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DANNATA “SPECIFICITA’â€. LA CRISI PONE LE FORZE DI POLIZIA DI FRONTE AL BIVIO: RIFORME O RITORNO AGLI ANNI ‘70. PDF Stampa E-mail

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La pesantissima crisi economica ha (purtroppo e/o finalmente!!!) riportato l’argomento “Pubblica Amministrazione” ai primi posti dell’agenda politica italiana, a distanza di oltre vent’anni dall’ultima “vera” grande stagione di riforme, non a caso, anch’essa realizzata a seguito di una grave crisi economica e politico-istituzionale.
Rispetto a quel periodo, però, vi sono almeno due fondamentali novità: la globalizzazione dei mercati e la cessione di importanti pezzi di sovranità nazionale alle istituzioni europee ed internazionali. Due elementi che rendono la riforma del pubblico impiego ineludibile e non più rinviabile e che non lasciano più spazio a quegli atteggiamenti irresponsabili, opportunistici e “pilateschi” ai quali ci ha abituato la nostra classe politica. In altri termini, la politica è oggi “costretta” a fare, in fretta e furia, ciò che poteva e doveva fare da tempo: dotare il Paese ed i cittadini di una Pubblica Amministrazione efficiente, trasparente e funzionale.

Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

Nei primi anni novanta si decise di estendere al settore pubblico le regole del lavoro privato e di conseguenza: separazione del potere politico da quello dirigenziale, responsabilizzazione della dirigenza verso il risultato operativo, superamento della logica degli avanzamenti di carriera e di stipendio basati esclusivamente sull’anzianità in favore della retribuzione incentivante legata alla produttività, etc, etc... Perno di quell’impianto era la c.d. contrattazione integrativa ossia, il mezzo con cui dirigenza e sindacati dovevano attribuire la retribuzione incentivante per migliorare la produttività delle amministrazioni. Da quella riforma fu escluso, unitamente a pochissimi altri settori (magistratura, diplomatici, ecc.), il comparto sicurezza e difesa, per via della sua “specificità”.
A distanza di alcuni anni si può tranquillamente affermare che quella riforma, che prese il nome di “privatizzazione del pubblico impiego” non ha prodotto risultati soddisfacenti. Al contrario, il progressivo ed irresponsabile disinteresse della politica ha fatto sì che dirigenti e sindacati utilizzassero quegli strumenti “privatistici” introdotti nel sistema pubblico per “regalarsi” aumenti e promozioni del tutto ingiustificate rispetto alle esigenze delle amministrazioni e dei cittadini.
Come se in un’azienda privata la proprietà avesse continuato ad investire (tra l’altro facendo debito), lasciando campo libero a dirigenza e sindacati di “dividersi” gli utili senza alcun tipo di responsabilizzazione e/o controllo.
Ed è, oggi, paradossale, che quella stessa irresponsabile classe politica e quella stessa classe dirigente che ha partecipato alla “spartizione della torta”, riversino tutte le responsabilità di tale fallimento solo sui sindacati (che pure di colpe ne hanno) ed invitino a ritornare a più autoritari regimi pubblicistici.
Contemporaneamente, anche nei settori esclusi dalla “privatizzazione” le cose non sono andate certo meglio. Si è, infatti, assistito ad una continua rivendicazione del personale verso l’ottenimento di quei benefici raggiunti dal personale privatizzato attraverso gli strumenti offerti dalla contrattazione. Richieste puntualmente accordate da una politica alla ricerca del facile consenso, attraverso provvedimenti “ad hoc”: introduzione dell’adeguamento automatico “ISTAT” per i dirigenti, continui riordini delle carriere e delle strutture tesi più a “regalare” al personale gradi e posizioni che a soddisfare le reali esigenze dell’Amministrazioni, etc, etc…
