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Associazione per i Militari Democratici
Ill d.d.l. Brunetta è stato definitivamente approvato anche dal Senato PDF Stampa E-mail

Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti

Via libera al disegno di legge Brunetta sul lavoro pubblico. L'Aula del Senato ha idefinitivamente approvato il disegno di legge delega sul pubblico impiego. Punti centrali del provvedimento sono l' introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture amministrative; la valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali; la definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici; l' introduzione di strumenti per una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale, la possibilità per i cittadini di chiamare in causa la pubblica amministrazione in caso di mancata efficienza.
Obbiettivi di rendimento - Vengono poi definiti obbiettivi annuali per ciascuna amministrazione che saranno verificati e i cui risultati saranno resi pubblici. Nell'ambito del riordino dell'Agenzia per la rappresentazione negoziale della pubblica amministrazione (Aran) e in posizione autonoma e indipendente, sarà costituito un organismo centrale di valutazione con il compito di: indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione; garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione; assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il ministro per l'attuazione del programma sull'attività svolta. Sarà assicurata l'accessibilità dei dati sui servizi resi dalla pubblica amministrazione con la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministraz ione.
Contrattazione collettiva - Saranno riordinate le procedure in coerenza con il settore privato e sarà semplificato il procedimento di contrattazione anche attraverso l'eliminazione dei controlli non strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi. Saranno poi introdotti nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, secondo le modalità attuative stabilite dalla contrattazione collettiva, e che saranno stabilite percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa misurazione secondo criteri oggettivi del contributo e del rendimento del singolo dipendente pubblico.
Più responsabilità ai dirigenti - I dirigenti saranno maggiormente responsabilizzati, e la retribuzione legata al risultato non dovrà essere inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva. Scatterà però il divieto di corrispondere il trattamento economico accessorio nell'ipotesi di responsabilità del dirigente che abbia omesso di vigilare sulla effettiva produttività e sull'efficienza della struttura che dirige. Saranno previsti concorsi per l'accesso alla prima fascia dirigenziale e saranno ridotti gli incarichi conferiti ai dirigenti non appartenenti ai ruoli e ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione. Favorita anche la mobilità nazionale - che potrà avvenire anche tra comparti amministrativi diversi - e internazionale dei dirigenti.
Più facile chiamare in giudizio l'amministrazione - In base alle nuove disposizioni sarà anche consentito a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi rilevanti.
Obbligo di identificabilità - E sempre in materia di rapporti con i cittadini il testo prevedere l'obbligo, per il personale a contatto con il pubblico, di indossare un cartellino identificativo ovvero di esporre sulla scrivania una targa indicante nome e cognome.

Pensionamento forzato con 40 di servizio effettivo - A seguito dell'approvazione di un emendamento alla Camera, è stato limitato l'obbligo di pensionamento forzato ai dirigenti pubblici che hanno compiuto 40 anni di servizio effettivo, escludendo, dunque, questa possibilità nel caso in cui si raggiungano i 40 anni con contributi volontari come ad esempio il riscatto della laurea.
Corte dei conti - Novità anche per la Corte dei conti, che ora, anche a richiesta delle commissioni parlamentari, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali. In caso di gravi irregolarità gestionali o gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti dalle norme, la Corte ne provvede a darne comunicazione al ministro competente, e il ministro può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui relativi capitoli di spesa. Il testo deve ora tornare in Senato per la definitiva conversione in legge.

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Diritti e tutele per il personale militare: Cosa succede in Europa PDF Stampa E-mail
Molti Stati dell'Unione Europea, come pure molti Stati non UE del Vecchio Continente, riconoscono ai propri militari il diritto associativo e alcuni anche quello sindacale.
Invece in Italia i vertici militari paventano una perdita di efficienza e di disciplina nelle forze armate se fosse riconosciuto tale diritto anche ai nostri militari.

