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Le spese militari mondiali nel 2010 PDF Stampa E-mail
Pubblichiamo il rapporto sulle spese militari mondiali nel 2010 redatto dall'Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo

Secondo i dati analizzati dal SIPRI [1], la spesa militare mondiale per l'anno 2010 è risultata pari a 1.630 miliardi di dollari: ciò rappresenta un incremento dell'1.3% in termini reali rispetto all'anno 2009 e un incremento del 50% rispetto al 2001.
La spesa militare globale costituisce il 2.6% del PIL mondiale, il che equivale a 236 dollari pro capite. Tale crescita è dovuta, quasi interamente, agli Stati Uniti: infatti, la spesa militare nel resto del mondo è aumentata solo dello 0.1%. Inoltre nel periodo 2001-2010 la spesa militare americana è cresciuta dell'81%, mentre quella del resto del mondo è aumentata del 32%.
Tuttavia il trend della spesa militare varia considerevolmente da regione a regione: nel 2010, aumenti significativi si sono registrati in Sud America (5.8%) e in Africa (5.2%), mentre in Nord America (2.8%), in Medio Oriente (2.5%) e in Asia e Oceania (1.4%) gli aumenti sono stati inferiori rispetto agli anni precedenti. In Europa invece (per la prima volta dal 1998) si è registrato un calo (pari al 2.8%) della spesa militare. In molti casi la diminuzione, o l'aumento più lento, della spesa militare rappresenta una reazione alla crisi economica mondiale che ha avuto inizio nel 2008.
E' opportuno analizzare in particolare gli andamenti della spesa militare degli Stati Uniti, in quando paese leader nel settore e di sei potenze regionali emergenti (Cina, Russia, India, Brasile, Turchia e Sudafrica), che, grazie ad una rapida crescita economica, hanno intrapreso significativi processi di modernizzazione del sistema militare, hanno registrato rapidi aumenti (ad eccezione della Turchia) della spesa militare e hanno assunto, dal punto di vista sia politico sia economico, un ruolo chiave all'interno delle proprie regioni e una certa rilevanza anche a livello mondiale.

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Stati Uniti
Il tasso di crescita della spesa militare degli Stati Uniti ha subito un rallentamento nel corso dell'anno 2010: rispetto al decennio precedente, infatti, in cui si è registrato un tasso medio di crescita pari al 7.4%, nel 2010 la spesa militare è aumentata, solo, del 2.8%[2]. Tuttavia gli Stati Uniti, con una spesa militare pari a 689 miliardi di dollari, confermano il loro primato nel settore. Infatti, nonostante gli sforzi del Governo statunitense per abbattere il crescente deficit di bilancio, la spesa militare, insieme ad altre spese per la sicurezza, quali intelligence e difesa nazionale, continuano a ricevere un trattamento speciale nell'agenda economica americana. Le previsioni dell'Ufficio di tale crescita è dovuta quasi interamente ad un incremento della spesa per le cosiddette operazioni d'emergenza oltremare (OCO), in Afghanistan e in Iraq, mostrano un altro ampio incremento delle spese per l'anno 2011, seguite poi da una diminuzione [3] nel corso del 2012; ciò nonostante, la spesa per l'anno 2012 sarà superiore, in termini reali, del 4% rispetto ha quella registrata nel 2010. Comunque, i continui dibattiti sul bilancio, tra l'amministrazione e il Congresso degli Stati Uniti d'America, fanno intendere una grande incertezza per quanto riguarda il quadro per il 2011 e il 2012.