Risultato: nessuna traccia di miglioramento della produttività, della funzionalità e della trasparenza delle Amministrazioni, ma solo aumenti retributivi del personale pubblico ben al di sopra dell’inflazione, degli incrementi di PIL e della crescita media delle retribuzioni del lavoro privato.
Una situazione di estrema criticità evidenziata, a chiare lettere, in tutti i documenti istituzionali (Corte dei Conti, ARAN, Ragioneria Generale dello Stato, etc…) in materia di pubblico impiego divulgati nel periodo 2000-2009, ove si individuavano i principali elementi di criticità nell’uso smodato e distorto della contrattazione integrativa per il settore del pubblico impiego privatizzato e negli automatismi di carriera e di stipendio legati alla mera anzianità di servizio per il settore rimasto in regime di diritto pubblico.
E’ in questo contesto generale che si colloca il congelamento stipendiale imposto al pubblico impiego con l’art. 9 del d.l. n. 78/2010, col quale sono stati solo anticipati e, per molti versi, distorti e/o svuotati i contenuti e le logiche di fondo della riforma “Brunetta”. Con tale provvedimento, infatti, non si è inteso fare semplicemente “cassa” (per quello sarebbe bastato tagliare le retribuzioni in modo proporzionale senza rischiare la tagliola della Corte Costituzionale) ma si è voluto:
 colpire in modo scientifico e premeditato, senza eccezioni o deroghe per nessun tipo di comparto, tutti gli incrementi stipendiali e/o le progressioni di carriera legate meramente all’anzianità e le distribuzioni indistinte “a pioggia” prodotte dalla contrattazione integrativa;
 mettere al riparo le economie così ottenute da eventuali sentenze della Corte Costituzionale .
Una soluzione drastica, repentina e, per certi versi “punitiva”, che si è abbattuta in maniera particolare sul personale del comparto Sicurezza e Difesa che, a causa dell’assenza di contrattazione integrativa ed del regime pubblicistico degli ordinamenti delle carriere (in sintesi della tanto sbandierata “specificità”), non era riuscito ad incassare e consolidare i benefici della stagione “felice” 1996-2009 ed ha finito per pagare alla crisi un dazio molto più pesante rispetto al resto del personale pubblico “privatizzato”. Un surplus di sacrificio, tra l’altro, iniquamente caricato solo sulle tasche del personale che matura il diritto ad una promozione o ad un incremento stipendiale nel triennio 2011-2013 o nel quadriennio 2011-2014 (in caso di proroga).
Purtroppo, il blocco è quasi già storia e non ci sono molte possibilità di riequilibrare o risolvere le iniquità determinate dal d.l. n. 78/2010, visto che il Governo non ha nessuna intenzione di mettere a disposizione del comparto risorse aggiuntive per la specificità ed anche eventuali sentenze favorevoli della Corte Costituzionale avrebbero comunque ricadute sulle buste paga del personale, per effetto della relativa incapienza dei bilanci delle Forze di polizia che sono per oltre il 70% composti da voci direttamente (stipendi ed indennità) o indirettamente (missioni, vitto, ecc.) legate alla retribuzione del personale.
La partita più importante riguarda però il futuro prossimo che sarà oggetto dell’imminente nuova stagione di concertazione presso la Funzione Pubblica annunciata dal Governo in vista della fine del blocco stipendiale e della ripresa della contrattazione. Un futuro che però è già delineato negli ultimissimi documenti istituzionali in materia di pubblico impiego , nei contenuti della riforma “Brunetta”, nel protocollo siglato dalla parte pubblica e dai sindacati in data 03 maggio 2013 e che, in estrema sintesi, è già stato anticipato dalle prime dichiarazioni del neo Ministro D’Alia , ove si prevede:
 il potenziamento della trasparenza delle pubbliche amministrazioni e degli strumenti di incidenza da parte del cittadino come il c.d. “accesso civico” o la “class-action”;
 il potenziamento della responsabilità dirigenziale rispetto al risultato operativo;