Al riguardo basterebbe ricordare loro che i militari della Germania, della Danimarca, dell'Olanda, del Belgio, della Finlandia, dell'Irlanda (solo per citarne alcuni assieme ai quali gli italiani in uniforme collaborano nelle missioni internazionali), godono del diritto associativo e/o sindacale senza che sia mai stato messo in discussione né la disciplina né l'efficienza delle rispettive forze armate a dimostrazione dell'infondatezza dei timori manifestati da alcuni ambienti politici e militari.
Neppure uno sciocco potrebbe sostenere che la disciplina presso l'aeroporto di Kabul è venuta meno quando il comando (e diversi servizi) è passato alle truppe belghe.
In Germania è molto apprezzata, anche dalle autorità politiche e militari, l'attività svolta dall'Associazione DBwV che ha persino contribuito alla ristrutturazione delle forze armate tedesche dopo l'unificazione delle due Germanie.
I militari in Belgio fruiscono del diritto associativo dal 1909 e dal 1973 hanno il loro sindacato!
In questi ultimi anni tutti i partiti hanno dichiarato che l'attuale sistema della Rappresentanza Militare ha dimostrato i suoi limiti e la sua inadeguatezza e che occorre un cambiamento per adeguare la legislazione italiana agli standard europei.
Nella società globalizzata anche i militari sentono l'esigenza di una globalizzazione dei diritti e di un sindacato internazionale ed è per questo che AMID (Associazione per i Militari Democratici), una tra le più attive associazioni che da anni si batte per il riconoscimento dei diritti dei militari, ha promosso negli anni scorsi una serie di incontri istituzionali con i responsabili di EUROMIL (*) venuti in Italia per "rassicurare" gli esponenti della politica nazionale sull'infondatezza dei timori paventati come conseguenza della conquista del diritto associativo per i militari.
Il Presidente di EUROMIL Emmanuel Jacob assieme al Segretario Generale Mikko Harjulehto sono stati più volte a Roma per testimoniare e far conoscere le diverse esperienze positive dei numerosi Paesi europei in tema di diritti e tutele del personale militare.
Il ruolo molto attivo dell'Italia nei Teatri Operativi internazionali dovrebbe essere accompagnato da una sempre maggiore integrazione della Difesa dell'UE, anche rispettando i diritti del cittadino in uniforme adeguandoli agli standard più evoluti nel contesto europeo.
Più volte è stata riconosciuta l'importanza delle capacità professionali ed umane delle donne e degli uomini delle Forze Armate italiane; è arrivato il momento di confermare queste capacità anche sul piano dei diritti e sull'effettivo esercizio della democrazia.
Un cittadino in uniforme è veramente responsabile del proprio delicato ruolo sociale quando esercita a pieno i suoi diritti costituzionali e democratici nel proprio Paese ed accetta i suoi obblighi professionali di soldato tra cui difendere la democrazia, la pace ed i diritti umani anche al costo estremo della propria vita.

(*)EUROMIL (organizzazione europea che riunisce 32 tra associazioni e sindacati di 28 paesi UE)si occupa con costanza ed attenzione tutti gli sviluppi della politica di difesa estera nelle Istituzioni Europee. Inoltre mantiene intensi contatti con le Alleanze Europee di Difesa e Sicurezza, la NATO e l'OSCE svolgendo un ruolo particolarmente importante riguardo all'allargamento dell'Unione Europea e l'apertura della NATO ai Paesi del est e del sud-est Europeo.
EUROMIL offre il suo qualificato supporto per alleviare il disagio professionale del personale militare derivante dal profondo cambiamento delle missioni assolte dalle Forze Armate Europee.
Di recente sono al centro dell'interesse di EUROMIL anche i problemi sociali dei militari europei e delle loro famiglie derivanti dalle sensibili riduzioni di bilancio a carico delle Forze Armate dei vari Paesi.

