ad esempio e non ultima, la problematica in Afghanistan sull’armamento leggero a loro assegnato.

Alessandro Rumore

delegato COCER Carabinieri

alessandro.rumore@libero.it

www.alessandrorumore.sitonline.it


 
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