Cina
Ufficialmente la Cina presenta un budget per la difesa pari a 78 miliardi di dollari: tuttavia il SIPRI valuta che la spesa militare totale cinese, per l'anno 2010, ammonti a circa 119 miliardi di dollari con un incremento del 3.8% in termini reali rispetto all'anno precedente. Tale percentuale, essendo inferiore al tasso di crescita medio annuo (pari al 12%) calcolato per il periodo 2001-2010, rappresenta un rallentamento nella crescita della spesa militare e riflette la minore crescita economica dell'anno 2009 causata dalla recessione mondiale. Tra gli anni 2001 e 2010 la spesa militare cinese è aumentata del 189% in termini reali e tale rapida crescita rinvia all'altrettanto rapida crescita economica che il paese ha registrato negli ultimi anni e che lo ha condotto al secondo posto tra le economie mondiali. Come conseguenza naturale della crescita economica, la Cina ha in corso un processo di modernizzazione [4] delle forze armate dell'Esercito Popolare di Liberazione e ciò deriva anche dalla determinazione di Pechino a ridurre il distacco, in termini di tecnologia e capacità militare, dall'Occidente, e in particolare dagli Stati Uniti. Inoltre, grazie all'abilità dell'industria militare cinese di sviluppare armi moderne, negli ultimi anni il Paese è riuscito ad essere meno dipendente dalle importazioni russe; tuttavia la Cina rimane ancora legata alla Russia, per quanto riguarda alcuni sottosistemi, in particolare per i motori degli aerei militari, e all'Europa Occidentale, per le importazioni di hightecnology.
La Cina definisce ufficialmente la propria strategia economica, politica e di difesa come "sviluppo pacifico" (autodifesa), in cui un considerevole conflitto interstatale viene visto solo come una remota possibilità per il futuro immediato. Inoltre essa considera la sempre più profonda interdipendenza economica internazionale come strumento per procurarsi uno "scudo invisibile" contro un eventuale conflitto di ampie proporzioni. Pertanto la Cina giustifica la propria modernizzazione del settore militare citando, nei propri comunicati ufficiali [5]. In particolare la Cina sta dando priorità ai settori della tecnologia spaziale, dei sistemi missilistici e della guerra cibernetica; la Cina sta inoltre conducendo un rapido sviluppo in campo navale, sia di superficie sia sottomarino.
Nel documento denominato "Defence White Paper" del 2008, in cui sono presentati i dettagli della spesa militare cinese, viene data, per la prima volta, enfasi alle "military operations other than war" (MOOTW), che includono appunto le risposte ai disastri, le missioni di peacekeeping e quelle di anti-pirateria.
Tuttavia con il crescere del potere militare, la Cina risulta sempre più coinvolta nell'affermazione della propria sovranità nel Mare Cinese Meridionale, contesa con Malesia, Taiwan, Filippine e Vietnam, nonché nella disputa con il Giappone per le isole Senaku/Diaoyu. Oltre a ciò, come potenza economica crescente, la percezione cinese, su quali siano i propri interessi e su ciò che costituisca la sicurezza nazionale, si è estesa notevolmente; in particolare la Cina si sta muovendo per impedire il cammino verso l'indipendenza di Taiwan (considerato parte integrante del territorio cinese), sostenuto dagli Stati Uniti e sta cercando di ottenere l'accesso alle risorse energetiche in Africa e in America Latina, nonché di garantirsi le linee vitali di comunicazione marittime. La grandiosa crescita economica cinese ha spinto fuori dalla povertà centinaia di milioni di persone, ma ciò è stato accompagnato da problemi ambientali, disuguaglianza economica e una persistenza di forti sacche di povertà all'interno del paese. Ciò nonostante, per il momento, le tensioni fra la spesa militare e quella sociale sono mitigate dalla crescita economica che permette una crescita per entrambe.