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Consiglio supremo di Difesa, il commento dell'editorialista G. Martinelli PDF Stampa E-mail
Consiglio supremo di Difesa, decisioni importanti e occasioni mancate
di Giovanni Martinelli da Pagine di Difesa
Quello che si evince dalla lettura del comunicato diffuso dal Quirinale al termine del Consiglio supremo di Difesa del 29 gennaio scorso e che, contrariamente a quanto sarebbe stato tutto sommato lecito aspettarsi, i temi trattati hanno finito con il dare origine, in positivo o in negativo, a decisioni non prive di una certa rilevanza.
Nel dettaglio, due erano gli argomenti all'ordine del giorno. Con la trattazione del primo, cioè l'analisi della situazione internazionale e il quadro delle missioni all'estero delle forze armate, si è avuta la riconferma dell'impegno del nostro Paese in tutti i teatri operativi che già oggi ci vedono coinvolti, sottolineando ancora una volta l'importanza dello strumento militare nell'ambito delle situazioni di crisi, sia da un punto di vista della loro stabilizzazione che della loro soluzione.
La novità di rilievo è invece rappresentata dalla disponibilità alla partecipazione a una missione multinazionale di pattugliamento marittimo e da una di controllo dei valichi (nello specifico quello di Rafah) nella striscia di Gaza. Si tratta, com'è noto, di impegni che scaturiscono dal recente conflitto tra Israele e Hamas e che, precisa il Consiglio, potranno essere messi in pratica solo quando le condizioni politiche lo consentiranno.
A questo proposito pare opportuno aggiungere un paio di considerazioni. La prima è che, anche in questo caso, il nostro Paese da l'impressione di non essere in grado di mettere a punto un processo decisionale capace di mettere a fuoco vantaggi e svantaggi (o, se si preferisce, costi e benefici) della partecipazione a questa o quella missione: sembra cioè prevalere una componente emotiva rispetto a una prettamente razionale che tenga anche conto dei reali interessi nazionali in gioco, di quali siano i rischi connessi e su quali risorse si possa far conto. Tema, quello delle risorse, che ci conduce alla seconda considerazione e che riconferma una volta ancora tutti i dubbi su certe scelte.
In estrema sintesi, come è possibile che il quarto Paese contributore (sia in ambito Nato che Ue) in termini di uomini alle diverse missioni internazionali sia allo stesso tempo ultimo in termini di spese per la Difesa? Un'incoerenza di fondo, una fra le tante, che comunque andrebbe risolta, giusto perché non contribuisca ulteriormente al prosciugamento delle ultime capacità operative delle forze armate stesse.
Sempre nell'ambito dello stesso argomento è stato poi trattato il tema dell'impiego dei militari con compiti di ordine pubblico; com'è noto, nei giorni scorsi era stata avanzata la proposta di aumentare fino a 30mila il numero dei militari impegnati nell'operazione Strade Sicure, in concorso con le forze dell'ordine nei compiti di mantenimento dell'ordine pubblico e di controllo del territorio.
Ebbene, nonostante il grande risalto mediatico dato a tale iniziativa, si deve osservare come il Consiglio stesso abbia provveduto a riportare i termini della questione in un più corretto ambito; ricordando infatti la limitatezza delle risorse a disposizione e la priorità da assegnare ai compiti propri dello strumento militare, in pratica si è proceduto a bocciare tale proposta. In conclusione: la vittoria della ragione sulla propaganda.
Le novità più interessanti, ma per certi versi più preoccupanti, vengono poi dalla trattazione del secondo argomento all'ordine del giorno e cioè i provvedimenti di razionalizzazione delle forze armate aventi comunque l'obbiettivo - così recita il comunicato ufficiale - di mantenere le attuali capacità operative. Proprio a tale riguardo è stata istituita, su iniziativa del ministro della Difesa, una "Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale"; tale commissione avrà il compito di rivedere il modello di difesa e l'organizzazione dello stesso dicastero della Difesa. In pratica, si è deciso di non decidere.
