Autenticazione



3D Il Giornale

Newsletter

  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 31 Luglio 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 24 Luglio 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 17 Luglio 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 10 Luglio 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 19 Giugno 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Giovedì 05 Giugno 2008
  • Newsletter A.Mi.D. - Newsletter - Mercoledì 28 Maggio 2008

Articoli correlati

Cerca

I rapporti tra i Ministeri Esteri e Difesa nelle operazioni fuori area. PDF Stampa E-mail

I rapporti Esteri-Difesa nelle operazioni fuori area


di Lorenzo Tordelli (*) da Pagine di Difesa

 Con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e il disfacimento del Patto di Varsavia, cade la minaccia terrestre e lo scontro tra blocchi contrapposti. Scoppia la pace (secondo l'espressione molto usata dai media all'epoca). Eppure proprio da allora, come mai prima, cresce l'impiego delle forze armate italiane, che vedono moltiplicarsi le loro operazioni all'estero. Mozambico, Somalia, Albania, ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan le più famose, ma sono molte di più, dalla Namibia al Sahara occidentale, dal Marocco al Kashmir e così via. Spesso aggregate sotto il grande cappello di operazioni di peace-keeping, in cui il linguaggio comune, fa stare ormai un po' di tutto.

 I conflitti, inoltre, assumono sempre più le caratteristiche di conflitti interni agli Stati e portano alla progressiva disintegrazione delle identità statali. Il numero dei soldati italiani all’estero si moltiplica, provocando un notevole cambiamento di quello che era il concetto di sicurezza nazionale. Le forze armate italiane iniziano a ricoprire un ruolo sempre più fondamentale per quello che riguarda la politica estera. I contingenti nazionali cominciano ad essere presenti in diverse operazioni in tutto il mondo, fino ad arrivare ad avere la capacità di inviare all’estero circa diecimila militari e di mantenerli in permanenza. Tutto questo con esiti estremamente positivi tanto che le forze armate italiane hanno raggiunto nell’ambito delle Nazioni Unite, della Nato e della Unione Europea delle posizioni di grande responsabilità, con il comando contemporaneo di varie operazioni.

 

In virtù di questo nuovo concetto di sicurezza nazionale (non più inteso come statica difesa del proprio territorio) è cresciuto il numero delle Peace Support Operations (Pso) svolte dai nostri contingenti all’estero ed è per questo che è nata l’esigenza di una collaborazione sempre più stretta tra ministero degli Affari Esteri e ministero della Difesa. Sulla materia, però, ancora non c'è molto. Esistono degli accordi e dei collegamenti standardizzati fra ministero della Difesa, il Comando operativo di vertice interforze (Coi) e il ministero degli Affari Esteri (Mae) soprattutto per regolare i rapporti tra il personale dei due ministeri nei contesti operativi. Gli accordi stabiliscono essenzialmente, responsabilità, ruoli e finanziamenti.

 

Il concetto fondamentale è però quello che, a seconda della Pso in cui ci troviamo, cambiano radicalmente i ruoli tra i due ministeri. E’ pertanto necessario, chiarire alcune definizioni dei vari tipi di operazioni in supporto alla pace. Infatti, fonti diverse danno definizioni diverse e questo può generare un po’ di confusione. Le Pso sono le forme di intervento che tendono alla prevenzione, gestione e soluzione di situazione di crisi esterne al territorio nazionale e non incidenti sugli interessi vitali del Paese, si possono suddividere in:

·    prevenzione dei conflitti (conflict prevention), volta a scongiurare l'avvio di una crisi, spesso attraverso lo schieramento preventivo di forze armate. operazioni di pacificazione (peace-making), da intraprendere una volta iniziate le ostilità in un Paese straniero per conseguire una pacificazione tramite azioni diplomatiche, azioni di mediazione o imposizione di sanzioni;

·   operazioni di imposizione della pace (peace-enforcement) da alcuni ritenute parte delle Pso, da altri decisamente no; condotte allo scopo di imporre la pace, vengono promosse anche senza il consenso delle parti in causa, in sostituzione alle istituzioni nazionali quando queste vengono dichiarate latitanti;

·        operazioni di mantenimento della pace (peace-keeping), finalizzate a moderare o porre fine alle ostilità tra le parti o far rispettare tregue e accordi;

·    operazioni di costruzione della pace (peace-building), condotte al termine di un conflitto,per sostenere la stabilità politica, ricostruire le istituzioni di uno Stato ed evitare così la ripresa delle ostilità;

·       missioni di aiuto umanitario (humanitarian aid), condotte allo scopo di alleviare le sofferenze umane e di fornire un supporto alle popolazioni locali.

 

Nelle prime due tipologie di Pso, il ruolo fondamentale è quello del Mae. In tali contesti, infatti, si attuano tute quelle azioni - diplomatiche e di mediazione - volte al fine di evitare il conflitto o comunque di porvi un termine. Il ruolo delle forze armate è limitato e al massimo sono chiamate in causa per schierarsi nelle vicinanze dei territori contesi, solo a scopo preventivo e dissuasivo.