Russia
La spesa militare della Russia, per l'anno 2010, è stata di 58.7 miliardi di dollari; si tratta dell'1.4% in meno rispetto al 2009, ma dell'82% in più rispetto al 2001. In linea con il suo passato comunista, in Russia, lo Stato gioca un ruolo assai importante all'interno del mercato economico; l'economia russa è fortemente orientata verso l'estrazione di risorse e le esportazioni, mentre possiede un relativamente debole settore manifatturiero, in cui l'industria degli armamenti ricopre una posizione predominante.
Nel corso degli anni '90 l'economia della Russia subì una forte contrazione, con una rapida diminuzione della spesa militare (dal 1992 al 1998 ci fu un calo del 32%) e anche con un forte crisi dell'industria delle armi. Ma dopo la crisi economica del 1998, l'economia russa cominciò a recuperare ed ebbe un periodo di crescita costante, in parte dovuto all'aumento dei prezzi del petrolio, dei gas naturali e dei metalli (i principali beni esportati dalla Russia). Ciò permise un'espansione della spesa militare, che crebbe approssimativamente in linea con la crescita del PIL del paese.
Infatti, durante il primo mandato del Presidente Vladimir Putin (2000-2004), la spesa per la difesa nazionale, che include gli esborsi per le forze armate del Ministero della Difesa (MOD), le armi nucleari e altre categorie di supporto militare diretto, è cresciuta parallelamente al PIL, circa del 60% in termini reali.
Tuttavia, durante il secondo mandato (2004-2008), la crescita della spesa militare, calando del 2.5%, è restato indietro rispetto alla crescita economica. Il conflitto con la Georgia, dell'agosto 2008, ha provocato un cambiamento di politica: la riforma e la modernizzazione militare divennero una priorità nazionale e, nonostante il forte impatto della crisi finanziaria mondiale, la spesa per la difesa nazionale, nel 2009, abbia superato il PIL di circa 3 punti percentuali. Sebbene il budget per la difesa nazionale nel 2010 ha subito un calo del 5% in termini reali rispetto all'anno 2009, i piani per il periodo 2011-2013 prevedono un aumento di tale budget superiore alla crescita del PIL.

India
La spesa militare dell'India nell'anno 2010 è stata stimata pari a 41.3 miliardi di dollari: rispetto all'anno precedente si è registrata una diminuzione del 2.8%, mentre rispetto al 2001 si è avuto un aumento del 54%. Il declino dell'anno 2010, il primo dal 2002, sembra riflettere un "bilanciamento" in relazione ai tassi di crescita economici; infatti nella prima metà degli anni 2000, con un tasso di crescita annuale del PIL pari all'8-9%, la parte riservata alla spesa militare è scesa dal 3.0% nel 2001 al 2.3% nel 2007, mentre con tassi di crescita minori, come quelli registrati negli anni 2008-2009, l'onere militare è aumentato del 2.8% nel 2009 e del 2.7% (stimato) nel 2010.
Come per la Cina, la straordinaria performance economica indiana ha condotto il paese a ricoprire un ruolo di potenza regionale in ascesa con delle crescenti aspirazioni di carattere mondiale. Anche se, tradizionalmente, l'India ha un rapporto molto stretto con la Russia (da cui, nonostante gli sforzi per modernizzare le forze militari, importa la maggioranza delle sue riforniture militari), negli ultimi anni ha sviluppato una partnership strategica con gli Stati Uniti, inclusi estesi accordi sul nucleare civile e sulla cooperazione militare. Questo accordo tra India e USA rispecchia da un lato la volontà, di entrambi i paesi, di contenere il potere cinese e dall'altro il tentativo dell'India di affermarsi sempre più nelle questioni mondiali.
Le maggiori questioni relative alla spesa militare indiana, riguardano il budget per la difesa, che include le spese correnti e di investimento per l'esercito, la marina, l'aeronautica e per la ricerca e lo sviluppo. In base all'anno finanziario 2010-2011 tale budget ammonta a 32,2 miliardi di dollari: inoltre, sulla base delle ricerche del SIPRI, sarebbero da includere altri due elementi di spesa: la difesa civile (che include le spese per il Ministero della Difesa e le pensioni militari), il cui budget ammonta a 6.2 miliardi di dollari, e le forze paramilitari (impegnate a contrastare i ribelli maoisti "Naxaliti" che combattono in difesa dei contadini e delle popolazioni aborigene delle regioni più povere del Paese), il cui budget ammonta a 3.3 miliardi di dollari.
L'India non emette nessun documento relativo alle proprie strategie di difesa e di sicurezza e non pubblica i "defence white papers", tuttavia un resoconto della sua politica di difesa è dato dai rapporti annuali del Ministero della Difesa e ciascuna delle tre forze armate possiede una dottrina. Nella pratica s ono le varie pressioni sulla sicurezza (in primo luogo le insurrezioni in Kashmir e il connesso conflitto con il Pakistan ancora irrisolto) che determinano il corso della politica di difesa, nonché l'andamento della spesa militare del paese.