In teoria, infatti, l'iniziativa potrebbe pure essere interessante anche alla luce della decisione di aprirla al contributo di altri ministeri in un più ampio ambito multidisciplinare. In realtà, essa lascia aperti non pochi dubbi. Il primo è quello relativo ai tempi; i problemi delle forze armate italiane sono noti oramai da anni così come, tutto sommato, anche i possibili rimedi per mantenerle in qualche modo in vita (perché solo questo appare sempre più come l'unico obiettivo realisticamente perseguibile). Il rischio è quindi quello che i lavori di tale commissione provochino un'ulteriore dilatazione dei tempi di quella che è con tutta evidenza una riforma ineludibile; per essere ancora più chiari, il tempo rimasto a disposizione si misura in termini di settimane, non certo di mesi. Perchè se la situazione già per il 2009 è pesante, quella per i prossimi anni è destinata a diventare addirittura drammatica; avere quindi un progetto credibile e disponibile in tempi rapidi in modo da partire subito con le riforme necessarie è - o almeno dovrebbe essere - l'unica soluzione possibile.
Un altro punto importante, visto che questa commissione c'è e ormai ce la dovremo tenere, riguarderà la sua composizione; capire cioè se i suoi membri proverranno solo dai ministeri coinvolti o se sarà aperta a soggetti esterni che, per le loro conoscenze, potrebbero fornire un apporto significativo. L'auspicio, tanto per essere chiari, è che si possa replicare quanto fatto in Francia con la "commission sur le Livre blanc sur la defense et la sìcuritè nationale" istituita dal presidente Sarkozy nel luglio del 2007 e composta, oltre che da alcuni parlamentari, da funzionari di diversi ministeri e da alti ufficiali delle forze armate, anche da figure provenienti da altri settori. Sarebbe questo un passaggio importante, non fosse altro per il fatto che una tale scelta potrebbe garantire una maggiore trasparenza sulle decisioni che saranno prese.
E questo perché i temi sul tappeto non saranno certo di poco conto: compiti e missioni delle forze armate (per quanto possa apparire incredibile, nel nostro Paese siamo ancora infatti al punto di dover precisare a cosa esse servano), dimensioni, capacità operative e, soprattutto, livello di risorse finanziarie su cui, in concreto, fare affidamento. Se la commissione sarà in grado di fornire delle risposte serie e un progetto credibile in tempi rapidi (il tutto all'insegna della chiarezza), allora ben venga tale commissione. Detto questo, l'esperienza ci insegna che quando si parla di sicurezza e di difesa in Italia, le speranze di arrivare dei risultati seri e concreti sono a dir poco ridotte.
Speranze ulteriormente assottigliatesi proprio negli ultimi tempi dove tra tagli alle risorse a dir poco selvaggi e impieghi "creativi", si è arrivati a evocare l'immagine di militari che, rinchiusi nella loro Fortezza Bastiani, sono a guardia di quel Deserto dei Tartari quale metafora di un nemico inesistente; da qui la conclusione in base alla quale esse sono, in pratica, nullafacenti: ulteriore ed eloquente dimostrazione di un "pensiero debole", di una profondità di pensiero strategico pressoché nulla, dell'incapacità di comprendere le caratteristiche specifiche e peculiari del mondo militare (che ovviamente va al di là degli stereotipi tutti nostrani del "soldato di pace - soldato tuttofare"), di una visione opaca degli interessi del Paese in ambito internazionale e di una concezione approssimativa - per non dire primitiva - delle questioni legate alla Difesa.
Un'ultima considerazione; il fatto che a decidere sul futuro delle forze armate saranno coloro i quali possono essere considerati tra i maggiori responsabili dell'attuale condizione di sfascio materiale e - almeno in parte - morale del nostro strumento militare (si vedano le amare parole del Generale Bertolini), è oggettivamente definibile in un solo modo: inquietante.

