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Speciale Afghanistan: tra attacchi terroristici e voglia di normalizzazione PDF Stampa E-mail
La Nato ha annunciato che sei militari, tra i quali due britannici e due statunitensi, sono stato uccisi in attentati compiuti dai talebani in Afghanistan, mentre un altro soldato britannico ha perso la vita in un incidente stradale.
Un militare britannico e uno statunitense sono morti in due distinti incidenti oggi, mentre gli altri due sono deceduti ieri: lo ha precisato a Kabul la forza internazionale Isaf della Nato in Afghanistan.
Tutti e quattro sono stati uccisi con ordigni esplosivi artigianali, il modus operandi preferito dei talebani.
Un altro militare della Nato, la cui nazionalità non è stata precisata, ha perso la vita in un distinto agguato oggi, ha reso noto Isaf.
Con queste nuove perdite, sale a 376 il numero dei soldati stranieri morti nei combattimenti in Afghanistan dall'inizio dell'anno, secondo una stima del sito internet icasualties.org; nel 2009 ne erano morti 520.
L'Isaf attualmente conta di circa 140mila uomini messi a disposizione da 47 Paesi.
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Afghanistan: autobomba contro convoglio italiano nessun ferito, danni a un automezzo

Slittato a domani l'arrivo all'ospedale del Celio di Roma di due dei militari feriti ieri, mentre il più grave è stato trasferito all'ospedale militare statunitense di Bagram. Uccisi due soldati britannici nel Sud del Paese
Un'autobomba è esplosa al passaggio di un convoglio militare italiano nella provincia di Farah, nell'ovest dell'Afghanistan: nessun ferito, danni a un mezzo. L'esplosione è avvenuta a circa tre chilometri ad Ovest della base: una vettura, già ferma sul ciglio della strada, al passaggio di un convoglio di alpini del IX reggimento dell'Aquila si è improvvisamente mossa, inserendosi tra il secondo e il terzo mezzo, ed è poi saltata in aria. Nella deflagrazione il terzo veicolo della colonna, investito dall'onda d'urto, ha riportato solo lievi danni. L'attentatore suicida è morto.
Gli attacchi in Afghanistan continuano a susseguirsi. Due soldati britannici sono rimasti uccisi in due esplosioni nel Sud. Il primo, un militare della marina, è morto ieri sera mentre stava pattugliando insieme con dei soldati americani e afgani il distretto di Sangin, roccaforte talebana nella provincia di Helmand. Questa mattina un membro dei dragoni reali è rimasto ucciso in un'esplosione nel corso di un'operazione a piedi nella regione di Nahr-e Sar, nella stessa regione. Questi due decessi portano a 320 il numero di militari britannici morti in Afghanistan dal 2001.
Sempre oggi, forze di sicurezza afgane ed internazionali hanno annunciato di avere smantellato a Kabul un gruppo che progettava un attentato in occasione della Conferenza di Kabul del prossimo 20 luglio. In un comunicato, la Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza (Isaf), ha rivelato che l'operazione è stata portata a termine ieri sera e che ha permesso di arrestare un talebano esperto in esplosivi e numerosi altri sospetti.
E' slittato a domani l'arrivo a Roma di due dei tre soldati italiani feriti ieri. I militari saranno ricoverati all'ospedale del Celio. Inizialmente l'arrivo era stato annunciato per questo pomeriggio.
Il terzo soldato ferito, il più grave, è stato invece trasferito nella notte tra venerdì e sabato all'ospedale militare statunitense di Bagram. Il personale sanitario che lo ha preso in cura ne ha deciso il trasferimento alla base statunitense di Ramstein, in Germania, dove è giunto intorno a mezzogiorno grazie un volo speciale della Nato. L'ulteriore trasferimento, ha fatto sapere il Comando Italiano della Regione Ovest dell'Isaf, è stato ritenuto dagli specialisti la soluzione più celere e idonea per la stabilizzazione delle condizioni del soldato.
Gli altri due militari feriti, quelli che saranno trasferiti al Celio a Roma, si trovano all'ospedale da campo spagnolo di Herat. E' stato un velivolo del 31esimo stormo di Ciampino dell'aeronautica militare, un Falcon 900 "executive", a raggiungere la città afgana per la loro evacuazione strategica ("stratevac", strategical evacuation nella terminologia della Nato).