 

In tali contesti è fondamentale il ruolo della Farnesina e in particolare dell’Unità di crisi per eventuali interventi d'emergenza. Quando si ha il sentore di una possibile crisi, il Mae, attraverso questa unità, interviene per tutelare gli italiani e gli interessi nazionali nel Paese a rischio. Il rapporto tra Unità di crisi e ministero della Difesa è uno dei più riusciti e probabilmente questo deriva dal fatto che ai vertici della Unità di crisi vi sono diplomatici giovani e molto esperti, data la rilevanza della posizione assai ambita che occupano. Inoltre, i ruoli sono molto chiari: l’Unità di crisi decide, in collaborazione con Coi e Cofs (comando forze speciali), come, dove, quando e in che modo intervenire, dopodiché l’Unità “noleggia” i militari che intervengono, rapidamente, secondo quanto stabilito.

 

Nel peace-enforcement i ruoli si capovolgono. Quando si entra in un Paese per imporre la pace è il ministero della Difesa che fa la parte del leone. Il ruolo degli Esteri è limitato. Normalmente il Mae distacca un suo funzionario, un diplomatico (di solito con il grado di consigliere d’ambasciata), che ha il compito dare consigli e indicazioni al comandante per garantire che le decisioni prese siano condivisibili e ben accettate a livello internazionale. Questa figura prende il nome di Polad (political advisor). L’obiettivo nella fase di peace-enforcement è quello di far sì che decisioni prese nell’ambito delle direttive Nato non siano in contrasto con gli interessi della politica italiana. “Nel caso dei Balcani, questa collaborazione era fondamentale perché Balcani e Serbia sono partner commerciali per l’Italia molto rilevanti” come afferma il generale Giuseppe Valotto, ex comandante di Kfor in Kosovo.

 

Nel peace-keeping e nel peace-building il ruolo del Mae e del del Polad crescono. Nel Humanitarian Aid il ministero della Difesa dovrebbe lasciare completamente carta bianca al Mae, che dovrebbe sotto l’egida della Cooperazione Italiana condurre tutte le operazioni civili di sostegno umanitario.

 

Il punto fondamentale è che poi nella realtà le fasi non sono separate, come in teoria, ma ci si può trovare in situazioni in cui i diversi contesti si accavallano e sovrappongono. Le Pso non possono essere quindi intese come statiche, nel concreto spesso non si distinguono nettamente, ma costituiscono un continuum complesso. Molte volte ci si può trovare in una zona classificata come peace-building e allo stesso tempo, a poche decine di chilometri, è ancora necessario l’utilizzo della forza per assicurare la stabilizzazione. In tal senso si invocano regole d’ingaggio (Roe) robuste per avere un margine di flessibilità nella condotta delle Pso.

 

I rapporti tra Mae e ministero della Difesa diventano fondamentali nelle fasi di peace-keeping e peace-building, intesi come contesti in cui bisogna procedere alla stabilizzazione e allo stesso tempo alla ricostruzione dello Stato, rilanciando istituzioni e sviluppo economico del Paese coinvolto dal conflitto. In tali contesti, estrema rilevanza assume il rapporto che si instaura tra il Polad (consigliere diplomatico distaccato dalla Farnesina) e il comandante del contingente. Aumenta, infatti, il peso delle decisioni politico-economiche ed è necessario che a prenderle ci siano tecnici specializzati.

 

E’ necessario che il Polad riesca a stabilire dei buoni contatti con i nuovi poteri locali, che istauri rapporti di fiducia, che riesca a usufruire dei fondi per la ricostruzione offerti da organismi internazionali e di cooperazione. Il Polad dovrebbe essere in grado, con l’aiuto del comandante di campo, di sviluppare i progetti più idonei per procedere alla ricostruzione del Paese e dare impulso al circuito economico, infine avviare i programmi di formazione e cooperazione per procedere allo state-building.

 

Questa relazione non funziona però sempre così bene. Ciò deriva un po’ dalla personalità dei comandanti e dei diplomatici e un po’ a causa di problemi endogeni alle relazioni Mae-Md. Secondo i militari, alcuni diplomatici vedono le forze armate come strumenti per valorizzare la politica italiana, altri le percepiscono come intralci e come ombre alla loro visibilità. In realtà gioca soprattutto la diversa mentalità. Il Mae è un ministero politico e i diplomatici si preoccupano principalmente di rappresentanza o di negoziati. Proprio in funzione del ruolo che rivestono e per le alte responsabilità che si assumono, tendono ad essere cauti.

 

Nelle situazioni di crisi propendono a suggerire soluzioni soft o a prendere tempo. Per forza di cose devono dipendere fortemente dal Mae e per questo devono contattare Roma prima di poter prendere decisioni definitive. Va da sé che questo atteggiamento può andare bene nelle situazioni stabilizzate, ma non in quelle calde dove la decisione e l'atteggiamento dei comandanti sono fondamentali anche per la capacità di dimostrare determinazione.