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Le conseguenze di tagli indiscriminati al bilancio della difesa PDF Stampa E-mail
Il 29 gennaio Consiglio supremo della Fortezza Bastiani
di Giovanni Martinelli da Pagine di Difesa

Quello che per le forze armate avrebbe dovuto essere un (relativamente) tranquillo periodo di avvicinamento alla sia pur cruciale riunione del Consiglio supremo di Difesa del prossimo 29 gennaio, si sta invece trasformando in un'ennesima e lampante dimostrazione di come, ancora oggi, nel nostro Paese sia pressoché impossibile discutere di politiche di sicurezza e di difesa, e quindi di forze armate stesse, in maniera lucida e razionale.
Si è accennato alla riunione del 29 gennaio; nel comunicato diffuso dal Quirinale, tra i vari argomenti all'ordine del giorno, è infatti previsto anche un: "esame delle linee portanti del processo di razionalizzazione dello strumento militare e dei provvedimenti normativi posti a suo fondamento". Un tema su cui ormai si discute da diverso tempo, senza che però nulla di concreto su quanto si pensa di fare sia mai stato illustrato con chiarezza.
Aspetto, quest'ultimo, certo non irrilevante visto che così facendo si è sottratto a un - più o meno pubblico - dibattito un argomento che, viceversa, riveste un'importanza non indifferente per il Paese intero. Non resta quindi che aspettare e vedere quali saranno i provvedimenti che si intende assumere. Per quel poco che è dato sapere, il filo conduttore sarà rappresentato da una drastica riduzione degli organici perché, così si sostiene, il modello a 190mila uomini varato con la legge 331/2000 non sarebbe finanziariamente sostenibile.
Tesi rispettabile ma di per sé poco credibile per due ordini di motivi. Il primo è che, in realtà, tale modello non ha mai visto la luce perché la corretta ripartizione tra le varie categorie di personale - uno dei due pilastri fondamentali insieme alla fissazione del suddetto livello di forze - previsto da tale legge è ben lungi dall'essersi completata, tanto da creare uno squilibrio nella distribuzione dei fondi a disposizione. Il secondo motivo è che, cifre alla mano, per renderlo finanziariamente sostenibile - cioè garantire quantomeno l'equilibrio fra le spese per il personale da una parte e quelle per l'esercizio più l'investimento dall'altra - il livello di risorse necessario non sarebbe certo così elevato; quell'1,2% di incidenza sul Pil delle spese per la Difesa in più occasioni immaginato, sarebbe infatti in grado di garantire una sufficiente operatività dello strumento militare, soprattutto se venisse affiancato da interventi mirati volti a razionalizzarne la struttura.
Il problema non sta dunque nel modello a 190mila in sé quanto, piuttosto, nell'incoerenza di una politica che dopo averlo delineato. non ha provveduto a fornire quelle risposte e quelle risorse che sarebbero state necessarie per realizzarlo in maniera compiuta. Resta il fatto che con l'attuale 0,8% (peraltro in rapida diminuzione nei prossimi anni) qualsiasi considerazione circa il futuro assetto delle forze armate corre il serio rischio di rimanere un esercizio quasi esclusivamente teorico.
Ma, come si diceva, questo tranquillo - quasi rassegnato - approssimarsi al Consiglio supremo di Difesa, viene come scosso dall'annuncio di un provvedimento di una tale portata da non poter essere taciuto né, tanto meno, analizzato; prima i ministri della Difesa nonché dell'Interno e, in seguito, il presidente del Consiglio hanno infatti avanzato la proposta di portare a 30mila il numero dei militari impiegati nell'operazione Strade sicure.