Brasile
Nel 2010 la spesa militare del Brasile ammonta a 33.5 miliardi di dollari, il 9.3% in più, in termini reali, rispetto all'anno 2009. Tra il 2001 e il 2009 la spesa militare è cresciuta del 30%, con una media annuale del 2.9%; tale lentezza nella crescita è dovuta al taglio del 20% effettuato, nel 2003, sulla spesa militare dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva, come previsto all'interno del suo programma "fame zero". Tuttavia dal 2004 la spesa militare ha ripreso a crescere: dal 2004 al 2010 il tasso di crescita medio è stato del 6.9%; tra il 2003 e il 2010 le spese militari brasiliane sono state pari all'1.5-1.6% del PIL del paese (ciò indica che l'aumento delle spese militari è stato in linea con la crescita economica). All'inizio del 2011, però, il Presidente Dilma Rousseff ha lanciato un programma di aggiustamento finanziario, che include un taglio del bilancio riguardante la spesa militare pari al 27%.
La combinazione di una serie di fattori (fra i quali l'ampia dimensione del paese, una crescita del Prodotto Interno Lordo pari al 41% tra il 2001 e il 2010, una stabilità della democrazia e una funzionante politica estera) ha conferito al Brasile un ruolo di leadership nel Sud America. Inoltre, il Brasile, grazie al fatto di essere uno dei fondatori del Gruppo dei Venti (G20), ha acquisito una posizione speciale rispetto alle varie potenze emergenti.
In base alle stime effettuate dal SIPRI sulla base del bilancio per la spesa militare approvato ogni anno dal Congresso Nazionale, nel 2010, il 73% del bilancio è stato speso per il personale militare (salari e pensioni) e il restante 27% è stato utilizzato per le spese correnti, incluso l'acquisto di armi. In aggiunta al bilancio militare regolare, il Ministero della Difesa ha allocato 853 milioni di dollari per migliorare il sistema di controllo aerospaziale e per sviluppare un'infrastruttura aeroportuale. Infatti, in linea con altri paesi della regione, il Brasile ha intrapreso, in anni recenti, un programma di modernizzazione e potenziamento delle forze armate, che prevede una modernizzazione della struttura di difesa attraverso una riorganizzazione delle forze armate, una ristrutturazione dell'industria militare e una proposta per il servizio militare obbligatorio.
Dunque il Brasile sta avanzando dal punto di vista sia economico sia da quello militare e le scelte riguardanti la spesa militare intraprese, in assenza di reali minacce militari, sembrano essere più inclini a seguire il prestigio o lo status del paese, piuttosto che i bisogni di sicurezza nazionale. Allo stesso tempo i tagli effettuati sulla spesa militare nel 2003 e nel 2011, per proteggere alcuni settori, quali la salute e l'educazione, dimostrano come il governo, in un paese tormentato dall'estrema ineguaglianza, ritenga più urgenti i bisogni sociali.