 

Accade spesso così che i programmi di ricostruzione o aiuto del Mae sfuggono al controllo dei comandanti e a volte sono addirittura in conflitto con i progetti militari. “Il personale della Cooperazione è noto per non voler o saper cooperare con le forze armate. Salvo casi eccezionali di buona cooperazione, sempre dovuti alla personalità degli ambasciatori, le attività tendono quanto meno a ignorarsi e a sovrapporsi” afferma il generale Fabio Mini, ex comandante di Kfor. Di questo dualismo spesso approfittano anche le Ong in loco e le agenzie che lavorano col Mae, per l'esecuzione pratica dei progetti, fomentando discordia o interferendo con entrambi per ottenere favori o finanziamenti.

L'autorità e la credibilità dei militari è spesso minata da questo fattore e la giusta rimostranza di tutti i militari è che alla fine "manca il sistema Italia”. Questa verità non vuole però dire che i militari siano sempre esenti da difetti. Anzi nelle operazioni Cimic (cooperazione civile-militare) viene scarsamente sfruttata la possibilità di cooperare con le istituzioni civili e troppo spesso la cooperazione o il sistema Italia sono intesi a senso unico: "I militari comandano e tutti gli altri obbediscono". Pochi si sono resi conto che ormai non è più possibile adottare questo approccio e, irrigidirsi se non viene seguito, comporta sempre delle grandi disfunzioni e una perdita secca di prestigio nazionale e credibilità.

 

Una ipotesi per risolvere tali problematiche potrebbe essere quella di creare cellule all’interno delle quali lavorino più persone (Mae e Md) con il ministero per il Commercio internazionale, esperti d’elaborazione di progetti di sviluppo e con conoscenza del mondo Esteri e Difesa. Tali cellule dovrebbero essere di ridotte dimensioni, lavorare per obiettivi condivisi e essere presenti sia in loco nei contesti operativi sia in Italia come controparte speculare che dipenda direttamente dalla presidenza del Consiglio in maniera da prendere decisioni rapide e unanimi.

 

E' per questo fondamentale una conoscenza di tali soggetti. Non è possibile che si ritrovino sul campo a dover prendere decisioni fondamentali senza essersi conosciuti prima, senza aver lavorato insieme. E’ importante che queste cellule siano in grado di individuare progetti che generino occupazione. Si dovrebbero sviluppare progetti nelle zone dove ci sono militari italiani finalizzati a far sì che, una volta conclusesi le ostilità, si sia creato l’humus per partnership e relazioni durature con il nostro Paese, favorendo mutui riscontri positivi in termini socio-economici.

 

In tale ottica, i militari possono dare un notevole contributo nell’individuazione delle tipologie d’investimento da realizzare avendo una buona conoscenza del territorio. E’ fondamentale però una corretta ripartizione dei ruoli: ai militari possono essere affidati progetti “quick” utili alla ricostruzione delle infrastrutture di base. Sono poi i civili, sotto la guida del Mae che si devono occupare, attraverso ‘long project’, della ricostruzione delle istituzioni e della creazione dello Stato (State Building) attraverso progetti di formazione a più lungo termine.

 

La collaborazione Esteri-Difesa è sempre più importante ed è necessario nel futuro fortificarla. Mae e Md hanno know-how diversi, ma entrambi sono indispensabili per la gestione delle operazioni. E’ necessario quindi incrementare questi rapporti e renderli più efficaci e fruttuosi. La sinergia si crea attraverso un sistema relazionale, che ognuno sappia fare bene il proprio lavoro oggi non basta più! Il futuro richiede piccole comunità, formate da persone con expertise e talenti diversi che collaborino per un fine comune: fare trionfare il sistema Italia.

 

(*) Istituto Italo Latino Americano, frequentatore ISSMI.

Le droghe sono cari, è per questo che alcuni pazienti non possono comprare le medicine di cui hanno bisogno. Tutti i farmaci di sconto risparmiare denaro, ma a volte le aziende offrono condizioni migliori rispetto ad altri. Circa il venti per cento degli uomini di età compresa tra 40 e 70 non erano in grado di ottenere l'erezione durante il sesso. Ma non è una parte naturale dell'invecchiamento. Questioni come "Comprare kamagra oral jelly 100mg" o "Kamagra Oral Jelly" sono molto popolari per l'anno scorso. Quasi ogni adulto conosce "kamagra 100mg". Le questioni, come "Comprare kamagra 100mg", si riferiscono a tipi diversi di problemi di salute. In genere, avendo disordine ottenere un'erezione può essere difficile. Prima di prendere il Kamagra, informi il medico se si hanno problemi di sanguinamento. Ci auguriamo che le informazioni qui risponde ad alcune delle vostre domande, ma si prega di contattare il medico se si vuole sapere di più. personale professionale sono esperti, e non saranno scioccati da tutto ciò che dici.

 
Sostieni anche tu l'informazione del portale A.Mi.D. effettuando una donazione volontaria.