Ora, se già l'originario impiego di tremila militari con compiti di ordine pubblico aveva destato più di una perplessità e non poche critiche, è evidente che il prospettato dispiegamento di molti altri modifica ulteriormente i termini della questione. Tanto per essere chiari, se prima di questa decisione certi richiami a Paesi in cui le situazioni di ordine pubblico interno sono talmente gravi da richiedere il massiccio impiego di uomini delle forze armate accanto a quelli delle forze di polizia apparivano strumentali, alla luce degli ultimi sviluppi essi non sembrano più essere tali. Tanto che certi paragoni, prima eccessivi, all'improvviso diventano e, soprattutto, imbarazzanti; parlare di un'Italia simile all'Iraq o alla Colombia non appare più tanto fuori luogo.
Ed evidentemente poco importa se, dati alla mano, disponiamo del più imponente apparato di sicurezza interno dell'intera Europa (con oltre 300mila soggetti che, a vario titolo e in diversi modi, si occupano di ordine pubblico e affini), se questi vengono impiegati male, se tale apparato ci costa già molto, se questo ulteriore impegno finirà con il far pagare ai cittadini italiani due volte lo stesso servizio, se si continuerà a dilapidare quel poco di risorse che rimane a disposizione delle forze armate e se, soprattutto, queste ultime verranno ancora una volta impiegate (o forse sarebbe meglio dire ‘usate') per compiti che poco o nulla hanno a che fare con quanto per loro previsto dalle leggi della nostra Repubblica.
Perché non bastava la ‘monnezza', lo spegnimento di incendi, la demolizione di opere abusive, la spalatura della neve, il (per ora abortito, ma non si sa mai) controllo della sicurezza dei cantieri di lavoro. Ecco che quello che avrebbe dovuto essere un esperimento limitato nel tempo e nella quantità, si trasformerà fino a far diventare i ‘pattuglioni' una presenza fissa - e massiccia - nelle nostre città. Si va cioè affermando una tendenza pericolosa: tutto ciò che riguarda la sicurezza dei cittadini può essere trasformato in emergenza e quindi tutto può richiedere l'impiego dei militari. Un passaggio funzionale a un'ulteriore trasformazione che le forze armate stesse stanno subendo: da strumento a disposizione dell'intero Paese per l'implementazione delle politiche estera e di sicurezza in uno a disposizione di pochi da impiegare in maniera funzionale alla raccolta del consenso popolare.
Su questo quadro d'insieme aleggiano quella scarsa preparazione e quella incompetenza dimostrate sì dall'attuale titolare del dicastero della Difesa ma ugualmente diffuse in larga parte del Governo e del Parlamento. Una situazione di grave deficit/arretratezza culturale sui temi della sicurezza e della difesa, efficacemente illustrata dall'affermazione del presidente del Consiglio che, per giustificare l'aumento dei militari nelle città, dichiara: "invece di essere un esercito che sta a fare la guardia nei confronti del deserto dei Tartari sarà utilizzato per combattere l'esercito del male".
E così, il 2009 si appresta a diventare l'inizio di una nuova era per le nostre forze armate e per l'Italia stessa. Per le prime, con l'effetto combinato dei tagli di bilancio, della prossima ristrutturazione/riduzione e di precise scelte politiche, si profila il completamento di quel processo di involuzione (o, se preferite, scempio) che le porterà a operare sempre più in maniera ancillare rispetto ad altri corpi o enti dello Stato all'interno dei confini nazionali, fino a relegare gli scenari di impiego internazionali in una posizione di secondo piano.
Per l'Italia poi, valutare quali potranno essere i riflessi sulla sua azione in ambito internazionale, e quindi sul suo ruolo nonché sul suo peso, è forse presto per dirlo ma pensare che essi possano trarre beneficio da tali scelte appare quanto meno improbabile. Ben più facile che, piuttosto, avvenga esattamente l'opposto.
Una cosa almeno è chiara, laddove proprio su queste colonne [Forse ora si comincia a esagerare] si insinuava il dubbio che si stesse esagerando, adesso tale dubbio è definitivamente svanito per lasciare lo spazio a una solida certezza: stiamo decisamente esagerando. Il tutto nell'assordante e colpevole silenzio di (quasi) tutti, ivi compresi quei vertici militari chiamati a guidare l'istituzione ‘forze armate' e che invece appaiono sempre più lontani dalle responsabilità che tale onere-onore comporta.