 il superamento degli attuali sistemi di valutazione autoreferenziali e meramente numerici con l’introduzione di metodi di valutazione più reali e oggettivi; in questa direzione muove la creazione dei c.d. O.I.V. (Organismi Interni di Valutazione);
 una parte sempre meno consistente di risorse da dedicate alla retribuzione fondamentale con incrementi legati all’andamento di fattori macro-economici (PIL, indici di inflazione, ecc.) ed una parte sempre più consistente di risorse da dedicare alla retribuzione accessoria con incrementi legati alla produttività;
 la riduzione e l’accorpamento dei comparti ed il potenziamento della contrattazione integrativa, quale istituto per distribuire le risorse dedicate al miglioramento della produttività ed esaltare le caratteristiche peculiari di ogni singolo ente.
Un quadro obbligato, “imposto” dalla crisi e dalle istituzioni sovranazionali, prima ancora che da un rinnovato senso di responsabilità della nostra classe politica, che necessita di una seria assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco ed, in particolare, dei sindacati, per i quali le prossime tornate contrattuali rappresentano l’”ultima chiamata” per scongiurare un’eventuale conseguente ritorno a metodi e forme di organizzazione “autoritari”.
Da questo contesto rimarranno probabilmente escluse le Forze Armate che, spinte dalla professionalizzazione e dall’esigenza di massima operatività derivata dalle missioni internazionali, stanno rispondendo alla crisi muovendo velocemente verso la restaurazione di ordinamenti più autoritari, in controtendenza con quanto si era verificato nel corso degli ultimi decenni.
Le Forze di polizia sono invece in una posizione di “attesa”, nella speranza di rimandare ancora una volta il momento delle riforme, ma la crisi sta già presentando il conto anche ad esse (tagli lineari) e presto si troveranno di fronte ad un bivio:
 o tendere verso la soluzione intrapresa dalle Forze Armate e, quindi, rispondere alla crisi con la reintroduzione di quegli ordinamenti più autoritari, isolati ed autarchici che si intendeva superare con la legge n. 121/1981 (per intenderci un ritorno agli anni ’70 con i finanzieri cucinieri, meccanici, ecc.). In questo senso va la strategia di difesa della “specificità” quale pretesto per evitare le riforme;
 o aprirsi alle riforme e rispondere alla crisi con riforme strutturali, nel solco dei principi delineati con la legge n. 121/1981 e, quindi: superamento del principio di “equiordinazione”, ridefinizione delle carriere e dei metodi di valutazione, revisione delle forme di contrattazione (introduzione piena della contrattazione di primo e secondo livello), rivisitazione delle forme e dei poteri delle rappresentanze (in particolare per le Forze di polizia ad ordinamento militare) e ridefinizione dei modelli di “governance”.
Personalmente, ritengo che la soluzione da preferire sia assolutamente la seconda, sia per motivi di interesse collettivo: uno Stato democraticamente avanzato non può permettersi, soprattutto in un periodo di profonda crisi economica e di forti tensioni sociali, forze dell’ordine autoritarie ed isolate dal resto della società civile; sia per motivi di interesse puramente corporativo: se la “specificità” non ha “pagato” in momenti in cui il bilancio dello Stato era “florido” (chiedete a chi prestava servizio nelle Forze di Polizia prima del 1981) è utopico pensare che possa determinare condizioni economiche e previdenziali di vantaggio in un momento in cui le casse dello Stato sono vuote.
Infatti, il recente congelamento stipendiale e le riforme previdenziali degli ultimi anni hanno colpito in maniera più pesante il personale del comparto Sicurezza e Difesa rispetto al resto dei dipendenti pubblici. In altri termini, se le riforme possono essere un rischio, rimanere “specifici” rappresenta un sicuro fattore penalizzante.

Gianluca Taccalozzi
Delegato CO.CE.R. Guardia di Finanza.

 

 
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