Turchia
La spesa militare della Turchia dell'anno 2010 è stata stimata attorno ai 17.5 miliardi di dollari, il 3.0% in meno, in termini reali, rispetto all'anno precedente e l'11.2% in meno rispetto al 2001. Anche la spesa militare come percentuale del PIL ha subito una caduta: dal 3.7% nel 2001 al 2.4% nel 2010. Nonostante questa decrescita, nel 2010 la Turchia occupa la quindicesima posizione fra i paesi che registrano una maggiore spesa militare.
Dopo gli avvenimenti della Prima Guerra Mondiale e la frantumazione dell'Impero Ottomano, grazie all'intervento del Presidente Mustafa Kemal Atatürk, la Turchia è divenuto un stato secolare e moderno; oggi (grazie anche alla sua importante posizione geopolitica) infatti ha acquisito una considerevole importanza all'interno della politica internazionale e occupa l'ottava posizione fra le maggiori economie europee e la diciassettesima fra quelle mondiali.
L'esercito, che ricopriva il ruolo di "guardiano" dello stato, risulta essere oggi meno influente; nonostante ciò, rimane comunque un attore chiave nella vita politica turca. In linea con le negoziazioni avvenute per l'ingresso della Turchia in Europa, dal 2001, la direzione dell'esercito è stata riformata: l'esercito è ora responsabile nei confronti della Grande Assemblea Nazionale (il Parlamento turco), a cui è stato dato il pieno controllo sul bilancio militare, e il Consiglio di Sicurezza Nazionale è stato trasformato da un organo di coordinamento con poteri esecutivi a un ente consultivo, che ora include anche funzionari civili. Queste riforme continuano a generare tensioni tra l'esercito e il partito in carica (il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), che sta cercando, invece, di ridurre il ruolo politico dell'esercito.
La politica estera della Turchia, tradizionalmente orientata verso l'Europa e gli USA, è stata lentamente riorientata verso i "vicini" nel Medio Oriente e nel Caucaso. Infatti uno dei maggiori pilastri della nuova architettura è la politica "zero problemi con il vicino", attraverso la quale la Turchia sta cercando di rendere più solida la cooperazione politica, economica e di difesa con i paesi limitrofi.
Il SIPRI stima che la spesa militare turca includa sia le spese per le Forze Armate Turche (che ammontano a 10.6 miliardi di dollari) sia le spese per le forze paramilitari, gendarmeria e guarda costiera (che ammontano rispettivamente a 2.5 miliardi di dollari e a 128 milioni di dollari).
I fondi per l'approvvigionamento militare derivano dal budget del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo e dal Fondo di Supporto per l'Industria della Difesa, un fondo speciale creato nel 1986. Inoltre il bilancio militare turco comprende anche risorse provenienti dalla Fondazione del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, crediti rimborsati dal Tesoro, fondi allocati alla gendarmeria e alla guardia costiera, fondi provenienti dall'Ufficio del Primo Ministro e fondi per le "Guardie del Villaggio" (unità paramilitari locali nate per combattere il Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Queste risorse fuori bilancio non sono, generalmente, soggette al controllo pubblico; le Ong turche hanno, infatti, criticato la mancanza di trasparenza nella spesa militare turca e hanno appunto richiesto una maggiore accessibilità ai dati.
I piani di modernizzazione in corso del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, che includono un rafforzamento della capacità nazionale di produzione di armi e un aumento pianificato per il futuro dei bilanci per la Ricerca e lo Sviluppo e per l'approvvigionamento, suggeriscono che il trend in ribasso dal 2001 della spesa militare turca non continuerà: infatti nel dicembre 2010, la Grande Assemblea Nazionale ha approvato, per il 2011, un aumento nel bilancio del Ministero della Difesa Nazionale, includendo anche maggiori spese per l'approvvigionamento.
La politica di difesa e sicurezza turca è indirizzata da due documenti principali: il "Defence White Paper" del 2000 e il Documento di Politica di Sicurezza Nazionale, che viene aggiornato ogni cinque anni e che nel 2010, per la prima volta, è stato revisionato da un gruppo di civili. Tale documento, in linea con la politica "zero problemi con il vicino", ha eliminato la Grecia, l'Iran, l'Iraq e la Russia dalla lista dei paesi che potrebbero costituire un pericolo per la sicurezza del paese.
Pertanto la recente riduzione della spesa militare turca può essere spiegato dalle riforme che sono state introdotte per democratizzare l'esercito, dai cambiamenti di percezione circa la sicurezza del paese e dalla minore intensità del conflitto con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Inoltre, durante la visita formale del maggio 2011, i Primi Ministri turco e greco hanno discusso una mutua riduzione delle spese militari.
Alla luce di tutto ciò, la ragione alla base dei piani di modernizzazione del sistema militare turco non risulta immediatamente apparente. Con l'eccezione dell'equipaggiamento militare per le questioni di sicurezza interna, non risulta chiaro se l'acquisizione di capacità avanzate sia in linea con la politica estera della Turchia. È possibile infatti che la spesa militare turca sia maggiormente motivata da considerazioni sullo status regionale del paese più che da reali bisogni di difesa.