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L'esito del Consiglio Supremo di Difesa PDF Stampa E-mail
Il Presidente Napolitano ha presieduto al Quirinale una riunione del Consiglio supremo di difesa

Il Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano, ha presieduto oggi, al Palazzo del Quirinale, una riunione del Consiglio supremo di difesa.
Alla riunione hanno partecipato: il Ministro per gli affari esteri, On. Franco Frattini; il Ministro per l'interno, On. Roberto Maroni; il Ministro per l'economia e le finanze, On. Giulio Tremonti; il Ministro per la difesa, On. Ignazio La Russa; il Ministro per lo sviluppo economico, On. Claudio Scajola; il Capo di Stato Maggiore della difesa, Generale Vincenzo Camporini.
Hanno altresì presenziato alla riunione il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dott. Gianni Letta; il Segretario generale della Presidenza della Repubblica, Consigliere di Stato Donato Marra; il Segretario del Consiglio supremo di difesa, Generale Rolando Mosca Moschini.
Nell'ambito del primo argomento all'ordine del giorno, il Consiglio ha passato in rassegna i recenti sviluppi del quadro internazionale e la sua possibile evoluzione; ha, quindi, esaminato le implicazioni che ne possono discendere per l'impegno delle Forze Armate italiane nei teatri più critici. Il Consiglio ha poi effettuato il consueto punto di situazione sulle operazioni in corso, nella consapevolezza che l'Italia sarà chiamata a svolgere, nell'ambito della Comunità Internazionale, un ruolo sempre più significativo per il recupero istituzionale, civile ed economico delle aree investite da crisi, anche in vista di una più incisiva cooperazione multilaterale.
In particolare, è stata evidenziata la disponibilità a contribuire allo schieramento di una missione multinazionale di pattugliamento della fascia di mare antistante la Striscia di Gaza ed alla riattivazione del controllo del valico di Rafah, quando tutte le condizioni politiche saranno mature, nell'ambito della positiva collaborazione tra le parti interessate nell'area, gli Stati Uniti e l'Unione Europea.
Il Consiglio ha altresì discusso la situazione e le prospettive dell'impiego di personale delle Forze Armate sul territorio nazionale, in concorso con le Forze dell'Ordine, tenuto conto delle limitate risorse disponibili e della priorità da accordare ai compiti propri dello strumento militare ed al suo impegno operativo nelle aree di crisi.
Sono state infine richiamate la grande problematica emergente della sicurezza energetica e le connesse vulnerabilità.
Con la trattazione del secondo punto all'ordine del giorno, il Consiglio ha quindi discusso della necessità di individuare concretamente i provvedimenti di razionalizzazione delle Forze Armate nei settori del personale, dell'esercizio e dell'investimento, volti a qualificare la spesa ed a realizzare ulteriori recuperi di efficienza. L'obiettivo resta il mantenimento delle attuali capacità operative, ritenute irrinunciabili per poter far fronte efficacemente, con le ridotte risorse finanziarie, alle crescenti e sempre più diversificate esigenze di presenza internazionale dell'Italia anche in funzione della sicurezza del Paese.
A tal riguardo, su iniziativa del Ministro della Difesa, è stata istituita la "Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale", con il compito di rivedere il modello di difesa e l'organizzazione del Dicastero nel suo complesso, secondo un approccio multidisciplinare esteso anche alle altre Amministrazioni dello Stato che svolgono un ruolo significativo nel settore della sicurezza e della difesa, considerato nella sua più ampia accezione.
Nel quadro del secondo punto all'ordine del giorno, è stata esaminata anche l'iniziativa per la costituzione della Società Difesa Servizi S.p.a..
La prossima riunione del Consiglio supremo di difesa è stata fissata per il giorno 27 maggio 2009.

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