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Una giornata come tante, fatta di tensione, paure ed esplosioni in un paese martoriato dalla guerra, raccontata dal nostro inviato in terra afgana a due passi dalla base militare di Herat.
Herat - base di Camp Arena, nord-ovest dell'Afghanistan. L'aria che si respira all'interno della base militare, dove ha il comando il nostro contingente, è piuttosto tesa.
Le scene di elicotteri in volo e autocolonne di mezzi militari preparati per portare rifornimenti nei dintorni o semplicemente per pattugliare la zona circostante è una routine.
Ieri mattina, alle ore 06.25 locali, il risveglio non è stato dei migliori: un forte boato ha fatto vibrare i Cogim dove alloggiano anche i militari italiani, dandoci la conferma di ciò che già si respirava in questi giorni. Un tensione che riaffiora prepotentemente ad ogni boato che si percepisce, a maggior ragione quando la deflagrazione si avverte nitidamente e spaventosamente vicina.
Come procedura impone, bisogna lasciare in fretta le camere dove si dorme e i militari del contingente devono correre a nascondersi nei rifugi, mentre in pochi minuti una squadra di elicotteri decolla per recarsi nei luoghi dell'esplosione. Sono i cosiddetti "CH" dei militari spagnoli e i nostri "Mangusta" dell'esercito: aeromobili leggeri impiegati solitamente per ispezionare dall'alto le zone strategiche, indispensabili per capire le dinamiche quando succede qualcosa del genere. Successivamente alle ispezioni e i rilevamenti, una squadra di uomini spagnoli parte per recuperare quello che l'esplosione ha lasciato. Un militare italiano, durante l'intervento della squadra autorizzata al recupero, segnala la presenza di vari pezzi dell'automobile esplosa arrivati nella sua zona di lavoro dopo la deflagrazione; ma non c'è tempo per occuparsi di ciò che rimane dei rottami: il recupero inizialmente riguarda solo ciò che rimane di resti umani. Una routine nuda e cruda ma questo è l'Afghanistan: una missione di pace in un paese profondamente in guerra.
Dalle notizie trapelate dall'interno della base, si è appreso che c'era stato un attentato: un autobomba lanciata a pochi metri dalla recinzione, con all'interno un kamikaze che si è fatto esplodere, provocando il ferimento di tre agenti di polizia afghana, ricoverati immediatamente all'interno dell'ospedale di Camp Arena.
"Chissà se l'attentato era indirizzato agli afgani o a noi" è la domanda di sempre. Ogni singola esplosione fa scaturire un pensiero, una domanda a cui apparentemente non si può trovare risposta; un pensiero che balena quotidianamente nelle menti dei nostri militari di stanza ad Herat.
Il ferimento dei tre agenti afgani è il risultato prodotto da un'esplosione innescata con 150 kg di tritolo: da queste parti ormai questo genere di esplosioni sono all'ordine del giorno. Ma le notizie che arrivano da altri «fronti» non sono diverse. Nelle ore successive all'esplosione un'altra emergenza ci ha fatto sobbalzare: alcuni elicotteri trasportavano tre nostri militari feriti dopo un conflitto a fuoco insieme alla polizia afghana contro i ribelli a Bala Murghab, 200 km a nord di Herat. Da quello che si è appreso nella base di Herat, è sembrato che anche l'elicottero, elevandosi in volo per soccorrere i nostri soldati, sia stato colpito da alcuni colpi.
Questo attacco a Bala Murghab - secondo fonti afgane - pare sia una ritorsione alle battaglie che ci sono state nei giorni passati tra alcuni soldati americani e gruppi ribelli, che hanno portato all'uccisione di capo locale impegnato nel reclutamento di giovani afgani impiegati per attacchi terroristici contro le forze ISAF.
Una giornata calda in tutti i sensi questa di luglio qui ad Herat, e il presentimento è che sarà ancora più difficile anche nei prossimi giorni e che questa situazione «infuocata» possa durare per alcuni mesi. A settembre, il 18, infatti ci saranno le elezioni ed i presupposti affinché il conflitto possa subire un escalation ci sono tutti; una delle principali cause di un incremento degli attentati sta nella moltitudine di tribù esistenti all'interno di queste regioni, dove spesso le norme tribali vanno in conflitto con le leggi del governo provvisorio di Karzai ma anche l'eventuale esclusione dai posti di potere genera reazioni violente. Il prossimo 20 luglio una commissione tra le Forze di Coalizione e i membri del governo Karzai, si riunirà per una conferenza di pace che dovrebbe portare ad un piano di riordino, per passare i poteri dall‘ISAF alle Autorità Afgane. C'è da aspettarsi anche in questa occasione una recrudescenza del fenomeno attentati. Non solo il periodo delle elezioni è delicato qui in Afghanistan. In questo paese ogni pretesto è buono per generare degli attentati e ritorsioni: anche il controllo del traffico di droga e di armi che i gruppi tribali criminali si contendono e il periodo della raccolta dell'oppio, creano sempre presupposti per intensificare il conflitto.
La presenza dalla Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza (ISAF) ha oppositori e sostenitori. Giorni difficili e di duro lavoro aspettano i nostri militari qui in Afghanistan e ogni giorno sembra apparentemente uguale all'altro, con la consapevolezza che purtroppo non sai mai come finirà la giornata, cosa ti sta aspettando dietro l'angolo di una casa o al passaggio del tuo mezzo in perlustrazione. Una tensione che trova momenti di ristoro quando lo sguardo incontra un sorriso regalato da chi è contento della nostra presenza e che si fida dei nostri militari. Una sensazione che allevia le paure e spinge il nostro contingente a rafforzare l'impegno già eccellente per il raggiungimento dei fini della missione a loro affidata. Un sorriso di speranza alla ricerca di una normalizzazione che tarda ad arrivare.
di QuattroGi da liberoreporter.it

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