Sudafrica
Nonostante il livello della spesa militare del Sudafrica sia di gran lunga inferiore a quello dei paesi presi precedentemente in esame, esso risulta essere il più alto di tutta l'Africa sub-sahariana. Nel 2010, l'ammontare della spesa militare Sudafricana ammonta a circa 4.5 miliardi di dollari, pari all'1.2% del PIL del paese; rispetto al 2009 c'è stata una diminuzione del 20%, ma rispetto al 2001 c'è stato un aumento del 22%.
Dalla fine dell'apartheid, nel 1994, il Sudafrica è emerso come maggiore attore africano in termini politici, economici, di difesa e diplomatici. Ciò è dovuto essenzialmente a tre fattori principali:
- Il suo ruolo economico come centro del commercio, della manifattura e dell'investimento nell'Africa del sud,
- La sua potenza militare, sia in termini di spesa militare, sia di sviluppo dell'industria delle armi,
- Il suo crescente ruolo incisivo all'interno delle istituzioni multilaterali, in particolare nella Southern African Development Community (SADC) e nell'Unione Africana (AU).
In aggiunta, il Sudafrica rivendica anche una leadership, nei confronti degli altri paesi africani, nella promozione dei diritti umani, nella Good Governance, e nella "rinascita dell'Africa" (sottolineata dall'avere ospitato i mondiali di calcio del 2010).
Dal 2002, una larga percentuale della spesa militare sudafricana è stata destinata allo Special Defence Account (SDA), predisposto all'approvvigionamento di armi: dal 40% del totale nel 2002 la percentuale di SDA è gradualmente scesa al 27% nel 2009 e al 18% nel 2010.
Gli importanti mutamenti interni e il processo politico hanno fortemente influenzato la spesa militare del Sudafrica e il suo emergente ruolo geopolitico. In primo luogo la nuova costituzione, nel 1996, basata sull'uguaglianza, sul rispetto dei diritti umani e sul benessere sociale, ha ridisegnato la composizione, il mandato e le regole di difesa delle forze armate, in particolare promuovendo un rapporto di cooperazione con gli stati vicini. In secondo luogo, dalla metà degli anni '90, sono state lanciate una serie di iniziative di politica militare: il White Paper sulla Difesa Nazionale del 1996, il Defence Review del 1998, il Defence Act del 2002, il Defence Update del 2006 e il Future SA Army 2020 Strategy del 2009. E in terzo luogo, la politica lanciata nel 2007 per allineare le capacità militari agli obiettivi di politica estera degli altri paesi (cooperazione militare regionale, operazioni di pace). Tale politica sottolinea l'aspirazione del Sudafrica a diventare un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Date le varie problematiche che sono presenti nel Sudafrica, come povertà, disoccupazione, estrema disuguaglianza e HIV/AIDS, l'attenzione riservata alla spesa militare, la sua portata, nonché la corruzione che ne è alla base e la cattiva amministrazione delle risorse (secondo quanto rileva il SIPRI), hanno provocato non poche controversie.

a cura di Sara Rainelli
Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
piazza Cavour 17 - 00193 Roma
tel. 0636000343 fax 0636000345
email: info@archiviodisarmo.it www.archiviodisarmo.it)

[1] SIPRI, Sipri Yearbook 2011, Armaments, disarmament and international security, Oxford University Press, 2011, p. 562.
[2] Bilancio della Casa Bianca (basate sulle richieste di budget per la difesa dell'amministrazione americana per gli Anni Fiscali 2011 e 2012) mostrano un altro ampio incremento delle spese per l'anno 2011, seguite poi da una diminuzione.
[3] nel corso del 2012; ciò nonostante, la spesa per l'anno 2012 sarà superiore, in termini reali, del 4% rispetto ha quella registrata nel 2010. Comunque, i continui dibattiti sul bilancio, tra l'amministrazione e il Congresso degli Stati Uniti d'America, fanno intendere una grande incertezza per quanto riguarda il quadro per il 2011 e il 2012.
[4] In particolare la Cina sta dando priorità ai settori della tecnologia spaziale, dei sistemi missilistici e della guerra cibernetica; la Cina sta inoltre conducendo un rapido sviluppo in campo navale, sia di superficie sia sottomarino.
[5] Nel documento denominato "Defence White Paper" del 2008, in cui sono presentati i dettagli della spesa militare cinese, viene data, per la prima volta, enfasi alle "military operations other than war (MOOTW), che includono appunto le risposte ai disastri, le missioni di peacekeeping e quelle di anti-pirateria.

 
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